«Ho sempre un'anima livornese»

«Ho sempre un'anima livornese» Il primo viaggio da presidente della Repubblica nella sua città natale «Ho sempre un'anima livornese» Aldo Camillo Inviato a LIVORNO S ARA' una giornata sentimentale», mormora Carlo Azeglio Ciampi sull'aereo che .sorvola l'Arcipelago Toscano, verso Livorno. La prima tappa del ritorno a casa è al cimitero della Misericordia, davanti alla tomba dal fratello Giuseppe, morto l'anno scorso. «Mi ricordo un altro ritorno nella mia città, più di mezzo secolo fa, nel '44. Livorno era distrutta, senza acqua, luce, gas. Ci siamo sistemati nelle poche case rimaste in piedi. Ogni sera avevamo l'impressione di aver fatto un passo avanti. E' un metodo, fare un passo alla volta, che vale anche, in condizioni molto meno drammatiche, per l'Italia di oggi». Il corteo presidenziale percorre la via Grande, dov'era il negozio di ottica di nonno Temistocle Azeglio Ciampi, papà Pietro e mamma Maria «da cui Carlo Azeglio ha preso gli occhi e i tratti del viso»: distrutto an- che quello dai bombardamenti, e riaperto due anni dopo, il 13 giugno 1946, poco lontano, in via Ricasoli. «Potete immaginare quale piena di sentimenti, ricordi, immagini, persone devo contrastare venendo qui», aggiunge il Presidente. A pranzo lo attende la cognata, con i nipoti. Sulla via tra la prefettura e il municipio, alcuni vecchi amici «ciao, bello», sorride Ciampi, stringendo mani -, una bambina che ferma il corteo presidenziale per scattare una foto con la sua macchinetta verde usa e getta, un ciclista che lo saluta scampanellando. Al vescovo Alberto Abiondi, Ciampi confida: «Tenevo molto a che il primo viaggio in Italia fosse nella mia città natale. Avrei voluto venirci il 22 maggio, per la festa della nostra patrona, Santa Giulia. Oppure per la festa della Marina. Ma mi è atato sconsigliato: erano date troppo vicine alla tornata elettorale. Ma ora eccomi qui». I portuali lo accolgono con le sirene delle navi, i ragazzi del liceo scientifico con le domande sul loro futuro - «Fate quel che vi piace, come ho fatto io, e avrete una vita bellissima» -, il temibile sindaco Gianfranco Lamberti con sfiancanti allocuzioni, i familiari delle vittime della Moby Prince con uno striscione: «Vogliamo la verità»; Ciampi devia il cammino e stringe la mano a tutti, uno per uno, in silenzio. Parla invece a lungo della «mia ljvornesità», nella sala del Consiglio comunale. «Me ne sono andato nel '51. Ma qui sono tornato spesso, almeno due volte ali anno. Ho perso un po' l'accento, e l'abitudine al vostro caro e terribile "deh". Ma credo di aver mantenuto, nel mio lavoro, le caratteristiche dei livornesi: la schiettezza, la genuinità, la passione civile. Siamo gente dall'approccio diretto, che guarda le persone negli occhi». Le parole chiave che ritornano sono «tenacia», «forza morale», «fantasia», «ani¬ ma». «Questa città è il mio passato, io preferisco guardare al futuro, ma il passato me lo porto sempre dentro. In tutte le cose bisogna metterci l'anima, e Livorno l'anima ce l'ha. Neppure le istituzioni sono fredde, quando ci lavorano uomini dai forti sentimenti». Poi-il Presidente torna tra là folla, tenendo per mano la signora Franca. Chiede notizie del Teatro Goldoni, che riaprirà l'anno prossimo, ovviamente con un'opera («ma non il Nerone*) del livornese Mascagni. Visita a Villa Mimbelli la mostra di Fattori, a cui è dedicato anche un museo, che Ciampi inaugurò sei anni fa da presidente del Consiglio. Nota l'insegna di un convegno sull'euro e domanda informazioni. Ma quando il sindaco cita un altro livornese illustre, Furio Diaz, «assente perché in attesa di sottoporsi a un piccolo intervento», è il Presidente a rassicurarlo: «L'intervento c'ò già stato, ed è andato bene». E i portuali lo accolgono suonando le sirene delle navi La signora Franca Ciampi

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