Il microbo più grande del mondo

Il microbo più grande del mondo BIOLOGIA Il microbo più grande del mondo Scoperto in Namibia, è visibile a occhio nudo SONO 100 volte più grandi di un normale batterio e crescono in colonie che somigliano a un filo di perle. Parliamo di una nuova specie di batteri appena scoperta nei sedimenti della Skeleton Coast in Namibia, zona così denominata per i relitti delle navi che si depositano in seguito alle forti tempeste tipiche di quelle zone. Thiomargarita namibiensis - la perla sulfurea della Nabibia - come è stata soprannominata la nuova specie, si nutre sia di solfuro che di nitrato mettendo così in comunicazione i cicli biogeochimici dei due composti chiave dell'ecosistema della costa. Questa scoperta, compiuta da un gruppo di ricercatori tedeschi del Afa.Y Planck Institute, Dipartimento di Microbiologia Marina della città di Bremen, ha una duplice importanza. Innanzitutto per l'inconsueta dimensione degli organismi: sono grandi abbastanza da vedersi ad occhio nudo. In secondo luogo per il loro particolare metabolismo - cioè di essere ghiotti non solo di zolfo ma anche di nitrato - che può aver avuto e può continuare ad avere utili ripercussioni sull'ecosistema circostante. I batteri giganti, infatti, potrebbero essere stati ed essere utili per ripulire le acque della costa inquinate dagli eccessi di nitrati provenienti dagli scarichi dell'agricoltura. Nonostante molti batteri dipendano dal solfuro e dal nitrato, per quanto si sappia finora pochi utilizzano entrambi. A questo punto però un metabolismo simile sembra essere molto più diffuso del previsto. Thiomargarita namibiensis è stato individuato durante una crociera in cui i ricercatori tedeschi erano impiegati a capire se un altro microrganismo, Thioploca, comune al largo delle coste del Cile, che si nutre di solfuro, potesse vivere anche altrove. La scelta di Skeleton Coast è nata dal fatto che pure questo lembo di terra, come quello in Cile, è nutrito da una forte corrente ascensionale ricca di plancton, che porta in superficie acqua carica di nitrato, provvedendo ad un'abbondante catena alimentare. La frenetica vita sulla superficie dell'acqua scatena una pioggia di materia organica che i batteri nel mare decompongono, producendo solfuro di idrogeno, un composto tossico per la maggior parte degli organismi. Esaminando il cuore dei sedimenti marini, i ricercatori sono rimasti sorpresi dalla presenza di questi enormi organismi perliformi. Batteri mai visti prima per le loro dimensioni, ma che, una volta messi sotto il microscopio, hanno rivelato qualche cosa di familiare: un brillio bianco tipico dei batteri dello zolfo, immagazzinato nel citoplasma sotto forma di strutture globulari. Thiomargarita, diversamente dagli altri batteri, è costituito da un sottilissimo strato citoplasmatico che circonda un grosso vacuolo, che funge da magazzino per grandi riserve di nitrato; una sorta di grosso pallone batterico capace di mantenere il respiro per mesi tra una tempesta e l'altra. «Abbiamo concluso - racconta Heide Schultz, alla guida della missione in Namibia - che Thiomargarita ricava l'energia necessaria rimuovendo elettroni al solfuro; per fare questo ha bisogno di un accettore di elettroni, ruolo che di solito nei batteri dello zolfo ricade sull'ossigeno. Ma nel mondo libero da ossigeno del pavimento del mare, l'unico potenziale accettore di elettroni è il nitrato sospeso nell'acqua marina». Poiché Tìiiomargarita è più o meno immobile, la sua presenza dipende dal trasporto passivo dovuto a processi esterni quali periodici rimescolamenti degli instabili sedimenti o a temporali variazioni nella chimica dell'ambiente. Il movimento del sedimento, fluido e instabile, può dipendere dalle tempeste. Eppure il batterio riesce a rimanere in vita nel periodo che passa tra una tempesta e l'altra. Questo perché Thiomargarita vive in una guaina che permette ai filamenti che lo costituiscono di andare su e giù in una sorta di pendolarismo tra l'assunzione di nitrato a livello dell'acqua della superficie dei mare e l'assunzione di solfuro a livello della zona di riduzione del solfuro nei sedimenti. Questo rappresenta un interessantissimo adattamento procariotico. Le zone con nitrato e quelle con solfuro di idrogeno non si sovrappongono. Ciò significa che l'elemento accettore di elettroni da una parte e la fonte di energia dall'altra non coesistono. Ossidare solfuro con nitrato, nonostante i due substrati non corrispondano in termini di spazio, rappresenta una grossa sfida brillantemente superata da Thiomargarita. Finora l'entità di diffusione del batterio è sconosciuta, ma è certo che vive in piena salute al largo delle coste della Namibia e il ruolo ecologico che riveste ò importantissimo. nThiomargarita rimuove il solfuro di idrogeno, detossificando l'ambiente e rendendo alcuni fondali marini abitabili ad altre forme di vita - conclude Heidi Schultz -, organismi tali, che ossidano il solfuro e riducono il nitrato, potrebbero essere introdotti in altri contesti marini per pulire dall'inquinamento causato dagli scarichi di nitrato dell'agricoltura, che spesso procurano una pericolosa fioritura di alghe, impoverendo le acque di ossigeno e portando ad una moria massiccia di pesci». Marta Pateriini Università di Cambridge 1 mm

Persone citate: Bremen, Heidi Schultz, Planck, Schultz

Luoghi citati: Cambridge, Cile