Silvia e il Macellaio, la conta finale

Silvia e il Macellaio, la conta finale Silvia e il Macellaio, la conta finale Bologna la rossa diventa capitale del bipolarismo Filippo Ceccaraili inviato a BOLOGNA u NA libbra di carne dei Ds, di più possibile vicino al cuore»... Suggestioni shakespeariane a Bologna, dove domenica prossima si va alla conta finale. Il macellaio Giorgio Guazzaloca (41,5 per cento) contro Silvia Bartolini, la rossa (46,6). n Macellaio, com'è ovvio, che è anche presidente della federazione di tutti i macellai di Italia, conosce bene i tagli e affonda il coltellone nel corpo vivo di quell'elettorato che per mezzo secolo ha votato comunista. Eccolo sotto i portici di via Dagnini, quartiere Santo Stefano: sorridente, elegante, benestante e quasi benedicente, le scarpe lucidissime e la sigarettina sempre accesa. Si fa precedere dalla «Guazza-mobile», un furgone blu con altoparlante, e da una capillare distribuzione di rose dal lungo gambo. Entra nei negozi, stringe mani, va per mercati, frenetico, ma pacificato. Classico moto perpetuo di tipo elettorale, Guazzaloca manifesta la stessa placida determinazione davanti a un banco di zucchine, o in mezzo ai profumi, o sotto un cartello che dice: «Vendo cuccioli». Si entusiasma, in pratica, solo al «Centro carni San Ruffillo». E' qui die svaria sul «doppione» e la «cartellina», tagli locali per il brodo, e quindi indica orgoglioso i prodotti in vendita preconfezionati, le polpette, zucchine ripiene e così via, come strada di salvezza delle macellerie. E' il trionfo della linea associativa di Guazzaloca: «Dalla vecchia macelleria alla bottega'della carne». Via i grembiuli sporchi di sangue, via quarti di bue appesi al muro con i ganci e l'alto bancone intimidatorio. Nella sua, di macelleria, una boutique in via Marconi, il socio del candidato, signor Serra, ha un elegante cravattino blu. E «Guazza» risale in macchina, dove l'attendevano le sue due graziose e precise assistenti, non senza nascondere un fremito d'orgoglio. Nel comitato elettorale Ofelia sua avversaria Bartolini, un ex negozio Prada arredato Ikea, l'Anna si ricorda di una foto del 1971 con Guazzaloca che saluta alzando un coltellaccio. Non ricorda se fosse sporco di sangue. Vorrebbe tanto ritrovarla, comunque, quella foto: «Forse all'emeroteca dell'Archiginnasio...», dice. Alcuni ragazzi si sono presentati, l'altro giorno, offrendo delle magliette «elettorali» di loro creazione con su scritto: «Noi non ci lasciamo macellare». Scartate, comprensibilmente. Una libbra di carne, anche se ancora non vicinissima al cuore diessino, il Macellaio in fondo se l'è già presa (meno 13 per cento) al primo turno. Come la Porzia del Mercante di Venezia, però, Silvia la rossa sta cercando in tutti i modi di evitare che domenica sia versata «una sola goccia di sangue». E' stanca, e si vede, anzi lo dice lei stessa sorridendo - «Ohi, ohi, sono stanca, mi sentite?» - in una «prova-voce» eseguita nel minuscolo studio di registrazione del «Centro Musicale Preludio» al quartiere Saragozza. Stanca, ma sveglia, e ribalda quanto basta, e sbrigativa. Rilegge il testo che le hanno preparato con l'irridente decisione di un capo-redattore centrale: «Ma il marketing territoriale lo capiranno?», chiede. E poi: «Questo sembra da "filoni"», «questi "servizi sociali" qui a Bologna fanno pensare alla sfiga, mettiamoci "opportunità"...». A tratti è sardonica come una monella che ha messo la testa a posto. E' alta, grande, le sue collaboratrici - specie di guardia pretoriana femnùnile - sostengono che intimidisce gli uomini. Spezzoni di dialogo da fine del patriarcato. Giornalista: «Eh, la prossima volta, sui manifesti, mettetele un paio di forbici in mano...». Collaboratrice: «Ah, ben, zi penseremo...». I capelli colore del rame di Silvia, in realtà, fanno da cornice e a volte da sipario a una straordinaria mimica facciale. Per essere una donna, conosce certamente i meccanismi dell'ironia e perfino del comico. E' una buona attrice, e deve anche avere nervi d'acciaio. Dopo la registrazione, con rassegnata serenità, se ne va pure lei a cercare voti all'Iper-coop delle Lame, tempio del consumismo postpartitico bolognese. Sotto le luci e tra i carrelli, insieme ad alcuni vecchietti e ad alcuni militanti, anche con palloncini, l'attendono il presidente della Provincia Vittorio Prodi, la cui poderosa stretta di mano rivela un entusiasmo addirittura esistenziale, e l'ex campione della Virtus Renato Villalta, per un brindisi. «La ragazza è pallida», decretò, dopo un lungo sospiro, l'attore Roul Grassilli, uno degli sponsor di «Guazza». E' pallida, sì, e se è per questo a volte se ne va pure a mangiare certe buone pappine al circolo vegetariano dei «Naturisi i». Così il bipolarismo di Bologna è salvo. Il Macellaio, invece, è abbastanza rubizzo. Naturalmente è tante altre cose, è tante altre presidenze ed ex presidenze (Camera di commercio, associazione commercianti Bologna), oltre che macellaio. E' stato dietro il banco, ininterrottamente, dal 1958 al 1980. Da allora fino al 1988 «solo il sabato». Ora non più: «Mi sembrerebbe un po' retorico». Ma la faccia c'è, la voce è quella, l'andatura è giusta. Si capisce come fosse piaciuto a Fellini (foto ricordo con il Maestro in ufficio). Ti guarda dai manifesti con il suo faccione padano, il labbro inferiore che fisiognomicamente esprime un che di appagato, di gaudente, forse addirittura di sensuale. uScesso e camozza*, come dicono qui a Bologna. «Il piacere della carne» era del resto lo slogan di una fortunata campagna dell'associazione guidata da «Guazza». Come pure «Il tuo macellaio» si leggeva anni fa sui manifesti, mentre «La tua Bologna» è oggi il nome della lista civica che, formata anche da ex comunisti ed ex De, ha ottenuto molto più del 13 per cento perso dai Ds. Ambiziosissimo e intelligente, il Macellaio ti regala un magnifico libro con la copertina in pelle rossa sui macellai di Bologna, con le riproduzioni dei quadri cinquecenteschi di Annibale Carnicci, figlio e nipote di un beccaio (come Defoe e Dvorak), ma evita di lasciarsi imbrigliare da sottigliezze psico-letterarie. «In un dibattito, un vegetariano con il codino, uno scemo - racconta - ha tirato fuori la storia del rapporto tra la carne e la violenza. Citava vegetariani come Leonardo, John Lennon. "Hai dimenticato Hitler", gli faccio io. L'ho steso per terra». Non gli frega poi tanto, anzi in tutta sincerità non gli frega niente di stare ad ascoltare l'immaginario «macellaristico» recatogli, anche con garbata pedanteria, nelle sue varie articolazioni. Il Macellaio, perciò, inteso innanzitutto come crudele assassino, dal «Tieste» di Seneca (Atreo che macella i nipotini e li serve al papà) in poi. Quindi il Macellaio nell'accezione erolicomaschilistica da retrobottega, secondo uno sviluppo romanzesco e cinematografico che dalla «Via senza gioia* di George W. Pabst (Weimar, 1925, con legittima insurrezione della categoria) arriva all'omonimo romanzo di Alina Reyes (e al filmaccio con Alba Parietti, sempre che non si voglia considerare «La macellata* promessa in versione real-hard da Jessica Rizzo). Infine c'è il Macellaio come figura idealtipica di commerciante zotico, volgare, arricchito e ignorante (l'indimenticabile Tognazzi, per intendersi, de La proprietà non è pia un furto). E qui - inutile nasconderlo - il terreno si fa più scottante e attuale. Nella sua estrema trasfigurazione, infatti, la sinistra bolognese si è scoperta spudoratamente snob. Tale assenza di pudore, in dissennata combinazione con l'oblio delle proprie radici proletarie, gli fa compiere passi che sono al tempo stesso arroganti ed autolesionistici. Così, ri¬ spetto a «Guazza», il borghese capolista dei Ds, professor Carlo Flamigni, se n'è uscito con una graziosa frasetta che suonava tipo: «Eh sì, poverino, in fondo è uno che ha cominciato a lavorare a 15 anni...». Ora: che non abbiano potuto studiare perché a 15 anni già lavoravano, a Bologna sono ancora parecchi (se Dio vuole). Il Macellaio si è offeso, raddoppiando l'energia a scapito della Silvia, che una cosa del genere non l'avrebbe mai detta, ma qualcosina sui colpi bassi ha da lamentare anche lei: «Hanno detto che sono una ragazza madre, che sono sposata con un extracomunitario e che mia madre è miliardaria...». Che non sarà piacevole, ma in cinquant'anrù di lotta politica se ne sono sentite di peggio. L'impressione è che così abbiano deciso anche gli spin-doctors, o consulenti politici, o consiglieri per le strategie comunicative che dir si voglia. Per tutti loro le elezioni di Bologna sono state senz'altro un discreto business. Guazzaloca ha avuto qualche guaio con l'agenzia milanese Pellegatta e Zambeletti, quella utilizzata dal sindaco Albertini, affidandosi all'inizio alla società di Andrea Scrosati, che cura l'immagine del Comune di Palermo e ha ultimamente perseguito con qualche successo il rilancio del cantante Pupo. Bisogna ammettere che era un cliente facile. Del candidato del centrodestra, in estrema sintesi, si è enfatizzata giocoforza l'estraneità al sistema dei partiti senza demagogie - e l'amore per Bologna (che cerca una novità dopo mezzo secolo di dominio comunista ed ex comunista). La rossa Silvia era già più difficile, e non solo per i modi convulsi (leggi scaricamento del precedente sindaco e zuffe inter-diessine) con cui è arrivata sotto i riflettori. La Bartolini s'è dunque affidata a «Vivaldi Comunicazione» e a «Officina Immagine». E qui lo sforzo è stato evidentemente quello di riequilibrare al centro il personaggio, sfumando asprezze femministe e radicaleggianti. E mitigare un profilo «di lotta» che in un passato neppure troppo remoto ha visto la rossa, appunto, difendere giovani, rom, obiettori di coscienza e attaccare un «mostro sacro» come Telefono azzurro. Una come Silvia la si immagina con il giubbotto di cuoio nero, «il chiodo». La foto ritratto che campeggia sui manifesti, di Daniela Facchinato, è molto bella ed elegante, ma quasi rinvia alla rarefatta pittura pre-raffaellita, a certe Ofelie di Dante Gabriel Rossetti. Pi-ima ancora che sull'espressione, di immoto mistero, l'occhio del guardone elettorale è catturato dal filo di perle, simbolo di femminile ragionevolezza. Cristina Lasagni (Vivaldi) protesta: «Guardi che il filo di perle è vero, si tratta di un portafortuna. Non è che glielo abbiamo messo, è che non riusciamo a farglielo levare. C'è una foto di lei al Link, con il filo di perle...». Il Link, ecco. Arte, «arte totale», «arte del minore», improvvisazioni, sperimentazioni, cinema (gotico, barocco, kung-fu, pomo, horror, splatter, trasli, western-cannibalistico, lesbico-vampiro, fantascienza italiana a low budget). E poi teatro, teatro-danza, video, media, elettronica, nave-party, sfilate alternative di miss e ballo liscio. Una zona franca per «deviazioni», «derive», «biforcazioni», «contaminazioni», «distorsonie», «operazioni di confine», «frange estreme», «etichette sconosciute». Insomma, se c'è un luogo, un luogo forte, un luogo simbolico di Bologna che Silvia la rossa può contrapporre alla macelleria di Guazzaloca è questo edificio, ex deposito delle farmacie comunali dietro la stazione. Difficile definire il Link: un centro sociale, ma anche culturale, di produzione, un'industria, una discoteca, un complicato festival permanente, con ristorante (di pesce: neanche a farlo apposta). All'inizio erano dei ragazzi che occupavano l'Arena del sole. Assessore al Progetto giovani, all'inizio degli Anni Novanta la Bartolini colse «la qualità» e li sistemò in questo che sarebbe diventato qualcosa di unico e vitale, anche nelle sue bizzarrie d'avanguardia. Certo il Link non fa prendere voti, ma è un modello di convivenza e, a suo modo, di intelligenza politica. Presto si trasferirà - guarda un po' quel che offre il caso a chi procede per estremi - in un ex macello. Tra il consumo immateriale del Link, comunque, e la carne che si vende nel negozio di Giorgio Guazzaloca c'è di mezzo Bologna. Ex capitale del comunismo, si direbbe, e nuova capitale del bipolarismo. Guerra di simboli Sorridente, elegante e rassicurante il presidente di tutti i macellai d'Italia corre per il Polo L'ex pasionaria del Pei adesso corteggia il centro sfumando il profilo di lotta di un tempo con un filo di perle 1° TURNO BOLOGNA VOTANTI 78,9% BARTOLINI SILVIA 46,6 PER BOLOGNA, PPI (POP), PDCI, DEMOCRATIC!, SDI, VERDI GUAZZALOCA GIORGIO 41,5 FORZA ITALIA, LISTA CIVICA, AN, GOVERNARE BOLOGNA ZAMBONI MAURIZIO 4,6 RIFONDAZIONE COMUNISTA RUOCCO ANSELMO t,7 DESTRA POLI MAURO 1,8 LISTA CIVICA PASQUINI LUIGI 1,7 LEGA NORD DALLE NOGARE ROBERTO 0,9 SOCIALISTI LIBERALI Dl NACCI ALDO 0,1 MPS - GENITORI SEMPRE QUI ULIVO 1ILVTA BARTOLINI La rossa d'acciaio 39 anni Single Entra in politica subito dopo la maturità Femminista convinta Assessore alla Gioventù Consigliere regionale Molte lotte a favore degli emarginati, soprattutto i Rom e i centri sociali Hobby: giardinaggio QUI POLO OIOROIO OUAZZALOCA // re delle carni 55 anni Nato a Bologna da famiglia di macellai, lavora in negozio da quando ne aveva 15 Sposato Quattro figli dai 2 ! ai 29 anni Già presidente della AssoCommercianti, poi della Camera di Commercio Il suo sogno: fare il giornalista Il suo idolo: Montanelli 8 8 s 8 8 a 8 8 8 8 8 8 8 8 8 ,888 8 8 a 8 8 8 8 v .8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8 8J3 LINK BBS eviooo/o MtiorNinyi 3)1101 *r«4 IWM»: l«fHM»f*«»» li MMfttaunl Kit fi* e. Q ■ Irmw ..V* .fc-l /rt,l>» k» MUim: lm i, .i■ IL BALLOTTAGGIO BARTOLINI/GUAZZALOCA TRA SCONTRI POLITICI, CONSULENTI D'IMMAGINE E COLPI BASSI Silvia Bartolini: al primo turno la candidata della sinistra ha avuto il -46.6% dei voti Giorgio Guazzaloca: al primo turno il candidato del Polo ha ottenuto il 41.5% dei consensi IL CENTRO SOCIALE DELLA BARTOLINI LA MACELLERIA Dl GUAZZALOCA Qui accanto la copertina di una pubblicazione del «Link», il centro sociale (ex deposito delle farmacie comunali) voluto dalla candidata del centrosinistra Silvia Bartolini Un'altra immagine della «produzione» del Link: il primo centro sociale italiano a svolgere anche attività imprenditoriali Nelle due immagini particolari di due quadri dipinti dal pittore bolognese del Cinquecento Annibale Carracci «La Bottega del macellaio»