Chi si rivede, il complotto sovietico

Chi si rivede, il complotto sovietico Chi si rivede, il complotto sovietico La giungla delle rivelazioni sull'assassinio di JFK im CUORI DI TENEBRA DELL'AMERICA reportage Gabriela Romagnoli Invialo a NEW YORK Erano passati quattordici anni, ora la primavera del 1977; seduta davanti al giornalista Harry Kolbi t elio la intervistava sull'omicidio dol marito presidente, Jacque1 i i io Kennedy, già vedova anche di Onassis, sgranò il solito rosario complottarlo : «Dicono che i cubani lo volessero morto, e gli industriali texani anche, e la Cia aveva pagato assegni a Oswald e poi la storia del Vietnam gli aveva attirato misteriose minacce e pure la mafia all'epoca... i niBsi? Sono convinta che i russi non c'entrano nulla». Forse, por chi credo che Eltsin giochi onestamente con le carte e i documenti, stiamo per scoprirò se Jackie aveva torto o ragione e arrivare in fondo a una delle tante tortuoso strade aperto dal delitto di Dallas: la pista russo. Sul percorso, ritroviamo volti c situazioni familiari e fantasiosi: il marine marxista Lee Harvoy Oswald o Marina, la sua moglie sovietica; l'agente transfuga Yuri Nosenko e il goologo pazzo Georgi) Do Mohrenschildt; Norman Mailer e Don De Lillo; la foto contraffatta e il fucile misterioso; il sosia e l'ipnotizzatore; i comunisti cinesi o, perfino, quelli giapponesi. la pista russa si apro, inevitabile, quando lo polizia dol Texas presenta al mondo volto e nome del pesunto colpevole: Oswald. Chi era costui? Già dello primo informazioni biografiche emergo un dato: ha vissuto per anni in Bussio. Era stato un murino, poi ha lasciato l'America porche infatuato del comunismo. Là hu imparato la lingua, si è sposato, ha lavorato. Questo è certo. Il resto, illazioni: Oswald arruolato dal Kgb. Oswald istruito in una sede secret a dove si perfezionava un complicato sistema di telcomunicazioni. Oswald fatto rientrare in America grazie allo complicità di un ramo deviato della Cia che preparava, insieme con i russi, il delitto dol secolo. L'amiolamenloè, più probabilmente, una barzelletta. Nel suo romanzo-verità «Il racconto di Oswald» Norman Mailer ricostruisce la consegna della documentazione su di lui alla sede centrale della Lubianka da parte dell'agente Stepan VaBilyevich. Passato da una stanza all'altra, giunse infine a una camera disadorna, un tavolo vuoto e una dozzina di persone intorno. Gli dissero di posare la pratica. Gli fecero una sola domanda: «Avole mai cercato di reclutare Oswald?». Bisposo: «Potete tagliarmi la testa e guardarci dentro, non solo non ci abbiamo mai provoto, ma neppure ci è mai venuto in mente», L'agente Nosenko, spio che saltò il Muro e passò la vecchiaia a Miami, rivelò, quando finalmente la Cia si degnò di ascoltarlo, che lo consideravano un mezzo matto, velleitario, o non poco ignorante in fatto di marxismo. Che Vladimir Somichastny, poi capo del Kgb, lo studiò come possibile infiltrato e concluse: «Ho sempre avuto grande rispetto perla Cia e l'ibi : come potrebbero usare un tale derelitto per combatterci?». Che il suo tentativo di suicidio per ottenere la cittadinanza era stato più imba- razzante cho convincente. Che la sofisticata base in cui fu messo al lavoro, a Minsk, ora la fabbrica di televisori «Gorizont», dove era addetto alla produzione di supporti metallici per gli apparecchi. Che le siie conoscenze di ex marine vonivano valutate quanto una coppia di sci a poker. Che quando chieso di tornare negli Usa, nessuno feco difficoltà : «Non ci era utile1 c non avevamo nessuna ragione por farlo restare». Oswuld tornò e diventò più interessante. L'ibi gli scucì qualche dollaro por avere informazioni su quel che aveva visto in Russia. La-Cia lo tenne d'occhio nel timore cho fosse stato indottrinato e rispedito come agente di Mosco. Gli misero alle calcagna George De Mohrenschildt, geologo di origini russe, vicino alle organizzazioni anticastriste di New Orleans e già internato in cliniche psichiatriche. Fino al novembre 63 riferì, come altri, che «Leo è solo un relitto umano senza bussola». Dopo, avendo confidato a un amico di voler faro, lui pure «un milione di dollari sulla pelle di Jfk», cambiò parere e cominciò a distillare «sensazionali rivelazioni sui rapporti tra Oswald e Mosca». Mori suicida (?) nella sua villa in Florida nel marzo del 1977, mentre stava per concedere una «esplosiva intervista». Lasciò, anche lui, la sua parte di dubbi e fesserie. Come Edgar J. Hoover, che, dopo aver in un primo tempo pensato di fare affìg- gere manifesti di Oswald con la scritta: «E' un marxista!», dichiarò poi a Newsweek, nel dicembro del 1963: «Nullo autorizza a ritenere che i comunisti siano in qualche modo implicati nel delitto». Negli anni a venire pochi seguirono il suo avvertimento o le opinioni di Jacqueline. Nel minestrone del complotto, mescolato, più ancora che dai suoi teorici, da chi cercava di portare in tavola verità impresentabili a cottura rapida, finì di tutto e nuovi indizi avvalorarono la pista russa. Si fece notare che nella famosa foto scattata nel cortile di casa prima del delitto Oswald teneva in mano, oltre al fucile Mannlicher Calcano, duo opuscoli filo-marxisti. E' noto che l'autenticità di quell'immagine è discussa. Che se vera, viene da chiedersi perché riprenderla. Che comunque, sul retro, la moglie Marina scrìsse (la perizia calligrafica lo avalla) : «Cacciatore di fascisti. Ahi Ahi», non proprio il viatico per un assassino preciso e spietato, foraggiato e armato dalla superpotenza sovietica. Poi vennero le tesi da fantascienza. Nel libro «Were we controlied?» Lincoln Lawrence e Martin Schorr sostennero che il Kgb era riuscito a ipnotizzare Oswald, rendendolo un automa e facendolo sparare grazie a un comando radio insento nel suo corpo. Michael Eddowes pubblicò a sue spese un volume dal titolo «Krusciov uccise Kennedy» in cui sostenne che una improbabile alleanza tra Russia e Cina aveva portato all'assassinio del presidente americano e che nella tomba di Oswald erano contenuti i resti di un agonte del Kgb che ne aveva assunto l'identità dopo il «rientro» dall'Unione Sovietica. La tesi trovò illustri sostenitori e portò, nel 1981, alla riosumazione della salma, risultata puntualmente quella del povero Oswald. Scrisse Evan Thomas su Newsweek: «L'assassino era un disadattato arrabbiato...Una tale tragedia sembrava reclamare un criminale maggiore di lui: la Russia, la Mafia o la Cia». Nell'ordine. Erano anni di Guerra Fredda e la pista russa (con la variante castrista suggerita poi da Stone, quella cinese sostenuta dallo scrittore russo Yulian Semyonov, quella giapponese adottata da Norman Mailer) raccoglieva consensi lungo il percorso. Purché fosse roba di comunisti. In seguito, perse fascino perché lo perdeva il nemico e perché, francamente, cercare di vincere una guerra con un'arma chiamata Lee Harvey Oswald (ipnotizzato, clonato o aiutato che fosse), apparve inverosimile. Di più: se la verità fosse stata quella, se la pista russa avesse portato ai colpevoli, perché mai tentare di coprirla? Perché addossare tutto a un uomo solo e, per di più, lasciarlo uccidere in quel modo così poco credibile?. Come dice tra sé Nicholas Brandi, protagonista -di «Libra», il romanzo di Don De Lillo sul caso Jfk: «C'è abbastanza mistero nei fatti così come li conosciamo. Non c'è bisogno di inventare il piano grandioso e magistrale, il complotto che si estende perfettamente in varie direzioni..Attraverso la catena di morti seguita all'attentato ci si accorge di come l'assassinio emani una luce potente e duratura, mettendo in mostra piani e legami», ma, finora, questo raggio non ha puntato in maniera convincente su Mosca. Giàjacqueline diceva: dicono che i cubani lo volessero morto, che la Cia aveva pagato Oswald I russi? Credo che non c'entrassero C'è un saldo filone di tesi sul complotto «marxista», sia che arrivi da Cuba (come vuole Stone), sia da Mosca oda Tokyo (come vuole Mailer) LA STAMPA ffl l'.ià.iW ; 'jgì&SMUiiAijiii&iu&i si» Un delitto eh* commuovi- • igomvnto II monde intoro KENNEDY ASSASSINATO jlyndon Johnson è U nuovo Presidente dogli Stati Vaiti Sopra, la storica immagina di jack Ruby che spara a Lee Oswald e qui accanto La Stampa del giorno dell'attenuto