LE COLPE DEGLI ORTODOSSI di Barbara Spinelli

LE COLPE DEGLI ORTODOSSI DALLA PRIMA PAGINA LE COLPE DEGLI ORTODOSSI Barbara Spinelli la razza o della Storia, ma di Dio. Contrariamente a quel che sembrò dire Malraux, la Storia non si rinnova. Continua i suoi mortiferi messianesimi. E quando le sue mostruosità passate non sono portate alla luce, quando la memoria non vigila e la ragione dorme, insiste nel secernere mostri. Così per la Chiesa serbo ortodossa, e per il patriarca Pavle che oggi insorge contro Milosevic invocando un governo più gradito a connazionali e occidentali. E' un'immensa operazione politica quella che il patriarca e i suoi collaboratori stanno conducendo, che non ha a che fare solo con la fede. E' un'operazione che ha come scopo centrale quello di discolpare il clero ortodosso, di discolpare la nazione serba in blocco, di attenuare le responsabilità di tutto un popolo nei crimini contro l'umanità che in suo nome sono stati commessi. Milosevic unico colpevole è una pietra d'oblio messa sulle incendiarie parole d'odio etnico pronunciate dalle massime gerarchie ecclesiastiche. E' schivare con astuzia quello di cui la j Serbia, la Russia, avrebbero og- gi bisogno: una purificazione del passato, un mea culpa come ha saputo affrontarlo la democrazia tedesca, una vigilanza sulle proprie complicità col crìmine, sugli orrori e i perìcoli delle proprie culture nazionali. Il mea culpa sta lentamente imponendosi, nella Chiesa cattolica: soprattutto grazie a Giovanni Paolo II, o a arcivescovi come Lustiger in Francia. Unica a tacere è la Chiesa ortodossa, nelle nazioni slave che sono uscite dal comunismo senza vere autocrìtiche, senza rotture con il passato. Anzi, il clero ha offerto un'ideologia discolpante e di ricambio, a queste nazioni che oscillano tra democrazia e nuove forme di dominio nazional-comunista: un'ideologia che trasfigura religiosamente lo Stato Nazione, che scagiona chi si è macchiato di colpe, che permette di abbandonare l'epoca totalitaria senza perdere la volontà di potenza assoluta che il totalitarismo consente, conserva, organizza. Le malattie di cui soffrono tali nazioni si chiamano risentimento, umiliazione da sconfitta: le ortodossie neo - sia vo file permettono di usare queste passioni come armi offensive, per piegare e umiliare i popoli che non si sottometto¬ no, o l'avversario occidentale di cui non hanno cessato di diffidare. Ieri quest'uso politico dell'umiliazione e della miseria umana era prerogativa dei partiti comunisti. Oggi - nelle nazioni con scarse tradizioni democratiche - è prerogativa di sacerdoti che hanno il sangue sulle mani, in Russia come in Serbia: il sangue della guerra russa in Cecenia, della guerra serba in ex Jugoslavia. La corresponsabilità dell'alto clero ortodosso è immane, nei crimini compiuti in epoca comunista - crimini di massa compiuti anche contro credenti, sacerdoti - e nelle moderne guerre razziali di Milosevic. Né ha senso il paragone con la Chiesa cattolica, con il comportamento stesso di Pio XII durante la seconda guerra mondiale. Edificate su base nazionale autocefala - le singole chiese d'Oriente tendono per loro natura a identificare la fede religiosa con lo Stato che comanda, oltre che con la nazione. E non solo tendono a identificarsi con la nazione. Secondo la studiosa serba Radmila Radic, esiste una tentazione cui i serbo ortodossi hanno volontariamente ceduto: «La tentazione del filetismo, che il concilio locale di Costantinopoli ha condannato nel 1872 come eresia» (cfr Radiografìa dì un nazionalismo, a cura di Nebojsa Popov, Editions de l'Atelier, Parigi 1998). Il filetismo (dapriyZé-tribù) pone l'idea nazionale-etnica al di sopra dell t ■ l'unità della fede. Fonda la giurisdizione ecclesiastica sulla nazionalità: e quando non è chiara la nazionalità, sulla razza o la tribù. E' memorabile l'esclamazione del metropolita russo Kyrii, nelle prime settimane dei bombardamenti Nato. I nazional-comunisti erano agitati nella Duma, invocavano un fronte slavoortodosso, chiedevano ritorsioni militari russe contro americani ed europei. Il metropolita scelse questo momento per dire: «I missili nucleari dell'Occidente sono satanici, mentre i nostri missili sono santi». Ma non meno memorabili sono le mosse delle gerarchie serbo ortodosse, durante i dieci anni di guerre razziali contro Slovenia, Croazia, Bosnia, Kosovo. E' vero: in più occasioni il metropolita Pavle lanciò appelli alla pace, anche ecumenici. Non è neppure la prima volta che chiede le dimissioni di Milosevic, e alcune sue frasi furono assai sagge: «Non accetterò mai, di mantenere la Grande Serbia a prezzo di un crimine». Ma aperture simili sono state rare, sporadiche. Nell'ultimo decennio, Pavle ha difeso a oltranza le guerre razziali di Belgrado, ha sempre parlato di «crimini» croati-bosniaci e di qualche «eccesso» serbo. Non ha denunciato gli stupri, i Lager. Ha sempre attaccato Milosevic, per le sconfitte subite e per le concessioni scandalose fatte all'Occidente. I vescovi più influenti attor¬ no al metropolita sono padre Artemije del Kosovo, Atanasy'e in Bosnia, Amfilohye in Montenegro, Irinej in Voivodina. A fasi alterne, tutti hanno preso posizione in favore dell'espansione panserba. Tutti hanno difeso le sante guerre dei connazionali secessionisti in Croazia, Bosnia. Non per simpatie democratiche si ribellarono al potere politico, nel '95, ma perché a Dayton Milosevic aveva sacrificato Karadzic e il generale Mia die, poi incolpati per crimini contro l'umanità. La Chiesa ortodossa considera Karadzic e Mladic figure luminose, che hanno difeso i serbi dall'aggressione dell'Occidente e da vasti complotti cattolico-islamici. Pavle e l'alto clero non hanno ancora preso le distanze da Arkan.capo di genocidarie soldatesche in Bosnia e Kosovo. I legami del vescovo Atanasye con Arkan, denunciati da Radmila Radic, non sono stati smentiti. La Chiesa ortodossa ha cominciato la sua campagna di allarme estremo sul Kosovo molto prima del memorandum dell'86, redatto dall'Accademia delle scienze di Belgrado. Molto prima dell'avvento di Milosevic. Fin dal 1979, il vescovo Amfilohije annuncia l'avvento della «Serbia celeste», della «nazione metafisica» dove cielo e terra si congiungeranno, e denuncia la «politica di sterminio» che i serbi subiscono nel sacro Kosovo ad opera della maggioranza albanese (le cifre sulla criminalità nella religione sono simili, allora, a quelle delle altre Repubbliche jugoslave). Poi, nell'82, cominciano i primi appelli ecclesiastici alle autorità politiche: appelli perché sia preservata «l'essenza spirituale e biologica del popolo serbo in Kosovo-Metohy'a», e perchè l'autonomia concessa da Tito alla provincia venga annullata. L'etnia «perseguitata» è chiamata «popolo immortale di Cristo», e il suo tremendo destino è paragonato a quello degli ebrei. Il termine genocidio, applicato alla politica croata, bosniaca, kosovara contro i serbi, viene usato per la prima volta dalla Chiesa, nell'87. E di «genocidio antiserbo» parla il metropolita Pavle, in una lettera inviata a Lord Carrington nell'ottobre '91: responsabili i croati, accusati di ricominciare gli stermini d'un tempo. L'immagine dell'eterno popolo-vittima, minacciato di annientamento fin dai tempi del fascismo ustasha a Zagabria, è un'icona dell'ortodossia serba. Diverrà un motivo ricorrente delle guerre di Belgrado. Adesso Milosevic è respinto: perché è un ricercato internazionale, e perché ha distrutto l'ideologia della Grande Serbia che la Chiesa ancora non ha sconfessato. L'ortodossia slava ha in odio l'Occidente, le sue fragili deperibili democrazie. A Mosca, qualche giorno fa, un prete ortodosso di ispirazione ecumenica, padre Sergio Tchistjakov, ci ha detto che la Chiesa ufficiale è in Russia «un vero e proprio partito totalitario, che si è sostituito al partito comunista concedendo a quest'ultimo - in cambio l'oblio dei crimini e l'impunità». «E' la tradizione slavofila e antioccidentale che fa ritorno, e che si aggancia senza soluzione di continuità al comunismo di ieri. Con la Bibbia in mano si difende la nazione a ogni costo, e si odiano implacabilmente come ieri - i nemici della patria e di Dio». L'ecumenismo può forse aiutare le Chiese slave ortodosse, a tentare le Riforme che non hanno mai avuto. Nel lungo termine sarà forse d'aiuto anche il Papa di Roma, se sarà al tempo stesso rispettoso e esigente. Ma rigenerazione e rinnovamento non potranno imporsi che dal di dentro. Potranno difficilmente avvenire senza uno sforzo di autocritica, senza un inizio di mea culpa, senza una rinuncia al nazionalismo ottocentesco della slavofilia, senza un abbandono degli integralismi moderni, delle eresie di filetismo, della politica intesa come braccio armato della religione. Si parlò a suo tempo di una Pasqua occidentale-orientale di tregua, durante i bombardamenti Nato. Ma una Pasqua celebrata mentre cristiani sgozzano musulmani è un'empia maniera, di terminare il secolo. E' aprire la strada al trionfo del crimine integralista, sotto gli sguardi misericordiosi, ma indulgenti, delle Chiese d'Occidente e d'Oriente,