Urlo di gioia dopo la parola magica

Urlo di gioia dopo la parola magica Il Ciò ha premiato il «sistema» della grande città che si lega con lo sport alle sue montagne Urlo di gioia dopo la parola magica Un 'ora di sofferenza, poi l'atteso annuncio di Samaranch Ecco arrivato il momento della verità. Il primo momento: l'annuncio delle due città ammesse al ballottaggio decisivo. Sono le 13,30 (in Italia è da poco passata l'alba), la hall delio Scilla hotel vasta come l'atrio di una stazione è un Circo massimo: telecamere e re porterà ovunque, ressa di curiosi in mezzo alle troppe delle sei città che sognano lo Olimpiadi. Finlandesi, italiani, austriaci, polacchi, svizzeri, slovacchi, quasi gomito a gomito, ciascuno riconoscibile dalla divisa sociale con lo stemma sulla giacca. Tutti in piedi davanti al maxischermo sul quale appare il volto di Samaranch. Dal conclave dei Signori degli anelli, il presidente s'appresta a rivelare al mondo quali saranno le due sfidanti per il duello finale. In un angolo, spasima Evelina christillin. Guarda davanti a se il muro di folla d'improvviso silente, probabilmente senza vederlo. E' una statua di paura a speranza, le mani sono ghiacciate dalla tensione. Sandro Borda e Fabio Pasquini, legale e commercialista di Torino 2006 le dicono: «Ci siamo, vedrai, andrà bene», lei esala «Oddio, oddio», incrocia l'indico destro e sinistro sui medi, cerca di respirare a fondo. La voce di Samaranch buca il silenzio tombale, pronuncia duo nomi: Sion, l'ovazione degli svizzeri copre il secondo. Un attimo di sconcerto, poi sul maxiachermo compare la scritta: Sion, Turili. La Christillin non può leggerlo, ò in trance, fissa sempre la foresta umana due metn oltre. La restituisce alla realtà l'urlo, un ruggito, che erompe dalla truppa taurinense: «Siamo passati, siamo passati». Abbracci, frenesia, euforia collettive. Evelina grida: «Fatta, siamo al ballottaggio. L'onore è salvo, non giungere in finale sarebbe stato terribile, un fallimento». Arriva Valentino Castellani, il sindaco ha preferito soffrirò fuori, nel giardino, sotto l'enorme gazebo in cui è stato piazzato un altro maxischermo. E' l'unico a dominare l'euforia, risponde agli evviva con un sorriso tirato, la spia dell'intima tensione: «Grande risultato. Grande e meritato». Il presidento della Regione Piemonte, Enzo Ghigo, stravolto, ansima: «Chissà, forse vinciamo anche tra un'ora», Castellani risponde: «Ah si, io non mi accontento mai». Caos, assedio di telecamera, la Christillin grida in un cellulare: «SI, siamo in finale, avverti subito l'Avvoca- lo, dillo a Gianni Agnelli. Subito, sarà in ansia». Finlandesi e austriaci sono mogi, polacchi e slovacchi erano preparati all'esclusione. Gli svizzeri pencolano tra gioia e delusione, certuni hanno facce da funerale, bisbigliano: «Brutta cosa avere di fronte Torino». Lasse Viren, l'eroe finnico del fondo, vincitore di 4 medaglie d'oro a Monaco '72 e Montreal '76, viene a complimentarsi con l'Evelina che, imbarazzata, ringrazia. L'eroe annuisce: «E' lo sport, uno vince, uno perde, auguri per la finale». Già, la finale. Sul maxischermo scorrono le immagini dei Signori degli anelli che, uno alla volta, nel chiuso del conclave al primo piano dell'hotel presidiato da agenti ormati di mitra, cominciano a sfilare davanti allo scranno di Samaranch e all'urna in cui pongono la scheda con il nomo della città che hanno votato. L'euforia è già un ricordo, inizia la tortura di una seconda attesa. Tra 45 minuti il Sire del Ciò comparirà ancora sullo schermo, annuncerà chi tra Torino e Sion avrà lo storico appuntamento con le Olimpiadi 2006. Funzionari del movimento olimpico chiamano le delegazioni ufficiali delle duellanti: «Per di qua». Dodici persone per Torino e dodici per Sion, gli slati maggiori delle due città. Saliranno lo scalone che conduce alla stanza attigua al concla¬ ve: qui, sapranno se hanno vinto o perduto. Giorgetto Giugiaro, presidente di Torino 2006, contempla lo scalone, si fa coraggio: «Ave, morituri te salutant». Giuliano Moliperi, il direttore generale, osserva i gradini quasi fossero il Dento di Hillary, l'ultimo, tremendo tratto della scalata all'Everest. La Christillin è di nuovo gelata, le parli, risponde meccanicamente «si» qualunque cosa le dici. Novella Calligaris la conforta, Alberto Tomba la scuote con un motto di herreriana memoria «Dai, vamos a ganar». Anche lui è ingessato dall'emozione, ha smarrito il sorriso, la disinvoltura abituali, Le delegazioni scompaiono nella «camera della sofferenza». E' piccola, svizzeri e torinesi s'accalcano, gli uni davanti al piccolo tv di destra, gli altri a quello di sinistra. Cercano disperatamente d'ignorarsi pur rispettando i dettami della signorilità. Sull'ingresso; la Christillin è accolta dalla signora Anghelopoulos, la valchiria greca che ha sconfitto*-Roma due anni fa. La valchiria l'abbraccia, si toghe gli stupendi luccicanti orecchini di zaffiro: «Sono un regalo di Samaranch. Tienili, ti porteranno fortuna». Le 14,30: ecco Samaranch sul maxischermo. Nella hall dello Scilla hotel, sotto il gazebo nel giardino, nella camera della sofferenza si può cogliere il battito d'ala di una farfalla, La Christillin respira a fondo, stringe la mano di Marco San Pietro, responsabile delle relazioni internazionali di Torino 2006, sussurra: «E' terribile». Castellani incrocia le braccia | sul petto, le mani maltrattano i gomiti della giacca. Stefania Belmondo si sforza di guardare nella televisione, Molineri deglutisce, allenta il nodo della cravatta di colpo diventato troppo stratto. Samaranch legge la formula, «La città che ospiterà i giochi invernali è...>>. Pausa di un secondo lungo un'eternità, poi ecco il nome : «Turin». Urla, giubilo', lacrime, sulla sinistra della stanza. Gelo sulla destrav Dove s'era appostato'il mucchio' selvaggio della telecamere, sicuro del trionfo di Sion. Entusiasmo da stadio nella hall, i ragazzi della delegazione di Torino 2006 innaffiano, e s'innaffiano di champagne, cameramen e fotogafi giapponesi e coreani allibiscono, assistono a scene a cui non sono abituati, girano nastri sufficienti non per uno ma dieci film kolossal. Mezzora ed ecco la Christillin e truppa affacciarsi sullo scalone, benedire il tripudio sottostante, scendere galleggiando sul mare spumeggiante dei giornalisti arrivati da tutto il mondo per raccontare una mattina stonca, indimenticabile per Torino e lo sport italiano. TORINO