Dal duce 3500 lire al filosofo ebreo di Giorgio Calcagno
Dal duce 3500 lire al filosofo ebreo Pisa, 1938: un episodio sconosciuto all'origine dell'attrito tra l'intellettuale e il regime Dal duce 3500 lire al filosofo ebreo E, grazie a Gentile, Krìsteller riuscì ad evitare le leggi razziali Giorgio Calcagno L 16 agosto del 1938, poche settimane prima che in Italia fossero proclamate le leggi razziali, un professore ebreo berlinese, trovato riparo alla Pisa, ricevette una I che aveva Normale di lettera da Forte dei Marmi: «Caro Krist, il prof. Chiavacci mi accenna alle vostre preoccupazioni per il nuovo razzismo italiano. Vi esorto a non pensarci troppo. Comunque fate sempre assegnamento sulla mia sincera e immutabile solidarietà». L'autore della lettera era Giovanni Gentile, il più autorevole intellettuale del fascismo, direttore della Scuola Normale, l'unico in grado di resistere alle pressioni del regime. L'ebreo berlinese era Paul Oskar Krìsteller, allora trentatreenne, destinato a diventare il maggior studioso del no¬ stro Umanesimo morto a 94 anni la settimana scorsa a New York. L'episodio getta una luce sconosciuta sul filosofo siciliano, fucilato dai partigiani nel 1944. E sarà interessante vedere il carteggio fra i due personaggi che Le Lettere, la casa editrice dei nipoti di Gentile, annuncia per il prossimo anno. Gentile aveva fiutato in quel giovane, di cui aveva letto manoscritti alcuni capitoli su Marsilio Ficino, il ricercatore di razza; e appena aveva potuto, nel giugno 1935, gli aveva offerto l'incarico di lettore di tedesco, per sottrarlo alla persecuzione antiebraica già partita nella Germania hitleriana. Lo stipendio era di 600 lire mensili, l'alloggio gratuito, e c'era la possibilità, per lo studioso, di continuare le sue ricerche. «So benissimo stimare l'onore e i vantaggi di questa posizione e non dimenticherò mai che devo tutto questo alla sua bontà e al suo interessamento», scrisse Krìsteller a Gentile il 16 giugno 1935. «Posso constatare, non senza commozione, che il suo Paese mi dà un'ospitalità e un aiuto che mi ha rifiutato la mia patria». • Chi non stimava né l'onore né i vantaggi era il ministro dell'Educazione Nazionale De Vecchi di Val Cismon, die aveva già impegnato un lungo braccio di ferro con Gentile, colpevole di sostenere «la libertà degli studi», e colse l'occasione per sferrare un colpo basso all'avversario. Nel 1936 gii tolse, da un giorno all'altro, la direzione della Normale. La vittoria di De Vecchi durò due settimane: Mussolini spedì il vecchio quadrumviro a governare il Dodecanneso, e lo sostituì con Bottai Gentile recuperò il suo posto a Pisa l'anno successivo, ritrovando l'ebreo te desco, che era riuscito a superare - per il momento - la tempesta. Durò ancora un anno; altre nubi, più minacciose, si stavano profilando. E Krìsteller, nonostante le rassicurazioni di Gentile, le sentiva già sul proprio capo: «Non ho mai dubitato della vostra benevolenza; dubito soltanto della forza delle circostanze generali, e mi dispiace il pensiero di essere con la mia presenza un peso morto per voi», scrisse al filosofo il 21 agosto 1938. Dodici giorni dopo, 2 settembre, il governo fascista decretava l'espulsione di tutti gli ebrei stranieri entro sei mesi. Krìsteller sparì da Pisa, visse alcune settimane a Roma, aiuta¬ to dal cardinale Mercati e ricevuto spesso in casa Gentile. Un giorno fu chiamato in questura, dovagli consegnarono una busta con una grossa somma, «dono personale del Duce». L'ebreo cacciato dall'Italia non poteva accettarla da Mussolini; e la portò al suo ex direttore: che gli diede in cambio un assegno di 3500 lire della Normale, «come premio di operosità a titolo di liquidazione». Gentile non si era limitato a ripulire quel denaro. Aveva procurato al proscritto una cattedra alla Columbia University di New York, dove Krìsteller avrebbe potuto proseguire i suoi studi, senza più timori. Le due strade ormai divergevano: il filologo si avviava alla gloria accademia; il filosofo alla più tragica fine. Giovanni Gentile alla Normale di Pisa sosteneva la libertà di studio
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