In vista per D'Alema un «autunno caldo»

In vista per D'Alema un «autunno caldo» IL «PARTITO DELIA CRISI- PRONTO A COLPIRE In vista per D'Alema un «autunno caldo» Augusto Minzollnl ROMA Segni premonitori di cattive notizie. Il tam-tam a Montecitorio è di quelli che preparano le grandi tempeste autunnali: l'ultima, nove mesi fa, costò la vita al governo Prodi. Racconta Massimo Ostillio, braccio destro e uomo ombra di Clemente Mastella: «La notizia è una sola: Lamberto Dini ha detto ai suoi che Romano Prodi lo ha consigliato di non andare di fretta con la federazione di centro. Gli ha spiegato che probabilmente in autunno ci sarà la crisi e salterà D'Alema A quel punto si potrà ragionare con più chiarezza sul da farsi. Chiedetelo al diniano Ernesto Stajano. E una sua razionalità questa storia ce l'ha: noi moderati dobbiamo dimostrare in qualche modo che contiamo ancora nel centro-sinistra». L'aria non cambia se uno fa una capatina a piazza Ss. Apostoli, nella nuova sede dei Democratici di Romano Prodi. Sul rischio di crisi Antonio La Forgia, ex presidente diessino della regione Emilia passato ora nelle file del Professore, si limita ad un laconico: «In autunno? E' probabile». E con il tono disincantato di chi annuncia un fatto ineluttabile Gianni Rivera osserva, a proposito del rischio che la caduta delle foglie si accompagni a quella del governo D'Alema: «Avverrà più per inevitabilità che per decisione... Come quando fu fatto fuori Prodi». Infine, a chi si appassiona alle coincidenze o ai ricorsi storici non sfuggirà un particolare nelle dichiarazioni di ieri di Arturo Parisi: il consigliere del Professore ha posto il problema di una «fase due» del governo D'Alema. Per l'appunto, un anno fa, l'allora segretario della Quercia Massimo D'Alema chiese una «fase due del governo Prodi». Ne nacque una polemica feroce tra lui e il Professore e, quattro mesi dopo, ci fu lo sfratto di Prodi da Palazzo Chigi. Insomma, per gli indovini, gli oracoli, gli amanti della cabala o gli appassionati di profezie ce n è abbastanza per immaginare un autunno caldo. Tanto più che quella manovra di 17 mila miliardi che il ministro del Tesoro, Giuliano Amato, vorrebbe imporre nella legge finanziaria è un boccone immangiabile per una maggioranza di governo che nelle elezioni europee ha mostrato i suoi limiti. D'Alema questi tam-tam, queste voci non dovrebbe sottovalutarli. E in fondo in fondo, aldilà delle minimizzazioni dei risultati di facciata, dei proclami pubblici di vittoria e delle previsioni ottimistiche («rimarrò qui fino al 2001») il premier qualche preoccupazione ce l'ha. Non per nulla sta preparando con una certa celerità - ne ha parlalo ieri in un vertice del partito a Botteghe Oscure - i ritocchi di cui ha bisogno il governo: al ministero delle Riforme Istituzionali dovrebbe andare Antonio Maccanico mentre il diessino Cesare Salvi è in corsa per il Lavoro; se l'attuale capogruppo dei senatori diessini finirà, invece, alle Riforme, il dicastero che sta per lasciare Antonio Bas°o,ino andrà ad un altro sinaaco, il catanese Enzo Bianco. Eppoi il premier, sia pure indirettamente, ammette che più di qualcuno nel centro-sinistra vorrebbe scalzarlo dal ruolo di candidato alla premiership nelle prossime elezioni politiche. Ai suoi collaboratori ha spiegato che la sua arma sarà «un Dpef per l'occupazióne e lo sviluppo»: «Se itel 2000 riusciremo a centrare l'obiettivo di crescita del pil dal 2,5% al 3%, io sarò sicuramente il candidato a Palazzo Chigi anche nelle prossime elezioni politiche». Gira e rigira, alla fine la posta in gioco rimane quella. Ieri qualcuno ha posto il problema nella riunione dei Democratici. «Dato che Matterello e la Binai - ha osservato La Forgia - già indicano D'Alema come candidato a premier, non sarebbe il caso che noi cominciassimo a dire che non siamo d'accordo?». E' più facile, però, fare il cambio con una crisi di governo a un anno dalle elezioni politiche, che non a ridosso del voto politico. Ecco perché nel calendario di chi non vuole andare alle prossime politiche sotto le bandiere di D'Alema, c'è una crisi nel prossimo autunno: che poi il tutto sfoci in un governo Veltroni o, più probabilmente, in un governo «istituzionale» guidato da Luciano Violante, o in un esecutivo «tecnico» presieduto da Giuliano Amato, poco importa. Per il partito anti-D'Alema è fondamentale solo scalzare l'attuale premier da Palazzo Chigi. E il problema è talmente nell'aria che, come premio di consolazione, c'è già chi augura a D'Alema un prestigioso futuro da ministro degli Esteri.

Luoghi citati: Emilia, Roma