«Ecco il Belgio dei cibi avvelenati» di Francesco Manacorda

«Ecco il Belgio dei cibi avvelenati» «Ecco il Belgio dei cibi avvelenati» La Commissione europea accusa: «Governo latitante» Francesco Manacorda corrispondente da BRUXELLES Che cosa mangiavano i consumatori europei quando addentavano un pezzo di carne di animali nutriti con i grassi della premiata ditta Verkest di Gami? Chi ha vigilato, e come, sulla salute di quelli stessi consumatori? Le risposte che spesso si preferirebbe non conoscere - stanno in 20 pagine di rappòrto consegnate tre giorni fa dalla missione dell'Ufficio alimentare e veterinario della Commissione europea che spiega come sulle cause della contaminazione da diossina si navighi ancora al buio e giudica il comportamento del governo belga «una gestione della crisi piuttosto caotica». IL OKKTU BOIA VERKEST. Il Belgio, si sa, è la patria delle patatine fritte. Ma a furia di friggere l'olio utilizzato deve pur finire da qualche parte. Un bel po' - hanno scoperto gli ispettori - finiva proprio nei silos della Verkest, dove veniva mescolato a quello che era poi venduto come grasso animale per i mangimi. Due terzi di grassi animali, un terzo di oh di frittura, era il cocktail della casa, per altro espressamente vietato dalla legge belga. Ricetta, avvertono gli esperti, che potrebbe aver portato grassi alla diossina anche nelle creme di bellezza o in altri prodotti: «Bisogna sottolineare - dice il rapporto - che questa impresa forniva ugualmente materie grasse destinate all'industria dei prodotti cosmetici, senza che questo sia stato oggetto d'indagine da parte delle autorità belghe». I SWNOBt SU mUTL Ma interessante è anche vedere che cosa si fa alla Fogra, un'impresa familiare in Vallonia da cui si rifornisce la Verkest e che «esercita una doppia attività di raccolta dei rifiuti: quelli dei macelli e delle macellerie da una parte, e quelli dell'olio delle friggitorie, collettività e industrie agroalimentari dall'altra». Arriva un po' di tutto alla Fogra, sotto l'occhio benevolo della autorità locali, sebbene per gli esperti «sembra addirittura che alcuni dei rifiuti impiegati debbano essere classificati tra i materiali ad alto rischio». Anche per i grassi più innocui, comunque, il rischio è assicurato dalle raffinate procedure aziendali: «Il processo di liquefazione dei grassi raccolti consiste nel tuffare direttamente i bidoni in plastica o metallo nell'olio generando inevitabilmente contaminazioni con sostanze chimiche indesiderate (oliatati, vernice, ruggine...) ed eventuali contaminazioni del prodotto stesso». METTI W TOM Hil MAKGU8L Ma non è solo l'olio di scarto delle frites, che finisce nel grasso destinato ai mangimi. Da gennaio al 28 febbraio, il circuito di riscaldamento che serve a sciogliere i grassi nei silos della Verkest perde misteriosamente olio. In quei 60 giorni il tecnico addetto alla manutenzione della caldaia rabbocca in continuazione il circuito con 2200 litri di olio Shell Th ermi a B, ottimo per il suo scopò, ma non proprio un extravergine d'oliva, il quale finisce nei grassi che poi mangeranno polli, vitelli, il GIOCO DB KIDOMI. Quella che l'olio di riscaldamento abbia potuto contaminare i grassi è l'ipotesi più benevola che gli esperti della Commissione formulano. L'alternativa è che in mezzo agli oli di scarto delle fritture qualcuno abbia infilato, forse di proposito, oli usati per altri scopi. «La nostra missione ha potuto constatare dice ancora il rapporto - che da un riciclatore il bidone per l'olio di frittura era piazzato di lato a quello destinato agli oh minerali o di sintesi, e che una confusione tra i due oli era molto probabile». E una noticina a fondo pagina svela l'arcano di una possibile contaminazione: «Bisogna anche sottolineare che, dato che l'eliminazione di liquidi come quelli usati in certi trasformatori elettrici, che contengono del Pcb (la sostanza da cui si origina la diossina, ndr) è molto costosa, ci può essere la tentazione di eliminarli attraverso il circuito degli oli riciclati». Per ora, comunque, sostengono gli esperti, «non è possibile spingersi in favore dell'una o dell' altra ipotesi di contaminazione, né escludere che le due cause siano concomitanti». IL SUDO PEL KMto. Anche sui provvedimenti presi prima e dopo lo scoppio della crisi dalle autorità belghe - la prima comunicazione sul rischio diossina al governo è stata fatta il 19 marzo, la. prima comunicazione da parte del governo alla Commissione è del 28 maggio - si trovano particolari edificanti. Si va da uno dei macelli requisiti dal governo per abbattere i capi di bestiame che potrebbero essere contaminati, «la cui gestione amministrativa è affidata a un veterinario già implicato nel caso della "mucca pazza"», a un sequestro da comica come quello fatto in uno stabilimento alimentare, dove «non sono stati messi i sigilli a una delle tre porte della cella frigorifera dov'era il materiale sequestrato». La latitanza delle autorità belghe fino al 28 maggio - è la conclusione - «contrasta con la precipitazione che ha caratterizzato la gestione della crisi dop il 28 maggio. Le disposizioni messe in atto da quella data, frammentate, incomplete e alle volte contraddittorie... hanno portato una confusione totale per i consumatori». Nei mangini finivano gli olii contaminati delle patatine fritte mischiati con i grassi animali nonostante i divieti della legge

Persone citate: Verkest

Luoghi citati: Belgio, Bruxelles