Il dovere della notizia esatta di Lorenzo Mondo

Il dovere della notizia esatta Coerente, schivo, antiretorico e refrattario a tutti i condizionamenti Il dovere della notizia esatta Lorenzo Mondo PENSANDO a Giovanni Trovati, nel momento in cui è calata su di lui la grande ombra, pensieri ed emozioni si accavallano sul filo di una storia di cui è stato a lungo, in prima fila, partecipe. E' la storia di questo giornale, e di una passione inesausta, pressoché esclusiva per le notizie quotidiane. Da non staccarsene fino agli ultimi giorni. Era nato giornalista nell'immediato dopoguerra quando, insieme al nostro Paese, anche la professione acquistava nella libertà ritrovata e negli animosi dibattiti dignità e riscatto. Trovati era stato partigiano e, nel modo antiretorico e schivo che gli era proprio, non ha mai dimenticato quelle origini, insieme alla funzione civile e democratica a cui era chiamata la stampa. Nasceva anche di là la sua passione per la politica, non come lotta di fazioni, come esercizio opportunistico del potere, ma come laboratorio in cui, nell'impasto di onori e viltà, un paese impara a governarsi e a crescere. Alla politica si sarebbe applicato in toto come capo della redazione romana e poi vice direttore, con una integrità, una refrattarietà ai condizionamenti «ambientali», un pudore a far pesare le sue personali convinzioni di cui tutti gli davano atto. Ma un'altra grande esperienza gli sarebbe rimasta addosso, quella del cronista, che si sarebbe riflessa anche nei commenti con l'aderenza ai dati effettuali, la scelta di un linguaggio che (era la lezione di Giulio Debenedetti) nella diffidenza di ogni orpello accettava di passare per disadorno. Era il culto dell'esattezza come risvolto di onestà e di intransigenza morale, al quale si sforzava di educare i colleghi più giovani e inesperti. Che, magari riluttanti, finivano per accettare quella lezione di limpida coerenza. Rammento ancora lo stupore di qualche direttore appena arrivato quando sorprendeva Trovati ad ora tarda, vicina ormai la chiusura, mentre ripuliva di refusi, sbavature, trasandatezze gli ultimi articoli. Sembrava incredibile, magari superfluo, questo accanimento che qualcuno imputava alla sua vocazione di «maestrino», ma era la «scuola» di Trovati. Quella che ha contrassegnato la storia della Stampa, la sua fama di giornale ben scritto, non soltanto sotto l'avallo delle grandi firme, ma nelle stesse notizie di agenzia. C'era poi, più segreto e perfino ombro¬ so, il Trovati uomo, il collega. Sempre pronto a dare una mano, a risolvere situazioni intricate, prestandosi con il consiglio e con il personale dispendio. Gli era di bussola una profonda, non esibita, convinzione religiosa, la stessa che gli ha fatto affrontare il male con asciutto coraggio, con cristiana speranza. Agli amici, confidava di essere più preoccupato delle angosce dei familiari che della sua ora ultima. Vogliamo ricordarlo così, quanti lo abbiamo conosciuto: imperturbabile, sempre uguale la voce leggermente nasale, mentre solleva gli occhi stanchi dai nastri di telescrivente e dai fasci di giornale; mentre sale di buon passo le scale con il suo cuore di ragazzo che batteva sotto l'abito invariabilmente scuro e severo. Il ragazzo invecchiato che forse celava agli altri e a se stesso.

Persone citate: Giovanni Trovati, Giulio Debenedetti, Trovati