In viaggio con Dubyfra le paure del Medioevo quando «i veri barbari» eravamo soltanto noi

In viaggio con Dubyfra le paure del Medioevo quando «i veri barbari» eravamo soltanto noi In viaggio con Dubyfra le paure del Medioevo quando «i veri barbari» eravamo soltanto noi Alessandro Barbero POCO più di cinque anni fa, nel marzo-aprile 1994, Georges Duby rilasciò al settimanale «L'Express» cinque interviste sulle paure di fine millennio. Gli intervistatori partivano ovviamente dalla tenace leggenda dei terrori dell'anno Mille, quegli stessi cui si riferiva il Carducci nell'attacco ad effetto d'un suo scritto: «V'immaginate il levar del sole nel primo giorno dell'anno Mille?» Duby, che aveva contribuito lui stesso, in anni ormai lontani, a smontare quel mito, seppe portare il discorso su un piano più alto, riflettendo sulle paure che l'uomo si porta dietro e che ossessionano il presente come già ossessionarono il Medioevo: la paura della miseria, dello straniero, delle malattie, della violenza, della fine del mondo. I testi delle cinque interviste sono ora ripubblicati da Rizzo- li coll'accompagnamento d'uno straordinario corredo iconografico, scelto e ampiamente commentato da Chiara Frugoni. Esce prepotente dal libro la persuasione che il Medioevo è il nostro passato, il passato, voglio dire, della civiltà occidentale: sicché nonostante la differenza profonda del contesto economico, per non parlare degli orizzonti mentali, i problemi che quei nostri antenati si trovavano ad affrontare appaiono non di rado paragonabili ai nostri. Duby non si fa scrupolo di paragonare i primi francescani e domenicani, operanti nei sobborghi delle città affollate d'immigrati, ai preti operai dei nostri giorni; e di osservare che nel Medioevo «si rinchiudevano i lebbrosi allo stesso modo in cui Jean-Marie Le Pen suggerisce oggi di rinchiudere i malati di Aids. Ma va ricordato altresì», aggiunge subito, per evitare la lettura banalizzante d'un Medioevo della crudeltà, «che nel Medioevo c'erano uomini e donne che passavano la vita a curare i lebbrosi». Analogie, dunque, ma anche fulminei rovesciamenti. Dopo aver discusso a lungo coi suoi interlocutori la paura dello straniero e dell'invasore, Duby ricorda che fin dopo il Mille l'Europa medievale non visse, come oggi, circondata da popolazioni più povere e culture più arretrate, ma al contrario da civiltà più avanzate della sua, che avevano ben più ragione di temerci: «Noi eravamo i barbari». Anche le immagini scelte da Chiara Frugoni sottolineano a un tempo la lontananza d'un Medioevo affascinato da simbologie che oggi non sappiamo più decifrare, e la vicinanza di comportamenti che nel bene e nel male sono sempre e comunque umani. Nel male soprattutto, perché questo è il taglio delle interviste, non perché il Medioevo fosse di per sé un'epoca più oscura di altre. Se immagini come l'atroce scena di violenza carnale dipinta da Giotto in un angolo quasi invisibile della cappella degli Scrovegni; o come il saccheggio d'una casa di ebrei rappresentato in una miniatura francese, coi mobili spaccati, gli oggetti di valore portati via, le donne trascinate in ginocchio per i capelli, ci mettono ì brividi, non è certo perché evochino un passano lontano ed esotico. Georges Duby-Chiara Frugoni Mille e non più Mille Viaggio tra le paure di fine Millennio Rizzoli 140 pagine. 30.000 lire

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