Coca Cola, l'Europa concede 72 ore

Coca Cola, l'Europa concede 72 ore L'azienda: «Per le bibite prodotte nel nostro Paese non c'è alcun rischio». Benelux e Francia confermano il bando sulle lattine Coca Cola, l'Europa concede 72 ore Ma anche in Italia, si diffonde la psicosi di massa Fabio Poloni MILANO L'allarme Coca Cola sfiora Wall Street, dove il titolo perde solo 43 centesimi di dollaro, e non tocca la Commissione europea, che ha dato ancora 72 ore ai vertici di Atlanta per risolvere la crisi. Ma la bevanda simbolo più venduta al mondo, sparita dagli scaffali di Belgio, Olanda, Lussemburgo e Francia, dopo le centinaia di casi di intossicazione, continua ad allarmare i consumatori. Ieri sera in Spagna, nella provincia settentrionale di Zamora, è stata sequestrata una partita di Coca-Cola proveniente dal Belgio. E anche in Italia cresce la paura. . «Per le lattine prodotte nel nostro Paese non c'è alcun rischio. Basta guardare se la scritta è in italiano, basta osservare il marchio sulla parte superiore che indica il luogo di produzione», tranquillizza il responsabile comunicazione della Coca Cola, Alessandro Maglioni, da giorni impegnato a far fronte alla crisi. Anche se deve ammettere che il numero verde della «company» di Atlanta - per l'Italia è 1*800.836.000 - è da giorni intasato dal numero di chiamate di consumatori preoccupati. Come quella signora di Ancona che si è rivolta ai Nas, dopo aver acquistato 12 lattine, marchiate con il codice a barre 54. «Identifica solo il prodotto Coca Cola, registrato in Belgio per l'Europa, ma non il luogo di produzione», assicurano alla Coca Cola Italia, mentre consigliano di guardare bene la stampigliatura della fabbrica di produzione, 12 stabilimenti in tutta Italia, dalla provincia di Biella a Cagliari. Alla Coca Cola giurano che il prodotto non ne ha risentito, ma non forniscono dati. Sicuramente quelle 50 milioni di lattine sequestrate in un solo giorno in Francia, dopo i 40 casi di intossicazione che si sommano ai 100 casi riscontrati in Benelux, alla fine peseranno sui bilanci della società. Anche perché le più strette rivali, dalla Pensi alla Virgin, hanno rafforzato la produzione, per far fronte all'aumento delle richieste di chi non si fida di quella partita di anidride carbonica «^attiva» o della vernice al fungicida che avrebbe alterato la bevanda, come hanno spiegato i vertici della società a Parigi a Bruxelles. «Ma le informazioni che ci hanno fornito sono troppo poche per togliere il bando. Non sappiamo né quante lattine siano state contaminate, né dove siano state messe in commercio», spronano le autorità di Bruxelles, alla ricerca di chiarezza prima di far rientrare l'allarme. «Anche se potrebbe trattarsi di un caso di psicosi collettiva», ammonisce un docente universitario belga. «In Italia comunque non c'è alcun rischio», giurano nella sede centrale di Sesto San Giovanni. Nel cuore dell'impero delle bollicine si amministrano i 12 stabilimenti che danno lavoro a 3 mila dipendenti, più 10 mila nell'indotto, per un totale di due miliardi di lattine, pari a 570 milioni di litri, vendute ogni anno sul mercato italiano. Con un consumo procapite di 23 litri a testa, neonati compresi. «La base del prodotto viene realizzata solo in alcuni stabilimenti, depositari della ricetta originale», spiega Alessandro Magnoni. «Ogni Paese ha i suoi fornitori di lattine, vernici, macchinari e quanto altro serve al pa¬ ckaging», assicura il responsabile della comunicazione del marchio, lanciato in Italia 72 anni fa. Quindi, niente rischio di contaminazione con l'anidride carbonica finita nelle lattine prodotte ad Anversa. Né intossicazioni da fungicida, caduto durante lo stoccaggio nella fabbrica di Dunkerque, sulle lattine vendute in Francia. Alla Coca Cola Italia confermano anche di non essere preoccupati dalle iniziative prese dal Codacons, l'organismo dei consumatori che si è rivolto alle autorità amministrative per bloccare le vendite di lattine, ritenute non igieniche. Una questione annosa, ma i responsabili del marchio spiegano che la legge in Italia è precisa e che le autorità sanitarie sono impegnate quotidianamente nei controlli. Anche se il presidente francese Jacques Chirac in persona ha fatto sapere che domani, a Colonia, porterà al vertice del G8 il problema della sicurezza alimentare, dopo i numerosi allarmi degli ultimi mesi e i casi anche gravi di intossicazione. A partire dalla ancora imperante mucca pazza, ai polli alla diossina, per finire alla Coca Cola tossica. «Anche ad Atlanta, sono impegnati al massimo per far rientrare l'emergenza», guardano alla casa madre dalla filiale italiana. «Sono i primi ad avere interesse a fare chiarezza e sanno che devono agire rapidamente. Sanno qual è la posta in palio», dà fiducia Emma Bonmo, commissaria europea. Ma il danno, non solo d'immagine, è incalcolabile. E alla Pepsi Cola ne stanno già approfittando, quasi senza riuscire a far fronte alle richieste in crescita esponenziale della loro bibita, con l'inconfondibile marchio blu. STABILIMENJHII GAGUANICO (BIELLA) NOGARA (VERONA) udine _ . MODENA ORICOLA (L'AQUILA) c0rs1ni0 (l aquila) reggiqcalabria" marciasse (caserta) •cagliari _•' bari * PALERMO . . : 1 CATANIA DIPINDfNT! ^3000 i FATTURATO (lire) ' !$00 mid J CONSUMO ANNUO (lilri) 1,3 mid ] CONSUMO ANNUO .'• ' 100 . 1 PRO CAPITE (boltiglie 2.5c!) 1

Persone citate: Alessandro Maglioni, Alessandro Magnoni, Fabio Poloni, Jacques Chirac, Zamora