SCRITTORE TI VOGLIO PARLARE
SCRITTORE TI VOGLIO PARLARE CARO Scrittore ti voglio parlare, volevo invitarti alla fiera dell'assurdo, a farti 4 risate. Qualche giorno fa, con il mio amico artista col quale condivido l'avventurosa esperienza di gestire uno spazio espositivo no-profit a Torino, abbiamo inaugurato una delle nostre opere: ospiti in un altro spazio di un comune limitrofo. Non so se conosci la prassi, comunque la parte «pubblica» dell'operazione comincia con la compilazione e l'invio dei comunicati stampa. Dall'alto della nostra lunga esperienza espositiva, che ci ha resi consapevoli delle grandi difficoltà organizzative delle redazioni giornalistiche, ne abbiamo partonto uno che oserei definire un capolavoro di Semplicità e Chiarezza: pulito, con tutte le voci separate, dove, quando, titolo mostra, nomi degli artisti, ecc. Ed eccoci ai giorni immediatamente antecedenti l'inaugurazione. Uno dei giornali, un mensile di cultura e spettacolo, riporta il comunicato con dovizia di particolari e precisione assoluta. O quasi. L'unica inesattezza riguarda l'indirizzo: il giornale colloca la mostra a Torino, presso il nostro spazio espositivo, e non ad Alpignano, dov'è realmente allestita. Vengo colto da un dubbio atroce: devo sperare che nessuno legga la segnalazione oppure devo passare la giornata a Torino a dirottare i visitatori nel posto giusto? Su un'altra rivista sono indicati entrambi i posti. Meno male che siamo in due, penso. E mi dico che andrà meglio con i quotidiani. Su uno dei più diffusi, nelle pagine dedicate all'arte e agli spazi espostivi, per fortuna tutto quadra, compresa l'esatta ubicazione dell'evento. E' solo la data dell'inaugurazione che risulta posticipata di una decina di giorni. E' un refuso? E' una congiura diabolica ordita nei nostri confronti? I dubbi fioccano. La ciliegina sulla torta è un articolo su un altro giornale: i nostri nomi sono così stravolti da catapultarmi in piena crisi d'identità. Sono veramente io a esporre? Corro ad Alpigiano e per fortuna vedo qualche faccia nota: amici. Mi riconoscono. Però c'è anche qualche sconosciuto. Sarà venuto per me o per il mio fantomatico doppio? E se volesse comprare un'opera, quale firma si aspetterà di leggervi sopra? Tu che ne dici? Ciao. P. S. Non mi firmo nel timore di subire un ulteriore scossone alla mia già traballante consapevolezza esistenziale, in caso di eventuali errori di trascrizione. Caro P. S., a parte il fatto che lei mi sembra al riparo da qualunque scossone, non posso fare altro che esprìmerle la mia personale solidarietà. Nei lunghi anni ài scuola - dalle elementari olle superiori passando per le medie-sono stato a mia volta vittima di innumerevoli «refusi», ogniqualvolta una supplente fresca di nomina entrava m classe registro alla mano e si metteva a fare l'appello. Non mi chiamo Bianchi Rossi o Verdi, è vero, ma nemmeno Kvrykxjpttmo: eppure, arrivate al fondo della lettera C tutte le supplenti inciampavano nella sequenza di consonanti e vocali da me ereditate. Ricordo con affetto i vari Calicchia, Celicchia, Cilicchia, Colicchia e anche i tanti Pulicchia, Tulicchia, Zulicchia, Bulicchia, e pure i non pochi Cuticchia, Curicchia, Cubicchia, Cusicchia, per tacere degli innumerevoli Culippia, Culittia, Culizzia, Culibbia. Ad un certo punto correggevo le supplenti con un bel «No, guardi, mi chiamo Topicchia» e loro contente correggevano a loro volta il registro. L'unica a non aver mai storpiato il mio cognome è stata una supplente d'Inglese: si chiamava Fetecchia, doveva esserci passata andie lei. Ancoradi recente, la pubblicazione di qualche scritto non mi ha aiutato: all'ultima Fiera del Libro, in occasione di un incontro con U pubblico, sono stato presentato (da una persona che conosco da anni) come Culucchia. Il mio preferito però rimane Culicella, che non so come sia potuto saltar fuori. La prossima volta, provi a sbagliare a prie-ridate, luoghi e nomi sui suoi comunicati stampa: fórse glieli pubblicheranno giusti. Cheeno. Caro Scrittore ti voglio parlare, sono un'automobilista che per motivi di lavoro percorre ogni giorno e per l'intera sua lunghezza corso Giulio Cesare. Non so perché, ma di tutti i corsi cittadini è il solo su cui TUTTI gli automobilisti viaggiano a velocità ridotta : mai più di venti-ventirinque chilometri all'ora. Ora: non sono certo una fanatica della Formula 1, e mi rendo conto che il codice della strada va rispettato. Ma io sono sempre in ritardo, e mi farebbe piacere poter viaggiare almeno sui quaranta-quarantacinque (senza arrivare ai centoventi-centotrenta di altri viali cittadini). Quello che non riesco a spiegarmi è perché ciò accada quotidianamente in corso Giulio Cesare. Ciao. Cosima. Cara Cosima, la velocità di crociera adottata dagli automobilisti che percorrono corso Giulio Cesare non supererà MAI i ivnti-venticinque chilometri orari, per il semplice fatto che corso Giulio Cesare è così brutto da spingere tutti quelli che vi transitano a immaginarsi il mare. La velocità di cui sopra è infatti quella ideale per gustarsi il panorama percorrendo una strada litoranea. Perché non esci prima di casa e non ciprovi anche tu? Ciao. SCRITTORE TI VOGLIO PARLARE
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