Vita da bestie, ma non bestiale

Vita da bestie, ma non bestiale IL BENESSERE NEGLI ALLEVAMENTI Vita da bestie, ma non bestiale Evitare gli stress è anche un buon affare UN tempo era comune pensare che la salute, cioè lo «star bene» di un animale in allevamento intensivo corrispondesse solo alla sua produttività legata principalmente alla mancanza di patologie cliniche. Questo, oggi, può essere smentito e analizzato in modo più chiaro. Esistono patologie sia fisiche che comportamentali dipendenti dalla costrizione di un alto numero di animali in spazi ristretti, modi violenti di trattarli o trasportarli, alimentazione sbagliala compreso l'atto stesso della macellazione. Queste cause fanno soffrire l'animale, che si ribella a «condizioni incompatibili con la sua natura» manifestando reazióni anomale del comportamento o vere e proprie malattie. In che modo riusciamo a capire che esiste un'alterazione dell'omeostasi psico-fisica, cioè del l'equilibrio riferito al benessere con la formazione di stress in un animale allevato in un modo intensivo? Gli agenti stressanti possono derivare da alterazioni fisiologiche e psicologiche. Indicatori di stress su cui basarsi sono la definizione e la quantificazione del termine «benessere» con le sue conseguenze. E' ovvio che bisogna definire il concetto di partenza di questa parola: se intesa verso la pura produzione o se rivolta anche al rispetto delle necessità fisiologiche e comportamentali dell'animale. Dando per scontato che la nostra società non può di colpo fare a meno delle proteine di origine animale, lo scopo potrebbe essere di unire i due intenti. Si è visto, comunque, che tendere a un miglior adattamento delle specie allevate con il sistema intensivo, permette loro di raggiungere uno stato di benessere maggiore e quindi anche un miglioramento economico in termini di qualità e quantità del prodotto. Si può tendere, cioè, ad adattare le strutture e il lavoro di produzione dell'allevamento tenendo conto delle caratteristiche bio-etologiche specifiche dell'animale. L'adattamento a questa alterata forma di vita passa attraverso la via genetica, con tempi lunghissimi ed esito generalmente irreversibile, quella fi¬ siologia con risultati in tempi medi e con risposta reversibile o irreversibile a seconda dei casi ed infine quella comportamentale più breve e generalmente reversibile. Dobbiamo basarci sugli «indicatori» del benessere animale anche se questi sono a volte complicati da valutare per le differenze tra specie e per l'oggettiva difficoltà della messa a fuoco da parte della ricerca scientifica. La conoscenza e l'applicazione dei parametri etologici delle singole specie ha aumentato la conoscenza verso bisogni primari e naturali dei soggetti allevati; prima ci si rivolgeva solo alla cura di patologie cliniche accertate, ora ci si avvia anche verso la consapevolezza dell'importanza che può avere la mano dell'uomo responsabile della cura e del mantenimento. Gli etogrammi di specie studiano i comportamenti dell'animale di fronte a situazioni tipo,. come la cura della prole, l'alimentazione, l'habitat, l'accoppiamento, le capacità adattive, l'influenza dell'uomo ed altre ancora. ' Alcuni fattori di stress accertati sono lo spazio mancante, stimoli ambientali negativi come mancanza di luce o inquinamento eccessivo, svezzamento precoce od alterato, formazione di gruppi con animali non adatti tra loro. Modificazioni dell'etogramma naturale sono, a volte, la risposta a questi fattori di stress, e mettono in evidenza comportamenti alterati come le stereotipie. Queste sono azioni ripetute uguali nel tempo e apparentemente prive di significato biologico o funzionale; sono spie di malessere psicologico od organico e di disadattamento ambientale. Esempi di stereotipie possono essere le alterazioni del gusto come il masticare e il leccare le cose intorno; i movimenti in circolo con scuotimenti di testa ed arti ed ancora vari tipi di ticchio aerofagico. Proprio questi disturbi vengono letti come resistenza agli agenti stressanti o come forzature dei soggetti per adattarsi agli stessi condizionamenti negativi. Le tabelle etologiche si riferiscono ovviamente al comportamento della specie nel suo ambito naturale per dare il riferimento dell'assoluto benessere. Ma quando, alcune specie allevate da centinaia di anni non hanno più avuto un'evoluzione libera non è possibile avere punti di riferimento naturali credibili. Questi animali costretti alla domesticazione e alla selezione forzata possono adattare comportamenti nuovi e diversi da una generazione all'altra; hanno perso ormai la forza genetica naturale e non sarebbero in grado di sopravvivere liberi. La storia racconta come sia stata contro¬ versa la relazione uomo - animale e ancor oggi, sia legalmente che dal punto di vista etico-morale, continua la battaglia. La prima associazione animalista nacque in Gran Bretagna nel 1824, la Royal Society for the Prevention of Cruelty Against Animai; ne seguì una in Francia nel 1845 e in Italia nel 1874 a Roma. Gli aspetti emotivi delle persone sensibili al problema prevalgono su quelli razionali e a volte il concetto di benessere rischia di non essere corretto a scapito degli animali stessi. L'informazione parziale e non sufficientemente scientifica tende ad umanizzarli, attribuendo loro necessità e sensibilità non esatte. Ad esempio certe specie di uccelli o altre da pelliccia non soffrono, come comunemente si pensa, l'isolamento dai loro simili perché questa è la loro condizione in natura. La convivenza forzata porta loro stress, malattie ed aumento dell'aggressività. La zoofilia segue parametri soggettivi e più umanizzanti, mentre il conservazionismo si occupa degli animali selvatici e di allevamento controllando scientificamente la loro evoluzione in un contesto sempre più inficiato dall'uomo. Marco Buri ..Le patologie fìsiche e comportamentali causate da situazioni innaturali

Persone citate: Buri

Luoghi citati: Francia, Gran Bretagna, Italia, Roma