LE FEMMINISTE NON PENSANO?

LE FEMMINISTE NON PENSANO? LE FEMMINISTE NON PENSANO? sintesi, la posizione di Cavarero si l'esistenza di fatto di una supremazia del maschile sul femminile e la lotta contro tale supremazia prevede la difesa di un «pensiero femminile» diverso da quello in uso nel mondo maschile; b) tale pensiero differente è esso stesso pensiero della diflereraa, ossia esalta le individualità viventi, le particolarità e le eccentricità, contro l'universalismo della logica maschile, ed è caratterizzato da un soggetto diverso, materno, ossia capace di ospitare in sé altri soggetti, e in relazione, ossia costituito essenzialmente dal rapporto con l'altro. Infine: c) la «logica» femminile è profondamente antifilosofica, la sua possibilità di dirsi e descriversi sta fuori dalla filosofìa, il suo luogo proprio è il discorso narrativo: bisogna «utiliziti categorie, pptenriah^epte ^ e condivisibili al tempo stesso. Ma particolarmente rivelativa è la terza, il cui tenore leggermente autoconfutativo getta luce sulle altre due, e subito illustra la natura del problema di cui si tratta. In effetti, nelle pagine di Cavarero come in quelle di altre teoriche e scrittrici antologizzate, il punto di vista femminile sembra definirsi in una specie di inesauribile corpo a corpo (e che si tratti di corpo non è un caso) con il logos filosofico. Il vero eroe del femminismo, come si mostra nelle opere di quella che è una delle pensatrici più interessanti tra le antologizzate, l'inglese Christine Battersby, è un tipico filosofo-antifilosofo come Kierkegaard. E l'ultima grande voce del pensiero al femminile è Hannah Arendt, il cui lavoro è consistito soprattutto nella difesa della singolarità anti-teoretica - difesa del primato della cura contro il dominio, della differenza contro l'universale, della prassi contro la teoresi (un volume a cura di Simona Forti, in cui appare anche un saggio di Cavarero, fa attualmente il punto su Hannah Arendt, Bruno Mondadori, pp. 312, lire 25.000). Insomma, sembra sia ancora vero quel che riteneva Otto Weininger: il femminile è refrattario al Elogio e critica dell'antiteoria Eic E filosofie femministe, di Franco Restaino e Adriana Cavarero, è un libro importante e utile. E' importante perché contiene una messa a punto chiara e concisa della filosofia (o dell'anti-filosofia) femminista a cui Cavarero è giunta negli ultimi anni, in un confronto serrato e sistematico con le più recenti posizioni del femminismo internazionale. E' un libro utile perché contiene nelle prime 110 documentatissime pagine, di Franco Restaino, una storia del pensiero femminista, da Mary Woustonecràft (fine Settecento) ad oggi, storia puntualmente documentata dalla scelta antologica che conclude u volume. L'importanza della messa a punto di Cavarero consiste anche nel fatto che essendo esposta con particolare chiarezza, e con una buona dose di onestà intellettuale, mostra tutta la fragilità del punto di vista femminista in filosofia, e il serio problema meta-teorico che vi si collega. In estrema sintesi, la posizione di Cavarero si sviluppa in tre passaggi: a) si dà l'i di f d pensiero filosofico, le donne non conoscono l'universalità trascendentale, non hanno il senso del theorein universalistico, e misinterpretano l'autofondazione della ragione. L'unica differenza è che questi difetti oggi appaiono anche - se non soprattutto - come buone qualità, e cosi il «pensiero femminile» reclama i diritti dell'anti-logico e dell'anti-universalistico, quindi si consegna nelle braccia della narrazione. Ma è lecito allora domandarsi: non sarà inavvertitamente al1 opera in tali conclusioni lo stesso stereotipo che dà forma alle tesi di Weininger (donne illogiche raccontatrici di storie, e in definitiva chiacchierone e pettegole?). In un libro del 1998, ora tradotto da Alessandro Serra per Feltrinelli, H dominio maschile, Pierre Bourdieu ha illustrato con una certa chiarezza questa impasse tipica del femminismo, sia di quello «universalista» sia di quello differenzialista. Anche il femminismo differenzialista, scrive Bourdieu, «non si sottrae a una forma morbida di essenzialismo» che è propria della logica dei dominatori. Uomini e donne stanno ovunque in una logica di supremazia e di dominio che è ulteriore alla differenza sessuale. Allora la questione femminile altro non è che una variazione sul teme della dialettica «signoria-servitù», e come tale va trattata: la differenza appare, scrive Bourdieu, quando «si accetta di guardare dal punto di vista del dominante»; la differenza appare quando è tolta. A questo punto è evidente che l'impasse in cui si muove il pensiero femminista è quella tipica di ogni teoria dell'«alta logica», o dell'«altro» pensiero (pensiero mitico, pensiero della singolarità contro l'identità, pensiero poetante e meditante, pensiero proletario, ecc.), da contrapporre al supposto dominio incontrastato del logos «fal I ologo-con trico». Tentare di definire tale differenza in alternativa a una tradizione così tipicamente pluralistica, proteiforme, e (soprattutto) dialettica quale è quella dèi logos filosofico occidentale è una impresa quasi disperata. Non c'è nulla di specificamente fernminile nel pensiero. All¬ eile la «logica» della maternità, del soggetto che ospita in sé altri soggetti, e in definitiva una logica biologica già tipica dell'hegelismo, e caratteristica della filosofia dell'arte; il senso dell'essere-in-relazione è tipico del pensiero religioso, la definizione della teoria in termini narrativi è tipica dello storicismo, ecc. Il fatto e che donne e uomini da sempre stanno sulla superficie del pianeta, e si pensano reciprocamente, e reciprocamente si «contaminano» sul piano intellettuale. Ma come ci si comporta allora filosoficamente, politicamente, di fronte al fatto della supremazia: perché è innegabile che tale fatto esista, sia pure in modo obliquo e inapparente, con varie forme di connivenza femminile? Forse (ed è una conclusione che affiora nel saggio di Cavarero su Arendt) occorre ancora , ostinatamente, cercare dipensare insieme: anche se la sventatezza maschile, e il particolare gusto del potere che affligge l'umanità di ogni sesso, per lo più rendono difficile f arto. Franca D'Agostini Il percorso della differenza in un saggio di Restaino e Cavarero e la polemica di Bourdieu: una possibile via d'uscita sta nella «contaminazione», in quella capactàdirieermifa indicata dalla Arendt* LE FILOSOFIE FEMMINISTE Franco Re stai no Adriana Cavarero Paravia Schptorìum pp. 259. L22.0O0 IL DOMINIO MASCHILE Pierre Bourdieu Fehrinelli pp. 151.L 32.000 A destra, nella foto grande Hannah Arendt: il suo pensiero è un punto di riferimento per la filosofia «femminista» del Novecento. Nella foto piccola, Pierre Bourdieu, •dtmìBfel&àpttGM il femminismo di sottomettersi alla logica del «Dominio maschile» LA. FILOSOFIA