CON TV E PC, MUSICA E FUMETTI GIOVANI SEMPRE PIÙ' IN FUGA

CON TV E PC, MUSICA E FUMETTI GIOVANI SEMPRE PIÙ' IN FUGA CON TV E PC, MUSICA E FUMETTI GIOVANI SEMPRE PIÙ' IN FUGA Dai modelli americani alle trasgressioni degli otaku giapponesi GNI settimana, negli Usa, i genitori parlano in media con i loro figli circa 40 minuti, mentre un bambino vede là tv circa 28 ore. -'luci bambino «tipo» assorbe in un anno 20.000 spot pubblicitari della durata media di 30 secondi. A 14 anni ha già passato davanti alla tv quasi 16.000 ore. La Teen generation, si domanda Alberto Pellai, sta dunque diventando sempre più una tv generation? E quale mondo veicola la tv? Anzitutto hanno cittadinanza solo le figure «mitiche» e i prodotti di bellezza. Ogni stagione ha i suoi Take That, le sue Spice Girls, il suo Leonardo Di Caprio, m un mercato tipo «fast-food» che crea e brucia le star in tempi brevissimi. Il sesso poi è sempre più di casa,,anche nei programmi tli prima seratajjjùseguiti dai giovanissimi. Per non parlare delia violenza, dell'orrido e dello spaventoso, che hanno contribuito fortemente a innalzare la soglia di tolleranza collettiva. Ogni anno un adolescente Usa - a detta dell'Associazione degli Psicologi - assiste a circa 10.000 assassinii, rapimenti, stupri, assalti violenti Come contrastare assalti violenti. Come contrastare, dunque, questa influenza negativa? Più in generale, come evitare che i minori siano prigionieri di un mondo virtuale? Qui il libro di Pellai, nonostante i dati interessanti che offre, mostra il suo limite, non sollevandosi da una riflessione moraleggiante. L'offerta della tv ai minori è più articolata e complessa: accanto alle ragazze cubo e allo straripare di sesso e violenza, troviamo anche volti «acqua e sapone», tanto quotidiani e sbracati, gente che vive con lieta felicità la voglia di amicizia e di normalità. Come i friends di Friends dimostrano. Ciò non toglie che la tv sia una grande fonte di omologazione culturale per le nuove generazioni. Il livellamento verso il basso dei gusti e dei sentimenti dei giovani non sembra avere confini e si riscontra anche in quel Giappone che molti occidentali considerano la patria dell'esagerazione. Qui i grandi mali moderni (consumismo, alienazione corruzione) seguirebbero gli stessi picchi della tecnologia e della rivoluzione telematica. Tra i costi sociali dello sviluppo spinto c'è da annoverare anche il fenomeno Otaku, che abita le metropoli affollate, rumorose, mquinate: Tokyo in testa. Come molti termini del Sol Levante, otaku significa tante cose, tra cui anche «stanimi alla larga», «tieni le distanze». Gruppi di giovani terribili l'hanno usato anche per indicare il proprio stile trasgressivo. E oggi, a detta di M. Griner e R.I. Fuman, sarebbero centinaia di migliaia i giovani giapponesi che fanno dell'otaku una ragione di vita. Figli di una società opulenta, che ha un effetto infantilizzante, che permette di dilazionare a lungo le scelte, gli otaku si creano passioni alternative, coltivando hobby a tempo pieno, collezionando cose insulse sino al fanatismo, sacrificando la carriera o lavori migliori per focalizzarsi sull'oggetto del loro investimento. Si tratta di consumisti anomali, che acquistano prodotti superflui per manipolarli e trasformarli, per farne oggetto di venerazione. Ancora, si tratta di giovani che vivono un rapporto di dipendenza con i mass media, «maniaci di una cybercu 1 tura masturbatoria fatta di computer, modem, cd-rom, nmnga, riviste poritografiche», L'interazione con i computer li solleva dalla fatica delle relazioni sociali e dall'intricata rete di obblighi di una società confuciana. Si può stare per tflWpryi- epoto; ^qa^tj ^UTeranriati/ fagocitando hamburger e informazioni, coltivando interessi asociali. Gli otaku si identificano in decine o centinaia di aidoru, giovanissimi maschi e femmine lanciati sulla scena televisiva e mediatica giapponese da abili talent scout. Di queste creature virtuali, tutte bambola e superficie, gli otaku collezionano ogni cosa, ed, t-shirt, poster, ma anche spazzatura e indumenti intimi. Questi ultimi richiamano le lolite liceali che alimentano l'imma- §inario erotico giapponese, o faceno di tutto per proporsi come oggetto del desiderio o scendendo senza remore sul terreno della prostituzione minorile. Attorno ad esse s'è prodotto un mercato torbido, con organizzazioni che comprano le loro mutandine usate e le vendono in negozi specializzati. fi fenomeno otaku è poi protagonista del fumetto amatoriale. Ogni anno viene autogestito il «kominetto», una fiera deffumetto cui parte- cipano oltre 100.000 otaku. Così giovani altrimenti dispersi trovano un luogo di incontro e di performance, di libero scambio e confronto. L'80% sono ragazze, per lo più collezioniste o produttrici di un tipo di fumetto (yaoi) incentrato su giovani maschi alle prese con storie omosessuali a sfondo romantico. L'insistenza sull'omosessualità maschile (e anche sulle scene di sesso spinto) rappresenta per molte ragazze una via di fuga dalla quotidianità e dalle convenzioni sociali. Fumetti e bambole di ogni genere, uniformi militari, raccolte di fogge diverse di organi sessuali, strisce e riviste di ogni argomento, sono soltanto alcuni dei settori in cui si esprime la vocazione infinita al collezionismo dei giovani otaku. Molti dei quali, poi si tuffano in Internet, scambiandosi icone e brani musicali, procurandosi stimoli erotici mediante immagini digitali, eleggendo la rete e il network a proprio mondo. Si tratta - ci dicono gli autori del libro - di procedimenti sottrattivi, indicatori dell'estraneità di molti giovani dalle mete prevalenti nella società giapponese, tutta centrata sulla competizione, sul denaro e sulla cura del corpo. Qualcuno pensa anche che siano degli anticipatori di nuovi modelli e stili di vita. Di certo gli otaku sono un segno del malessere di una società a tecnologia spinta, in cui l'eccesso di indivi dualismo espressivo denuncia il venir meno (non solo per il Giappone) di una direzione collettiva. Franco Garelli Contro l omologazione di una società che propone di'«vivere in carriera» coltivano vile virtuali, restano bambini, perché non sanno dove andare una foto di Oliviero Toscani 1A... RICERCA TEEN GENERATION Alberto Pellai Franco Angeli pp. 208. L 30 000 OTAKU. (giovani perduti del Sol Levante Caitehecchi pp. 158. L 18.000

Luoghi citati: Giappone, Tokyo, Usa