IN ITALIA: SCOPERTE, GAFFES, PASSIONI
IN ITALIA: SCOPERTE, GAFFES, PASSIONI IN ITALIA: SCOPERTE, GAFFES, PASSIONI ltà iù ONOSCERE l'Italia, cambiò la prospettiva. Era la patria di Dante, Petrarca, Ariosto e Machiavelli, che qualsiasi francese colto aveva letto, e la culla della grande arte rinascimentale che si poteva ammirare al Louvre. Ma era anche la terra di banditi, cortigiane, gaudenti abati e uomini becchi o senza onore, che popolavano la novellistica da Boccaccio a Bandelle. E nelle opere prima del 1836, da La Vendetta a Le Marana ai Racconti faceti, le citazioni e i riferimenti all'Italia che affollano la commedia umana riflettono sia la cultura che gli stereotipi letterari Poi, i viaggi, gli incontri, le amicizie, gli svelano una complessa Con Massimil realtà più complessa. Con Massimil¬ la Doni, scritta a caldo nel 1837 e ambientata sul filo di una rappresentazione del Mose di Rossini, scrive un testo sulla musica che è anche un inno agli uomini e donne di un paese in lotta per la sua indipendenza. A spingeno in Italia, furono i racconti della contessa polacca che dopo averlo stuzzicato firmandosi La Straniera, e fatto innamorare perdutamente.lo sposò moribondo, esausto anche di quei vent'anni di corrispondenza fittissima e pochi incontri rubati nelle città d'Europa dove si svagava l'annoiata castellana di Wierzgownia. Ma quando Balzac si decise a passare per la prima volta il Moncenisio madame Hanska non c'è. A Toiino, al grand hotel de L'Europe in piazza Castello si presenta il 30 luglio 1836con la giovane Caroline Marbouty vestita da uomo che spaccia per suo segretario. «Abbiamo un appartamento magnifico... la cosa è tanto più bella perché Balzac non ha un soldo - s'affretta a scrivere alla madre il sedicente Marcelle. A Torino è ricercato e adulato come una celebrità...». L'anno dopo, sia per affari che per sfuggire ai creditori, approda a Milano u 19 febbraio. Per giorni occupa le prime pagine dei giornali, all'albergo Bella Venezia in piazza San Fedele, piovono inviti da frivulzio e Archinto, Cicogna e Bolognini. Salotti liberali e filoaustriaci, borghesi e intellettuali se lo contendono, il trentanovenne già celebre per le Scene della vita di provìncia e perle raccolte pubblicate dall'editore Truffi, nel 1836, s'è vinche infiammato per Chiarina, una contessa assai mignon destando l'apprensione del caute Maffei più per convenienza sociale che per gelosia. Finché, il 20 marzo, l'incontro con Manzoni. Credendo di rivolgersi da collega a collega: «... parla come un mulino a vento. Si lamentò senza fine della contraffazione letteraria...», annota Cesare Cantù che in un'altra occasione lo sente lodare ì milanesi, «disinvolti senza preterizioni» ma criticare i loro «compassionevoli caffé e miserabili carrozze». A Venezia, fa di peggio. Ospite dei Mocenigo-Soranzo nel bel palazzo delle Procuratie Vecchie, mangia e beve con gusto, risponde con humor a domande banali su Chateaubriand e Lamantino, parla di esordi faticosi e di questioni letterarie e linguistiche. Finché «quando comparve l'Allesso, eccoti il nostro di oracolo dir di Manzoni che il tessuto del suo romanzo è fiacco, e che, debitore del buon successo alle attrattive dello stile, non regge la traduzione». A Milano, al ritorno, tira un'aria gelida e oltre alla stam- pa cattolica che si scaglia contro d'immorale libertino», arrivano due pamphlets ed è per calmare le acque o per ottenere un autografo per Eva che scrive un biglietto a Manzoni? La risposta non si è mai ritrovata. La simpatica canaglia dirà che qualcuno ha bruciato quel biglietto per «accendere il fuoco». L'anno dopo, nella primavera del 1838 il miraggio di sfruttare le scorie di piombo abbandonate in una mimerà sarda, di cui ha sentito parlare da un genovese, lo spinge alla «spedizione». Passeranno sette anni prima di ritrovarlo, per tre giorni, a Napoli, dove sistema madame Hanska per l'inverno. Si ricongiungeranno a Roma nell'aprile 1838. Roma resterà «uno dei ricordi più belli della sua vita», anche per 1 amicizia con il principe Michelangelo Caetani, un gran dantista con simpatie liberali e inclinazioni sociali che gli ha svelato «l'immenso enigma» di Dante. Balzac, che all'epoca ha già scritto un'ottantina di testi della sua Commedia, lo dice nella dedica al principe che compare nei Parenti poveri. Ed era la prima volta, in Italia, che faceva un chiaro riferimento alla Divina Commedia dantesca. Paola Decina Lombardi Balzac visto da Levine Qui a fianco Alessandro Manzoni: l'Incontro tra i due avvenne a Milano il 20 marzo 1837
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