Ora la Quercia si scopre «delusa e preoccupata»

Ora la Quercia si scopre «delusa e preoccupata» A BOTTEGHE OSCURE CÓ^NÓA L'AUTOCRITICA Ora la Quercia si scopre «delusa e preoccupata» Maria Teresa Meli UN risultato deludente di cui sarebbe sbagliato sottovalutare la portata politica e il .significalo». Contrordine compagni, non si può più fare finta di niente di fronte a quello che è successo il 13 giugno. Nel chiuso delle stanze, tra fidati diessini, sia Walter Veltroni che Massimo D'Alema cominciano finalmente a dire la verità. E la verità sta in quella frase: risultato «deludonte» da non «sottovalutare». Lo ripete il segretario, lo ribadisce il presidente del Consiglio. Entrambi tentano di trovare la via d'uscita: per il partito, per l'esecutivo, e per il centrosinistra tutto. Già, perché come spie-, ga il leader della Quercia nella riunione della segreteria, se non c'è la «svolta», c'è il rischio, assai concreto, che «alle prossime elezioni politiche si perda». Per scongiurare questa prospettiva, Massimo D'Alema ha già iniziato a corteggiare un gruppetto di vincitori e di sconfitti di queste elezioni. Il che significa tentare di riannodare il filo di un discorso con Umberto Bossi. Quindi riprendere il confronto con Fausto Bertinotti, nella convinzione che l'insuccesso elettorale abbia ridotto a più miti consigli il segretario del prc, il cui apporto, comunque, alle prossime politiche serve. E poi telefonate a Emma Bonino e persino a Marco Palmella, un tempo tanto odiato. L'obiettivo? Offrire alla prima un posto di rilievo in¬ ternazionale. O un ministero. Operazione più difficile questa, giacché fare un rimpasto adesso sarebbe assai rischioso (magari più in là, quando i rapporti nella maggioranza si saranno chiariti potrebbe addirittura tornare utile). Tant'è vero che anche l'addio di Antonio Bassolino al governo, concordato tra il presidente del Consiglio e il titolare del dicastero del Lavoro, avverrà tra un po', non in simultanea con la nomina del ministro delle Riforme. Ma avverrà, e il successore dovrà essere un personaggio in grado di fornire segnali rassicuranti, giacché la fase due del governo dovrà essere incentrata sull'occupazione. Posti di lavoro, e ancora posti di lavoro; anche ricorrendo al vocchio metodo del finanziamento pubblico delle grandi infrastnitture. ■ Di occupazione, del resto, si parla, anche in un altro palazzo, quello delle Botteghe Oscure, sebbene nella riunione di segreteria - aperta da Polena e chiusa da Veltroni - la preoccupazione dominante sia quella del partito. In quella riunione dove non si nascondono più né l'amarezza, né la paura, il leader, che dovrebbe incontrare Romano Prodi già domani, parla in termini di Ulivo 2, di una federazione a due gambe: i ds con il loro segretario, il centro con l'ex presidente del Consiglio. Ma per raggiungere questo scopo occorre dare una «carta d'identità» alla Quercia nel congresso che si terrà a gennaio-febbraio, probabilmente preceduto da una grande assemblea dei Ds. Sarà un congresso «fondativo» quello della Quercia, nel senso che non si eleggeranno organigrammi, ma si darà un nuovo volto al partito. Insomma, un'altra «svolta». Ce ni'è bisogno perché, come spiega in segreteria Marco Fumagalli «c'è un disincanto del popolo della sinistra di cui dobbiamo preoccuparci. Il modo in cui è nato il governo, la guerra, le oggettive condizioni sociali ed economiche hanno contribuito a questo disincanto». Situazione difficile, quindi, quella in cui si trova Veltroni, che deve traghettare i diessini in una nuova avventura con Prodi. Nella Quercia, di malanimo nei confronti dei Democratici ce n'è ancora, tant'è vero che ieri filtrava la voce che l'Asinelio, di suo, avrebbe preso solo lo 0,8 per cento, pescando il resto dagli altri partiti del centro sinistra. Ma anche chi, tempo fa, appariva scettico nei confronti dell'Ulivo, ora, dopo la flessione elettorale e il preoccupante campanello d'allarme di Bologna ha cambiato idea. E' il caso di Gavino Angius. Dopo aver spiegato che la Quercia «è stata "drogata" dalla grande forza della leadership di D'Alema», e che per questo motivo ha «curato poco» la «propria organizzazione e la propria funzione all'interno della società», il senatore diessino sposa la tesi del «nuovo Ulivo». Partendo invece da un altro esempio, quello di Bologna, il vice capogruppo dei deputati della sinistra Mauro Zani avverte: «Prodi non è un dato del destino, ma un fattore politico di primaria grandezza. In quest'ambito fini dobbiamo pòrci degli interrogativi scomodi che riguardano più i ds che l'Asinelio». Occupazione, congresso «fondativo», rilancio dell'azione di governo, i ds si leccano le ferite e tentano di risalire la china. E in questo contesto ha il sapore di una polemica antica quella innescata da Giorgio Napolitano che protesta per la mancata elezione di Biagio De Giovanni. Pietro Folena gli dà ragione e dice: «Dispiace che non vi sia stato l'impegno necessario per sostenere una candidatura di prestigio». Ma tutti, a Botteghe Oscure, sanno che il Pei di un tempo, quello in cui Roma decideva chi doveva essere eletto, non esiste più. Non può più esistere. Il problema è di «fondare» un partito nuovo per non andare incontro ad altre sconfitte. Veltroni parla di un «risultato che sarebbe sbagliato sottovalutare» «Senza una svolta c'è il rischio di perdere alle prossime politiche»

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