«Lo stress entra in cabina»

«Lo stress entra in cabina» L'INGORGO NEI CIELI VISTO DALLA PARTE DI UN ADDETTO Al LAVORI «Lo stress entra in cabina» Un pilota: disorganizzati troppi aeroporti intervista Daniela Daniela ROMA GIACOMO Semiglia, primo ufficiale, membro del dipartimento tecnico doll'Anpac, racconta come si vive questo situazione di continua emergenza in cabina di pilotaggio. «Il comandante si scusa per il ritardo...» è la frase che i passeggeri sentono con sempre maggior frequenza. Molti sono davvero arrabbiati. «E io sono più arrabbiato di tutti. Lavoro sul lungo raggio, dunque sulle rotte internazionali, e quando devi volare per ore e accumuli ritardi di... ore diventa, davvero, una faccenda molto fastidiosa». Come reagiscono i piloti? «I livelli di stress, a volte, raggiungono il limite. E'già accaduto, per esempio, che una volta sceso a terra piti d'un comandante abbia richiesto all'ufficio turni di essere sostituito da una riserva. I nostri piloti non sono certo degli irresponsabili e sanno molto bone fino a quando possono sostenere la condizione di stress in situazione di massima sicurezza per se stessi e per quanti sono a bordo». Ma perché avvengono tanti ritardi? «Il sistema non ò in grado di assorbire il traffico oltre una certa portata. Molti dei nodi aerei più importanti sono spesso sa¬ turati e se troppi voli insistono sullo stesso radiocontrollo, tanto per fare un esempio, non si può dare l'autorizzazione al passaggio. I controllori stessi, dunque, ritardano a catena i voli. E' vero che il nostro sistema di controllo è carente? «Beh, sicuramente ci sono zone, in Europa, che per regolamenti, apparecchiature, numero di personale, risultano meno penalizzate rispetto all'Italia. Insomma, alcuni sistemi di controllo di altri Paesi sono strutturati in un modo che permette di gestire una quantità di traffico superiore. L'Italia, poi, ò bene non dimenticarlo, anche in una condizione di pace è penalizzata su tutta l'area di NordEst, per via delle molte basi mi¬ litari». Nei ritardi sono coinvolte anche le società che gestiscono gli aeroporti? «Cosi pare. Mi si dice che manca il personale e mancano i mezzi. Ma, spesso, manca anche l'organizzazione. Il trasferimento dell'aeroporto di Monaco avvenne in un'ora. Il personale lavorava, simulando il lavoro naturalmente, nella nuova struttura già da settimane. Quando si aprì Malpcnsa, il personale fu mandato da Linate, dove peraltro si gestiva un traffico soprattutto nazionale, senza l'adeguata preparazione. Gli autisti dei mezzi a terra non conoscevano le dislocazioni delle aree di sosta...». Spesso i passeggeri trascendono e diventano maleducati. A volte, ha riferito qualcuno, anche violenti. Ma volare è sempre più difficile, oltre che certamente dispendioso e non soltanto dal punto di vista economico, ma soprattutto in termini di sfinimento psicofisico. Che fare per uscire, al più presto, da questa situazione? «Gli aeroporti vanno, senz'altro, riorganizzati. Il personale dev'essere in numero adeguato, ma soprattutto, deve avere la necessaria qualificazione: anche chi smista i bagagb dev'esserne fornito, perché non basta scaricare le valigie, occorre saper riconoscere le diverse destinazioni, saper leggere le etichette di servizio e via dicendo». I problemi, però, non sono soltanto a terra, non è vero? «Certo che no. La questione del controllo del traffico è fondamentale. Sulla professionalità dei nostri controllori di volo non si discute. Ma il personale è poco. E anche le strutture delle quali dispone devono essere adeguate in modo che gli spostamenti possano avvenire in modo più fluido. In conclusione: l'Europa ha ridistribuito i suoi spazi aerei, rispondendo alle esigenze di una domanda che continua a crescere. E noi, in terra e in volo, ci dobbiamo adeguare. Provvedendo alle opportune modifiche».

Persone citate: Daniela Daniela, Giacomo Semiglia

Luoghi citati: Europa, Italia, Monaco, Roma