«Attirati in una trappola» di Emanuele Novazio

«Attirati in una trappola» «Attirati in una trappola» Era italiano uno dei giornalisti assassinati dai cecchini serbi Emanuele Novazio BONN Lavoravano entrambi per «Stern», i due giornalisti uccisi domenica pomeriggio in un agguato a Dulje, una quarantina di chilometri a Sud di Pristina, nel Kosovo. Uno di loro, Gabriel Gruener, 35 anni, era nato a Bolzano e dal '91 si occupava di Balcani per il settimanale di Amburgo: ferito da alcuni colpi di fucilo automatico, è morto poche oro dopo all'ospedale di Skopje, in Macedonia. Il suo collega Vlk K Volker Kraemer, 56 anni, era fra i più noti fotografi tedeschi: lavorava per «Stern» da oltre trent'anni. A renderlo famoso erano stati i servizi sull'invasione sovietica della Cecoslovacchia, nel 1968, ma fra i suoi servizi migliori c'erano anche reportage pgsulla guerra in Eritrea e in altre zone di crisi, dalla Turchia al Sudafrica al Caucaso sovietico. Entrambi erano considerati esperti del rischio ma, raccontano i colleghi, badavano a non esporsi a pericoli inutili. Si muovevano sempre con grande professionalità: sono caduti vittima di cecchino serbo, di un gruppo paramilitare in fuga dal Kosovo, o di una vera e propria imboscata tesa da qualcuno che - secondo voci non confermate rimbalzate ieri a Bonn - li avrebbe attirati con la promessa di farli fotografare per primi una fossa comune di kosovari albanesi? Di certo, per ora, si sa soltanto che al momento dell'agguato Kraemer e Gruener si stavano spostando da Prizren, dove si trova il quartiere generale delle truppe tedesche, verso Skopje, dove avrebbero dovuto spedire al giornale il servizio appena realizzato sull'ingresso in Kosovo del contingente di Bonn. I colpi di fucile, secondo fonti militari, sarebbero stati sparati da una grande distanza: ma molti sono ancora i punti oscuri di una vicenda che ha sconvolto il prestigioso settimanale e la Germania. C'è confusione anche su una possibile terza vittima: in un primo momento lo autorità militari tedesche nel Kosovo avevano comunicato cho un altro giornalista ora stato ucciso subito dopo aver passato il confino fra la Macedonia e il Kosovo nella zona di Totovo; in seguito avevano precisato che si trattava semplicemente di «un iil i civile» in compagnia dei due reporter e che forse faceva loro da guida, ancora una volta senza precisarne l'identità nò la na/.ionalità. In serata, anche questa seconda versione è slata smentita: la situazione sul terreno è ancora «troppo confu sa» e non tutte le informazioni possono essere controllate, spiega un comunicato del ministero della Difesa di Bonn. In seguito alla morte dei due reporter, il governo federale ha invitato i giornalisti al seguito delle truppe tedesche a non avventurarsi senza protezione nella regione, e a non allontanarsi dal convoglio della «Bundeswehr». Ma a Vienna un portavoce dell'Osce, Freimut Duve, ha proposto di istituire un «distintivo di protezione» por i giornalisti impegnati nelle zone di guerra - lo stesso già distribuito ai volontari della Croce Rossa Internazionale - per «equiparare a una violazione della Convenzione di Ginevra» l'attacco a un rappresentante dei mass media. Sono sempre più numerosi i giornalisti uccisi in zone di crisi: nel '98 sono stati cinquanta. Dal '79, sono 8 i tedeschi caduti mentre svolgevano il loro lavoro di corripondenti di guerra: in Serbia, fra i curdi nell'Iraq del Nord, in Somalia, in Libano e in Uganda. I colleghi: «Erano esperti del rischio ma attenti a non esporsi troppo» Bonn smentisce la morte di un terzo reporter

Persone citate: Freimut Duve, Gabriel Gruener, Gruener, Kraemer, Stern, Vlk K, Volker Kraemer