Fini si dimette, poi resta. Ma An è ferita di Aldo Cazzullo

Fini si dimette, poi resta. Ma An è ferita Drammatica riunione dell'esecutivo del partito. La «verifica» decisiva rinviata a domani Fini si dimette, poi resta. Ma An è ferita Gasparri: «Dobbiamo cambiare la linea, non il capo» Aldo Cazzullo ROMA Quando, alle 8, Adolfo Tirso gli telefona a casa; Fini è già da mezz'ora davanti al televideo. «Gianfranco, vado a Uno Mattina. Che devo dire?». «E che vuoi dire, Adolfo? Che abbiamo perso». Poi chiama la Poli Bortone: «Scusa Gianfranco, sento parlare di una riunione dell'esecutivo per il pomeriggio, ma non potrò esserci». «Non ti preoccupare Adriana, ti dò la notizia in anteprima: mi dimetto». «Abbiamo subito una sconfitta netta e inequivocabile. E la responsabilità è innanzitutto mia. Sarebbe vile dire il contrario. In questi anni la mia posizione al vertice del partito mi ha dato grandi onori. Adesso ini toccano gli oneri. Per questo ho deciso di lasciare». Alle 14, in via della Scrofa 39, Fini apre così l'esecutivo di Alleanza nazionale. «Continuo a ritenere che l'alleanza con l'Elefante fosse giusta, (ili elettori, però, hanno valutato diversamente. E sono loro che decidono. Di me, invece, deciderà il partito». E' stato quasi un coro: «No, Gianfranco, non puoi farlo». Altero Matteoli, responsabile dell'organizzazione: «Tra dieci giorni ci sono i ballottaggi. Mettere in discussione la tua leadership adesso significa indebolirci ulteriormente e disorientare le strutture locali del partito». Maurizio Gasparri, polista fron¬ dista: «Sai bene che l'assemblea nazionale respingerebbe le tue dimissioni. La tua persona è un valore aggiunto che non possiamo permetterci non dico di perdere, ma di mettere in discussione. Da cambiare non è il capo, ma la linea: basta accordi con Taradash, basta leggi Simeone, basta polemiche con Berlusconi. E basta con questa storia delle primarie». Giulio Maceratini, capogruppo al Senato (e altro polista): «Per cortesia: evitiamo sceneggiate. Hai diritto di essere amareggiato, ma devi sacrificare i tuoi sentimenti agli interessi del partito». Restano vuote le sedie di Ignazio La Russa, Mirko Tremaglia, Domenico Fisichella; tace Adolfo Urso, ancora offeso per le ironie freudiane di Forza Italia (e alcuni suoi colleghi) sulla proboscide dell'Elefante, di cui à stato sostenitore. Dilaga invece un altro fautore dell'intesa con Segni (che ha unito i «liberali» di An con la destra sociale, in contrapposizione ai filoberlusconiani), Francesco Storace, per l'occasione in girocollo nero: «La linea non era sbagliata, a Roma siamo andati bene e Mariotto ha preso una marea di preferenze. La sfida a Forza Italia non finisce qui». Gustavo Selva, capogruppo alla Camera: «No, il voto di ieri indica che là leadership di Berlusconi non è in discussione. Ma pure che la nostra intuizione di andare oltre il Polo è corretta. Per questo le tue dimissioni, Gianfranco, suonerebbero come la sconfessione di una strategia che invece rimane valida». An- che Publio Fiori e Gianni Alemanno pregano il presidente di restare. Unico contrario, l'inevitabile Teodoro Buontempo. Fini acconsente: il testo della dichiarazione viene corretto, sparisce la parola «dimissioni», per domani è convocata la direzione, allargata ai gruppi parlamentari, per «verificare se esistono le condizioni di fiducia personale o il consenso sulla linea politica». Ai cronisti si consegna un Fini che pure nell'ora della sconfitta tiene a distinguere tra la reazione umana e la riflessione politica. «Ringrazio Segni e Taradash per la loro lealtà. I voti delle amministrative, dove non c'erano liste comuni con l'Elefante, diranno se l'alleanza ci ha nuociuto. Io resto convinto che la scelta fosse giusta. Non sono uno che cambia idea in fretta. E non sono neppure un uomo per tutte le stagioni. Si, ho letto l'editoriale della Stampa, in cui si spiega la sconfitta con la frattura con Berlusconi e la scolorii ura della nostra identità. Noi siamo la destra, ma la destra non è un recinto. An è nata cosi, aggregando ai missini i moderati. Non sarò io a guidare il ritorno all'Ancien Regime, all'era pre-Fiuggi. La Bonino? Svanito il fascino perverso della Lega, è stata percepita come l'unica alternativa ai due poli. Gli spot di Berlusconi? Gli errori dei militanti che hanno votato la Fiamma di Hauti? Dati marginali. Le grandi vittorie e le grandi sconfitte non si costruiscono con l'organizzazione, ma con i messaggi politici. 11 nostro non era chiaro. O forse non è stato ben recepito. Ringrazio anche i membri dell'esecutivo, che mi hanno manifestato la loro solidarietà. Ma un partito non si guida con le mozioni degli affetti. In certi momenti è più difficile continuare che abbandonare; poi però pensi ai tanti che ti hanno doto fiducia, e ai ballottaggi. Mercoledì vedrò se ci sono le condizioni per andare avanti. Dimissioni? Si usi pure quella parola; non mi spaventa». LA LENTA mi VOTANTI POUTICHE %DJVOTANTI '96 *M '94 90,1 '92 87,4 '87 88,9 '83 89 79 90,6 '76 93,4 EUROPEE %DIVOTANTI '99 70,8 '94 74,6 '89 81,4 '84 84,1 '79 88,1

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