La Nato sotto il fuoco dei cecchini di Giuseppe Zaccaria

La Nato sotto il fuoco dei cecchini All'insegna della tensione la missione di pace. I russi bloccano i francesi all'aeroporto La Nato sotto il fuoco dei cecchini Muoiono due giornalisti tedeschi, uccisi sei serbi Giuseppe Zaccaria invialo a BELGRADO La tregua è durata appena ventiquattrore. L'ingresso delle truppe Nato in Kosovo s'è appena iniziato e già questa «pace fredda» conta i primi morti: due giornalisti tedeschi uccisi da cecchini a Pristina e sei serbi vittime di scontri con la Nato e di una vendetta albanese che nessuno sembra ancora in grado di fermare. Mentre lungo la via del ritiro continuano a bruciare le case (anche a Pristina, ieri, sono state date alle fiamme una scuola e il segretariato della moschea) apriamo oggi la prima pagina di un diario che purtroppo sarà molto lungo. Un poliziotto serbo ucciso nel centro di Pristina da un paracadutista inglese, tre soldati di Belgrado ed un civile eliminati nel sobborgo di Via!je vo da cecchini dell' U ck, altri cinque militari jugoslavi fra cui un generale rapiti a Stimlje, un villaggio a Sud, un morto ed un ferito a Prizren in uno scontro fra estremisti serbi e soldati del contingente tedesco. Purtroppo, siamo ancora alle prime avvisaglie di uno scontro destinato a farsi sempre più duro. La prova più. (ufficile di questa missione, il momento della verità s'approssima sempre più: mentre continua a ritirare le sue truppe (ormai sono 11 mila i soldati usciti dal Kosovo) Belgrado chiede alla comunità internazionale di applicare gli accordi e di iniziare subito il disarmo dell'Uck. E al tempo stesso il capo dell'esercito jugoslavo minaccia di far tornare le truppe in Kosovo. La prima vittima della «missione di pace» si chiamava Veselin Jovanovic, era un giovane riservista, doveva essere uno di quei serbi che non si sono ancora rassegnati e minacciano di morte chiunque incontrino. Era in bor: ghese, maglietta e giubbetto jeans, secondo le fonti serbe aveva appena riconsegnato armi e divisa ma si era tenuto una pistola: Un drappello inglese del primo reggimento dei paradacutisti l'ha fermato a bordo della sua auto a ridosso dell'università, sembra che lui abbia reagito tirando fuori l'arma e cominciando a sparare. I serbi dicono che si sfogasse imprecando e sparando in aria, gli inglesi che invece li avesse prosi di mira e per sei volte non avesse dato escono all'intimazione di fermarsi. Non c'è stato altro tempo per discutere, ma adesso intorno al corpo della prima vittima della pace si scatena una polemica che porterà lontano. L'esodo dei serbi continua, tutti i valichi a Nord e ad Ovest del Kosovo sono invasi da automobili e trattori che trasportano i coloni fuori dalla regione. Molti erano già scappati dalla Krajina, quattro anni fa. Ed anche se adesso non si ripetono le scene di allora - quando 200 mila persone fuggirono tutte assieme all'avanzata dell'esercito croato. - l'ennesima migrazione dei serbi comincia egualmente ad assumere dimensioni preoccupanti. Si calcola che sui 100 mila orto¬ dossi rimasti in Kosovo almeno 40 mila abbiano varcato negli ultimi tre giorni le frontiere verso Serbia e Montenegro, dove la questione dei rifugiati assume nuovamente tinte drammatiche. il dislocamento delie truppe Nato continua a svolgersi con molta lentezza, i ponti e le strade distrutti dalle incursioni aeree rendono difficili gli spostamenti dei convogli. Anche le carte militari non devono essere molto aggiornate: ieri per esempio i «para» inglesi hanno organizzato la spettacolare occupazione in stile «Platoon» di un parco semicentrale pieno di cartacce ed abitato solo da zingari, mentre nel sobborgo di Vraljevo (da sempre dominio dell'Uck) cominciavano a scatenarsi le vendette. Questo mentre da Ti- rana il portavoce dell'Uck Krasniqi dice che l'Esercito di liberazione non verrà smilitarizzato ma dovrà diventare un esercito regolare. Due giorni prima che cominciassero i bombardamenti, proprio a Vraljevo i guerriglieri albanesi avevano ucciso quattro poliziotti jugoslavi. Con le incursioni Nato la rabbia serba si era abbattuta anzitutto su quel sobborgo provocando i primi esodi di massa. Ieri la spirale delle ritorsioni è ripresa: quattro serbi -tre soldati e un civile che era vicino a loro - uccisi prima ancora di potersene andare. Il quartiere, molto simile ad una «bidonville», sorge ai limiti estremi della città, confina con fìtti boschi nei quali i guerriglieri trovano facile riparo. Anche per la Nato ora stanarli sarà difficile. Adem Demaqi, il solo leader albanese rimasto in città, prevede tempi cupi: «La presenza dei soldati russi - dice - rischia di complicare le cose, di riproporre l'immagine di una Nato dalla parte degli albanesi e di soldati di Mosca giunti fin qui per garantire i serbi. In queste condizioni sarà più difficile convincere l'Uck a lasciarsi disarmare...». Mentre Belgrado protesta e prepara iniziative presso le Nazioni Unite, l'Uck riprende ad uccidere senza curarsi della tregua assicurata dal suo leader, Hashim Thaqi. Sarà estremamente difficile fermare questa faida, fra i guerriglieri albanesi le fazioni sono almeno quattro, e moltissimi gruppi si muovono autonomamente in un'attività sempre al confine fra lotta politica e vendetta personale. A Pristina l'acqua continua a scarseggiare, i tecnici non possono intervenire sugli approvvigionamenti perché nei pressi del lago di Balcava, nel territorio di Poduievo, cecchini continuano a prendere di mira da un bosco chiunque si avvicini agli impianti. Gli allarmi e le violenze si moltiplicano, ieri il patriarca Artemje ha denunciato perfino l'aggressione contro un prete ortodosso. Anche a Prizren, mentre cominciava a fare buio i soldati del contingente tedesco si sono scontrati con due irriducibUi. Poco prima, i soldati della Bundeswehr erano dovuti intervenire per impedire lo scontro fra un reparto militare che si ritirava ed un grappo di albane¬ si che l'aveva circondato. Un'ora più tardi, nel centro della città, nei pressi dell'ufficio postale da un'auto gialla qualcuno ha cominciato a sparare in direzione dei blindati con le insegne della «Kfor». I tedeschi hanno risposto al fuoco, un giovane serbo è rimasto ucciso ed un altro è in fin di vita, un soldato tedesco è rimasto ferito a un braccio. Nell'auto è stato trovato un «Kalashnikov», uno dei migliaia di mitragliatori rimasti in possesso della popolazione civile. A Pristina sono stati uccisi due giornalisti tedeschi, dei quali non sono ancora stati forniti i nomi, probabilmente da cecclùni, mentre erano al seguito del contingente canadese. In quest'atmosfera di guerriglia, il problema del reparto russo che ha preso possesso dell'aeroporto di Slatina continua a creare tensioni, anche se le fonti politiche continuano a sdrammatizzare. Dopo aver bloccato l'altra sera i paracadutisti britannici, ieri i russi hanno impedito il passaggio anche a un reparto francese ed il lungo parlamentare fra comandanti non ha sbloccato la situazione. Da Mosca, nei lunghi colloqui clic entro la prossima settimana dovrebbero stabilire limiti e competenze del contingente russo, una dichiarazione del vicesegretario Usa Strobe Talbott tratteggia un futuro complesso. I russi, dice Talbott, potrebbero anche ottenere una «zona di responsabilità»: definizione eufemistica per indicare una sorta di protettorato. A Pristina, i para britannici ammazzano un civile armato Una pioggia di proiettili accoglie i tedeschi a Prizren La Bundeswehr risponde: colpito a morte un serbo Ferito a un braccio un soldato tedesco Un militare serbo aggredito ieri da civili dt etnia albanese nella città di Prizren, nel Sud del Kosovo Nella foto grande, il corpo del serbo ucciso a Pristina dai paracadutisti inglesi

Persone citate: Adem, Hashim Thaqi, Jovanovic, Krasniqi, Strobe Talbott, Talbott