Clinton-Eltsin: alla fine ci accorderemo
Clinton-Eltsin: alla fine ci accorderemo Una settimana di tempo per risolvere il nodo del comando unico. Vertice Usa-Russia al G8 Clinton-Eltsin: alla fine ci accorderemo Talbott a Mosca-, collaboriamo Giulietta Chiesa corrispondente da MOSCA Strobe Talbott, il vice segretario di Stato americano, ha dormito male ieri notte nel Grand Hotel Marriott. L'infausta giornata di sabato è stata seguita da una notte piena di squilli. Non di trombe, anche se i russi le hanno suonate, ma di telefonate. E ieri mattina si è presentato al round dei colloqui con il collega Ivanov e il generale 1 .conici Ivashov, con una buona notizia: va bene, ragazzi, vi diamo una zona in Kosovo, dove avrete una «responsabilità chiara e visibile». Cosa significhi ancora non si sa. Ivashov, che è stato uno dei protagonisti del grande colpo di teatro che ha portato i russi in Kosovo prima della Nato, non ha fatto grandi pieghe. Ai giornalisti ha detto che la Russia ha presentato delle proposte agli americani, su cui attende «risposta entro martedì prossimo». Si vedrà. 11 codimento americano al colpo di mano russo è un fatto, ma a Washington e Londra, specialmente, il boccone ò ancoro fermo in mezzo alla gola. La signora Albrìght, da lontano, ha dato la sua interpretazione: escluso in ogni modo «un settore militare russo in Kosovo». Si metteranno d'accordo Albright e Talbott? E Clinton, che ieri ha discusso per un'ora al telefono con Boris Eltsin, si presume che abbia messo a punto le nuove condizioni per un do ut des, cioè: cosa mi dai e cosa ti darò. Con un piccolo dettaglio nuovo: che i paracadutisti russi a Pristina hanno messo una certa ipoteca anche su quello che Boris Eltsin può dare a Bill Clinton, almeno nell'immediato futuro. E, poiché Clinton non è stato «lotto per fare il benefattore, anche quello che concederà dovrebbe modificarsi di conseguenza. Insomma tutto è molto aperto e non sembra si chiuderà presto. Anche Ivanov ha dormito male. Ieri ha fatto una gran fatica a convincere i giornalisti che sabato mattina alle cinque non era stato tagliato fuori da ogni informazione. Solo un pochino. Ivashov, poco distante, sorrìdeva con sufficienza. Lui, di certo, non era all'oscuro. E poi, adesso, anche Eltsin ha dato la sua benedizione ufficiale, dunque si va avanti così, mentre l'uomo della strada, giovane o vecchio, esulta. Non tutti capiscono tutto, s'intende, ma tutti hanno capito che qualcuno, a Mosca, ha deciso di «fargliela vedere» agli americani. E questo piace molto, anche se poi verrà il conto da pagare e non si sa quanto la bolletta sarà cara. Non tutti sembrano ancora aver capito, a Mosca, che le ultime 48 ore sono state molto delicate, forse estremamente delicate. In questo ponte di festa (l'indipendenza della Russia da se stessa) non sono usciti i giornali. Vedremo oggi se la reazione di malcelata soddisfazione che sprizzava perfino dalle facce dei conduttori televisivi (sebbene siano tutti molto attenti, per ora, a non sbilanciarsi) si trasferirà anche sulle pagine dei quotidiani. Ma i generali sono gli eroi del giorno e non sarà possibile nasconderlo. E sembra ormai necessario tenere conto che le carte del mazzo sono state rimescolate e un'altra partita è cominciata, non tanto tra Russia e occidente, quanto all'interno della Russia. Magari non succederà niente, nell'immediato, ma la guerra di Jugoslavia non ha prodotto macerie soltanto a Belgrado. Ieri Clinton e Eltsin si sono dati un altro appuntamento telefonico per stamattina. Per «approfondire» le questioni, dice il portavoce russo. Significa che ci sono molte zone di disaccordo, che Clinton - più di Eltsin, sembra - vuole eliminare prima del G-8 di Colonia. Perché se si scoprisse a Colonia che tra la Russia e gli Stati Uniti il buco è grande come i 400 chilometri percorsi dai para russi dalla Bosnia a Prìstina, allora il Presidente americano dovrebbe spiegare ai suoi elettori, ai senatori repubblicani e agli europei, se anche quel buco fa parte della vittoria su Milosevic. Ma Boris Eltsin a Colonia ci andrà soltanto l'ultimo giorno, domenica 20 giugno, quando tutti i documenti saranno già stati firmati e le discussioni più importanti saranno già concluse. A rappresentarlo nei primi due giorni manderà il premier Stepashin. Arriverà alia fine, per mostrare ai sei vincitori della Nato che al comando della Russia, nonostante tutto, c'è ancora lui. Nella speranza che ci credano. Il ministro degli Esteri Ivanov: «I generali m'avevano informato» Ma il ministro della Difesa Ivashov sorrìde alle sue spalle Il vice segretario di Stato americano Strobe Talbott (con gli occhiali) ed il ministro degli Esteri russo Igor Ivanov
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