Parte male l'Elefantino di Fini e Segni

Parte male l'Elefantino di Fini e Segni L'accordo elettorale con il Patto e la sfida al Cavaliere non hanno portato alla vittoria Parte male l'Elefantino di Fini e Segni // leader: non è andata bene, ma non drammatizziamo Aldo Cantillo róma" «E se portasse suga davvero?», sorrìdo amaro il senatore Giuseppe Basini, già rappresentante di An noi comitato referendario. «Di franto a certe cose non c'è analisi politica che tenga», risponde Gianni Alemanno, fautore delle liste comuni con Mario Segni. Poi arriva la prima proiezione a togliere ai dirigenti di Alleanza nazionale la voglia di scherzare: 11%, minimo storico. Gelo nella sede della federazione romana, via Po 44, studio del capo, Francesco Storace (quella nazionale di via della Scrofa è deserta). «Nel Polo nulla sarà come prima. E' finita come coi tedeschi nella campagna di Grecia: hanno vinto solo i nostri alleati», incalza masochista Basini. Resta il dubbio di un errori: Abacus. I precedenti lasciano sperare. Ma la seconda proiezione è una mazzata: 10,5. Poi si risalo all'I 1,2: troppo poco. L'apertura ai moderati, la sfida a Berlusconi, l'intesa con il Patto Segni sono fallite. Tacciono il leader refendario e il presidente di An, memori della beffa del 18 aprile. Fini telefona ai suoi (quando ancora gli exit-polis gli attribuiscono un paio di punti in più): «Sono tranquillo. Certo, non è andata bene. Ma non drammatizziamo. La sinistra è battuta in tutta Europa, in Italia la sconfitta del centro è più netta del previsto e rende il bipolarismo irreversibile. Domani ne discuteremo al partito» (sarà una consultazione informale, la riunione dell'esecutivo è prevista più avanti, forse martedì). Ma già Maurizio Gasparri va all'attacco: «L'alleanza con Segni non è stata accettata dagli elettori, quindi è un errore da correggere. Con Berlusconi, poi, abbiamo polemizzato troppo; e le discussioni non ci hanno giovato, se i 4 punti di distacco da Forza Italia sono diventati 15. Possiamo uscirne solo con una linea polista e una maggior caratterizzazione a destra del par¬ tito. Con la legge Simeone e la candidatura Taradash non si va avanti». Storace tenta di rincuorare i militanti con le disgrazie altrui: «D'Alema voleva accreditarsi come lo statista della pace. Prima che con Milosevic, però, avrebbe dovuto farla con gh elettori. E i partiti di centro hanno il 10% in 15», sogghigna. Poi si fa serio: «Abbiamo sbagliato a rimpicciolire la fiamma nel simbolo. Mi segnalano una marea di voti al partito di Rauti, con pre¬ ferenza a Fini: sono i nostri che si sono sbagliati». L'inviato del Tgl si collega con Botteghe Oscure: «Per ora, massimo riserbo». «Servo sino alla fine», chiosa Storace. Le telocamere inquadrano i manifesti leghisti: «Basta tasse». «E basta voti», aggiunge lui. Anche per Bertinotti non è una grande notte: «Che botta Rifondazione...sono gli effetti del terrorismo». Sullo schermo appare il volto rilassato di Casini: «Che cosa avrà da ridere quello?». «Il suo datore di lavoro ha vinto», sibila Alemanno. Ma è il tonfo dei popolari a solleticare il sarcasmo di Storace: «Addio Mattarella, addio Marini... e l'ultimo chiuda la porta». Danzano i sostenitori della Bonino: «Abbiamo puntato sul radicale sbagliato», sorride il «federale», alludendo a Marco Taradash. Che al telefono non dissimula la delusione: «Certo il fenomeno Emma ha inciso, ma i suoi voti non arrivano mica tutti da An... un risultato così negativo era imprevedibile, l'alleanza non ha funzionato». «La lista Bonino, presidenzialista, liberista, favorevole al maggiorìtario, ci ha tagliato l'erba sotto i piedi - sostiene Adolfo Ureo -. Credo però che le amministrative ne ridimensioneranno il successo. Per noi resta questo dato negativo, che ci riporta alle Europee '94, quando prima della scissione Rauti prendemmo il 12%». «E pensare che Pedrizzi (senatore di An tenacemente antiabortista, nda) ha passato un anno a linciare la Bonino», si dispera Storace. Volti euforici a Mediaset: «Ce lo dicevamo venerdì sera con Gianfranco - confida il responsabile della campagna di Fini, Michele Baldi -: se avesse lui le tv e i giornali di Berlusconi saremmo il primo partito». «I soldi in politica contano, eccome - aggiunge Storace -. Senza tv non si può fare campagna. I nostri voti li abbiamo messi assieme solo con i comizi: Gianfranco si è fatto trentamila chilometri. Questo risultato, in assenza di informazione, è un miracolo. L'apporto di Segni? Aspettiamo i dati sulle preferenze. Se sono molte, vorrà dire che l'operazione non è andata male. E i primi dati di Roma parlano di un successo di Mariotto. A proposito: nella capitale ci confermiamo primo partito, sopra il 23%. Tutto a noi, tocca fare... L'importante è che il centrismo è spappolato: qualsiasi alternativa alla sinistra passa da An. Non ci rimetteranno mai più nell'angolo. E restiamo pur sempre il terzo partito. Oddio...siamo ancora il terzo partito?». Storace: sbagliato rimpicciolire la fiamma nel nostro simbolo «Se Gianfranco avesse le tv di Berlusconi saremmo primi» fi Il leader del Patto, Mario Segni e I presidente di An Gianfranco Fini

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