Etica del non-voto
Etica del non-voto Etica del non-voto Leonardo Zega ■ SI possono addurre mille ragioni più una per giustificare l'indifferenza, la frustrazione, l'indignazione nel migliore dei casi che sembrano preludere a una valanga di astensioni nelle elezioni europee di oggi. Io stesso, per la prima volta, mi sono trovato di fronte alla domanda: ma ne vale la pena e, se sì, per chi? Forse alla fine non ci sarà la catastrofe annunciata e gli italiani saranno più saggi di chi presume di interpretare, spesso strumentalizzandoli, i loro sentimenti. Tuttavia, una riflessione sulla moralità - o meglio l'immoralità - del nonvoto, credo la si debba fare. Il discernimento, che comporta lo sforzo di informarsi e di valutare con attenzione i prò e i contro prima di decidere, in questo caso è una virtù necessaria. Nessuna delle motivazioni che si adducono per defilarsi, e neppure il loro cumulo, consente infatti di concludere a cuor leggero per il no. Diceva già Churchill che la democrazia è lungi dall'essere perfetta, ma bisogna tenersela perché non esiste un sistema migliore. L'immoralità del non-voto consiste, a mio avviso, soprattutto in questo: mentre si pretende un'impossibile perfezione, ci si rifiuta di partecipare al travaglio della crescita e della maturazione del Paese. La nostra democrazia, fragile e incompiuta, piena di falle, è pur sempre meglio di qualsiasi dittatura; storicamente carica di errori, essa ha però sostanzialmente garantito le nostre libertà fondamentali. Dimenticarlo è quasi un suicidio collettivo premeditato. D'altro canto, si chiede di accelerare il processo di rinnovamento e di riforma, ma invece di battersi in prima linea (e il voto libero e consapevole è l'arma più efficace di cui disponiamo) ci si rifugia nelle retrovie, dove molto si mugugna sul passato ma poco o nulla si fa per il presente e per il futuro. Che cosa c'entra l'Europa in tutto questo? C'entra moltissimo, se solo ci guardiamo attorno. Il «nuovo» che si sta delineando, sia pure tra tante incertezze, sta nell'unione degli sforzi, nel superamento dei particolarismi. Ci siamo dissanguati per l'euro, noi italiani che siamo sempre stati i più entusiasti fautori dell'unione europea; adesso che ci siamo, vogliamo e dobbiamo contare di più: per risolvere i nostri problemi e offrire il giusto contributo al bene di tutti i popoli fratelli. Non è vero che l'Europa è solo la mo neta, che anzi va presto superata verso un'unità politica e sociale dove tro¬ vino posto i problemi che più ci affliggono: dalla disoccupazione alla libera espansione dell'impresa, dalla scuola alla giustizia, alla lotta alla criminalità, al risorgente terrorismo. La pace nei Balcani appena raggiunta è un segnale di speranza. E' stata per tutti una prova difficile, mn è servita a far maturare l'Europa che da oggi non sarà più quella di prima, di solo tre mesi fa. Sarà migliore, più unita e solidale. Stiamo solo attenti: al Parlamento europeo bisogna mandare persone all'altezza del compito. Il vantaggio del proporzionale, sistema pessimo sotto molti aspetti (basti pensare alla molteplicità dei partiti), sta nella possibilità che offre di scegliere il nome giusto per il posto giusto. E' un diritto-dovere di cui dobbiamo valerci fino in fondo, votando e votando bene.
Persone citate: Churchill, Leonardo Zega
Luoghi citati: Europa
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