Barbareschi: Salieri, il cattivo che c'è in me

Barbareschi: Salieri, il cattivo che c'è in me Incontro con l'attore che porta «Amadeus» a teatro con la regìa di Roman Polanski Barbareschi: Salieri, il cattivo che c'è in me Simonetta Roblony ROMA Luca Barbareschi ha incontrato Polanski quand'era sulla neve, a sciare, quest'inverno. Si sono parlati, si sono piaciuti, si sono confidati i reciproci progetti ed è nato un accordo: Polanski curerà la regia teatrale di «Amadeus», il testo di Peter Shaffer portato al cinema da Milos Forman, in cui Barbareschi sarà Salieri mentre per Mozart sono tuttora in corso le ricerche. Due mesi al Manzoni di Milano da ottobre, poi un giro per il nord, e l'anno prossimo due mesi a Roma, e poi un giro per il sud. A firmare scene e costuni la grande Milena Canonero. Figura anomala dello spettacolo italiano, Luca Barbareschi, per vocazione culturale il più «yankee» dei nostri uomini di teatro, festeggia i 25 anni di attività professionale. E lo fa alla grande. Con una lunghissima serie di proposte che lo vedono nella doppia veste di attore-regista e imprenditore-promotore, con, o senza, la sua Casanova Entertainment, la società con cui produce fiin* e spettacoli, La sua relazione con Lucrezia Lante della Rovere è finita. Le tre figlie sono diventate adolescenti. Lui non si scinte più un giovane esordiente arrabbiato e fa i bilanci. «E' un momento particolare della mia attività: ormai sono di nuovo solo e da solo ho deciso di rischiare in proprio. So che finirò in un mare di debiti, ma, ogni tanto, bisogna avere il coraggio di buttarsi. E io ce l'ho». Luca Barbareschi ha messo in piedi un'operazione dalla quale dovrebbero nascere in futuro due compagnie teatrali autonome: una che porti in giro per l'Italia «Pop-corn» di Ben Elton, messa in scena da lui in primavera al «Quirino» di Roma; l'altra che riproponga «Harry and me» di Nigel Williams, quello di «Nemico di classe» che lui intende sperimentare con Chiara Noschese in fine stagione, al Parioli di Costanzo. «Vorrei tornare all'antica maniera quando le compagnie si facevano il repertorio. E cosi, mentre con i miei 23 attori vado in scena con 1' «Amadeus» di Polanski, provo altri due spettacoli che, poi, potrebbero marciare da soh, senza di me». Stessa napoleonica furia creativa Barbareschi la mette nel cinema dove, da semplice attore, ha appena finito di girare il miliardario film d'avventura «Il figlio dei francesi» di Gerard Lauzier, accanto a Fanny Ardimi, e Josienne Balasko, e dove, da attore produttore e altro, sta preparando «Il trasformista», satira anti-ulivista sull'Italia politica, mentre ha posto una opzione per il nuovo libro di Marai, romanzo da «resa dei conti» su Giacomo Casanova. «E' una vita che inseguo il sogno di fare Casanova tanto che la mia casa di produzione l'ho intitolata a lui: questo romanzo non potevo lasciarmelo sfuggire», ammette. Cos'è, l'affascina la sua fama di donnaiolo? «Ma no. Casanova era un libertino ma soprattutto un libertario», Ci si identifica? «Mi piacerebbe». Niente tv, inve¬ ce, nel futuro immediato per lui, che pure, anni fa, a Mediaset, inaugurò l'orrido filone dei litigi tra coniugi con «C'eravamo tanto amati» e dove, l'anno scorso, sulla Rai è stato protagonista della fiction «Trenta righe per un delitto», nei panni di un cronista di nera. Non è un caso, pero: è strategia. Stategia da imprenditore di se stesso che Barbareschi spiega con ragionieristica chiarezza. «La tvgeneralista è agonizzante. Che me ne importa, a me, di ossei- visto da milioni di italiani se poi, questi italiani, sono per lo più vecchi pensionati che a teatro non vanno perché non hanno nè i soldi nò la voglia? Meglio tre puntate di «Mai dire goal» o sei apparizioni su MTV, almeno là mi guardano i ragazzi che poi possono venire a vedere un mio spettacolo o un mio film». «Ho anche comprato i diritti del nuovo romanzo di Marni su Casanova» Luca Barbareschi: nei suoi progetti niente televisione

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