«Sono solo una vittima» di Marco Accossato
«Sono solo una vittima» «Sono solo una vittima» «E mi descrivono come carnefice» Marco Accossato TORINO LA cella di Vito Di Cosmo è buia, illuminata solo dai bagliori del piccolo televisore a colori. Lui, l'uomo che ha venduto un rene per sfuggire agli usurai, e, per sfuggire agh usurai dopo aver perso tutto al gioco, ha tentato anche di estorcere centinaia di milioni all'azienda Ferrerò, adesso è una persona distrutta. Fuma una sigaretta dopo l'altra, ha gli occhi lucidi, le numi che tremano. «Dormo poco, prendo il Tavor». Camicia grigia, pantaloni scuri e mocassini neri, racconta l'inferno là dentro al professor Alessandro Meluzzi, psichiatra, parlamentare, capolista alle elezioni europee per Rinnovamento italiano, che ieri ha potuto varcare le porte del carcere di Biella dove da tre mesi Di Cosmo vive. Sfoglia le foto di. famiglia, quest'uomo piegato. Ha perso 14 chili da quando fra lui e il mondo ci sono quelle sbarre. No, non è mai uscito dalla sua cella a metà corridoio per fare l'ora d'aria, «per non avere contatti con illegalità vera», dice. E non ha mai neppure voluto che la moglie, la figlia, e il fidanzato della figlia lo vedessero così, in quelle condizioni che non si possono più chiamare vita. Soffre di angina, ma non ha ancora mai chiesto di essere visitato da un cardiologo: «La cosa che non dimenticherò mai - sussurra - è che mi hanno arrestato nel giorno in cui mia moglie, professoressa, era a un convegno sulla legalità». Non c'è solo Di Cosmo in quella cella di pochi metri quadrati. C'è un altro detenuto. Un siciliano accusato di rapina: basso e magro, malato anche lui. Soffre di diabete e s'inietta insulina. «Quando Di Cosmo è entrato in carcere - racconta il senatore Meluzzi - mi ha confessato di aver pensato alla morte, ma non ha mai tentato il suicidio». Di quei giorni per sfuggire ai suoi aguzzini non può parlare, né Meluzzi può chiedere. «Io sono una vittima, non un carnefice. E ora provo vergogna. Ma sono stato costretto a fare tutto questo», si sfoga soltanto per un attimo. La tivù è accesa, ma il volume è bassissimo. Quanto basta a te¬ nere lontani i brutti pensieri. Accanto alla branda due libri, «La Cognizione» di Gadda, e «Lettere dai carcere», di Gramsci. La branda. «Quando si stende - racconta Meluzzi - ha dolori terribili al fianco, dove è stato operato». Quanti punti? «Mi ha fatto vedere la ferita, dalla schiena fino all'inguine. Dice anche che i medici gli hanno tolto una costola». Un altro materasso: ieri pomeriggio mentre era ancora con Meluzzi, Vito Di Cosmo ha chiesto un altro materasso alle guardie, e forse lo avrà. «Qui ho trovato un ambiente umano. Le guardie ti aiutano a star meglio, se possono...». Ricorda tutto e vorrebbe dimenticare ogni cosa. «Quando mi hanno operato, quando ho donato quel rene, ho detto a mia moglie di essere andato in vacanza in Grecia». In ospedale è stato 4 giorni, una parte dei punti glieli hanno tolti i medici, un'altra parte se li è strappati da sé. Dice Meluzzi: «Quest'uomo dovrebbe essere oggetto di valutazione psicopatologica. Biso- Snerebbe studiarne la personatà. E' importante, per i giudici, capirne il profilo». Sorride, Di Cosmo, se gli spiegano le teorie sul suo caso, della «sindrome da indennizzo». «Ma quale indennizzo e indennizzo, la verità...» Meluzzi lo ferma, perché Di Cosmo vuole parlare dell'indagine, e non si può. E' piccola la cella. Oltre le sbarre panni stesi ad asciugare. Meluzzi, sostenitore della trasparenza del sistema carcerario, si domanda: «Non si potrebbe accertare la verità tenendo questa persona agli arresti domiciliari?». O ci sono ragioni processuali così gravi perché un uomo distrutto non possa aspettare la verità fuori dall'inferno? E' tardi, il senatore deve lasciare il carcere. Il siciliano coi baffetti si alza dalla sua branda, gli va incontro: «Non tema, dotto'. Lo convincerò io Vito a uscire dalla cella, quando tornerà il sole».
Luoghi citati: Biella, Grecia, Torino, Vito Di Cosmo
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