Notte di trattative a Mosca

Notte di trattative a Mosca Notte di trattative a Mosca Con Vinviato Usa sul contingente russo Giuliano Chiesa corrispondente da MOSCA Si va verso un accordo Russia-Nato anche sulla spinosa questione del contingente russo da dispiegare sul terreno. Ieri i negoziati sono cominciati con posizioni molto distanti. Sia quelli politici, tra Strobe Talbott e Viktor Cemomyrdin, sia quelli militari, alla cui testa, da parte russa, c'è il generale Ivashov, che nel ministero della Difesa è stato in questi giorni tra i più duramente critici dell'accordo veicolato a Milosevic da Cemomyrdin. Talbott, appena arrivato a Mosca, col solito tono amichevole ha esposto un altro ultimatum: «Il comando unico è essenziale, e nessuna zona speciale destinata ai russi». Ivashov, a distanza, rispondeva che «mai i soldati russi staranno sotto comando Nato». Ma poi, al primo intervallo, dopo tre ore di colloqui, Ivashov usciva dicendosi certo che un compromesso sarà trovato, nella notte o questa mattina. E Cemomyrdin appariva anche lui sorridente, dichiarandosi ottimista. E si capisce: a questo punto il Cremlino ha assoluto bisogno di essere presente sul terreno del Kosovo, altrimenti tutta la fatica compiuta al servizio della Nato non avrebbe alcun risultato pratico e, soprattutto, d'immagine. Talbott lo sa bene e, anche per questo, alza il prezzo. Si troverà una formula adeguata, come in Bosnia, per accontentare tutti. Ma è certo che Mosca non sarà «estema» al comando Nato. Sempre per ragioni d'immagine interna anche Eltsin ha fatto sapere che «tiene il broncio». La sospensione dei bombardamenti «è una buona cosa, ma non è sufficiente», ha riferito il suo portavoce Jakuslikin, anticipando che oggi Eltsin farà forse una dichiarazione in tv, o per radio (a seconda, evidentemente, dello stato di salute). Si deve mostrare alla platea - che è plebiscitariamente critica per la posizione assunta dalla Russia e al 98% (ultimo sondaggio) ostile alla Nato che anche il Presidente condivide i sentimenti popolari. Oggi mugugna, domani si metterà d'accordo con l'amico Clinton, che ieri lo ha calorosamente ringraziato. La Duma, con la sua classica mancanza di tatto, ha però guastato la festa, approvando una durissima risoluzione in cui si denuncia Cemomyrdin per avere contribuito alla «disfatta di un alleato strategico», creando una «minaccia gravissima alla sicurezza nazionale della Russia». Hanno votato a favore 297 deputati e 92 contro, chiedendo a Eltsin di licenziare Cemomyrdin come plenipotenziario, visto che egU «conduce una linea che contraddice gli interessi della Russia». L'interessato ha vivamente reagito spiegando i suoi alti meriti nel l'aver contribuito alla cessazione dei bombardamenti e nella ver costretto gli «aggressori della Nato» a riportare la guerra in sede Onu. Difficile immaginare che abbia usato questo termine con Talbott. Resta la questione di chi pagherà per il contingente russo. Ieri 2500 paracadutisti sono stati messi in stato d'allerta. Si calcola in almeno 300 milioni di dollari il costo annuo di un tale contingente: se fosse di diecimila uomini, come generosamente ha detto Cemomyrdin, il costo salirebbe a un miliardo di dollari. Tenuto conto che proprio ieri Stepashin ha denunciato la situa- zione «catastrofica» delle forze armate russe, che dovrebbero ricevere, tutte insieme, 6 miliardi di dollari nel prossimo bilancio, è fin troppo evidente che la Russia non può permettersi questa spesa. Così l'autorevole osservatore militare del quotidiano «Sevodnia», Pavel Felgenhauer, avanzava ieri su «The Moscow Times» Tipotesi, molto realistica, che saranno gli Stati Uniti a pagare. Non ufficialmente s'intende, ma ci sono molti modi per effettuare questo tipo di operazioni. «Ma se là Nato paga - scrive Felgenhauer - significa che essa avrà il controllo totale. E i soldati russi saranno dei questuanti pagati dall'Occidente, proprio come i loro capi nel Cremlino». E questo è un giudizio che appare non su un giornale comunista, ma su un quotidiano in lingua inglese, di proprietà statunitense. Strobe Talbott