Versace: il nostro anno difficile

Versace: il nostro anno difficile «Il made in Itaty deve associarsi per promuovere la moda e resistere ai colossi» Versace: il nostro anno difficile «Vendere? Non ci pensiamo» Ugo Bortone MILANO «Siamo ricercati come le bolle donne. Ma siamo esclusivi e non ci pensiamo proprio a vendere». Santo Versa ce boccia così le voci che vogliono il gruppo al centro di grandi manovre del mercato del lusso. Si è parlato di avances della Cucci, che già due anni fa sembrava pronta a un'intesa con la «maison», prima della tragedia di Miami. «La nostra strategia non cambia - replica Santo .Eravamo pronti a tentare la strada della Borsa prima della tragedia di Gianni. Abbiamo dovuto rivedere tutto daccapo. Ma fra tre anni saremo pronti...». Ma chissà quante cose cambieranno in tre anni nel mondo della moda. La Gucci-Printemps, sotto la regia di Domenico De Sole, è a caccia di «griffes» e di opportunità per diventare, con azionisti francesi, uno dei tre o quattro colossi destinati a sopravvivere nel mondo del lusso, secondo la sua previsione. Lvmh di Bernard Arnault, respinta da De Sole, medita la rivincita. Giorgio Armani, sfoglia la margherita sulle colonne del «Financial Times»: andare avanti da solo, quotarsi oppure cercare un partner del calibro di Arnault o PinaultGucci? La grande sfida del lusso, insomma, sembra solo all'inizio. In palio c'è un mercato di alta gamma che vale almeno 60 miliardi di dollari (più di 110 mila miliardi di lire), o senz'altro di più se ripartirà la domanda asiatica. E vincerà chi avrà a disposizione le «griffes» vincenti, o la capacità di controllare i costi. «E noi italiani - ammonisce Versace - rischiamo di andare fuori, causa i costi del sistema Paese». «I prodotti del mède in Italy - aggiunge -' si venderanno sempre. Ma chissà se si continueranno a produrre in Italia...». Anche in casa Versace c'è movimento. «Ma io non sono d'accordo con De Sole - obietta Versace -. Non è vero che tra dieci anni ci sarà spazio solo per tre o quattro colossi. Si può fare massa critica anche in modo diverso, e potranno lavorare anche i piccoli e i medi. O per chi vuol crescere per vie interne». E Santo Versace rilancia così: «Perché non ci mettiamo assieme a lavorare? Si potrebbero fare molte cose in comune, pur in piena autonomia. Cerchiamo di capire che, con la concorrenza attuale, noi italiani non ci possiamo più permettere il lusso di non promuoverci tutti assieme...». La strada dell'integrazione con qualche colosso, quindi, non è obbligata. C'è la Borsa, come alternativa, «ma l'azienda va presentata agli azionisti nel suo massimo splendore». E non è certo il caso di oggi, a giudicare dalle cifre. Ieri, infatti, Santo Versace ha reso noti i dati del gruppo dopo un anno difficile: le vendite sono scese a 891 miliardi rispetto ai 950 di un anno prima (-7%); gli utili di competenza, soprattutto, sono calati a 16,5 miliardi contro gli 87,5 di un anno prima. Non è bastato sacrificare i prezzi di vendita, insomma, per mantenere alti i volumi. Colpa dei soliti giapponesi e del Far East, i migliori clienti di maison Versace. Nel '98, infatti, le vendite nell'area asiatica sono precipitate: erano 250 miliardi l'anno prima (il 26% del fatturato), non più nel '98 (il 13% sul totale). «Stiamo registrando i primi, consistenti segnali di recupe¬ ro», commenta il numero uno del gruppo. Ma quest'anno i risultati non saranno molto diversi da quelli del '98. Solo nel duemila ci sarà il pieno rilancio. «Le basi sono buone» continua a ripetere Santo, smentendo di voler affiancare alla sorella Donatella un altro stilista. «E' una notizia falsa - sottolinea - nata da un equivoco». La strategia per la ripresa, semmai, passa da un forte impegno nella pelletteria (dall'attuale 4% si dovrà sabre al 25% sulle vendite) e da interventi nella distribuzione. Intanto, al fianco della società, Santo ha chiamato una grande banca d'affari internazionale: Morgan Stanley. Era la banca che, nel luglio '97 (accordo firmato due giorni prima della tragica fine di Gianni a Miami) avrebbe dovuto accompagnare la Versace spa in Borsa; oggi la banca si è limitata ad organizzare un prestito da 100 milioni di euro (quasi 200 miliardi di lire). «Questi quattrini ci servono - spiega Santo - solo per liquidare prestiti vecchi con altri meno cari». I debiti netti, 158 miliardi contro un patrimonio di 354 miliardi (per il 40%, però, rappresentato da immobili e opere d'arte), sono del resto sotto controllo. «L'azienda è fortissima» assicura convinto Santo Versace. Ora la missione è convincere i banchieri della City. «Tenteremo la strada della Borsa solo fra 3 anni: l'azienda va presentata nel massimo splendore» Santo Versace ha smentito le voci di vendita dell'azienda

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