Ultimi colpi di coda dal Cremlino

Ultimi colpi di coda dal Cremlino Ultimi colpi di coda dal Cremlino Eltsin cede, Ivanov: firmeremo solo dopo la fine dei raid Giuliano Chiesa corrispondente da MOSCA li cedimento di Boris Eltsin, dopo la seconda telefonata di Bill Clinton, è stato totale. E il povero ministro degli Esteri Igor Ivanov ha dovuto rovesciare la posizione che aveva orgogliosamente annunciato al suo arrivo a Colonia. Ieri, dopo una notte passata a costruire il «compromesso», in un intreccio spasmodico di telefonate con Mosca, il ministro degli Esteri russo ha accettato che il ritiro dei serbi, par giunta totale, dovrà precedere la cessazione dei bombardamenti e non seguirla. Ha accettato anche che l'eventuale risoluzione del Consiglio di sicurezza seguirà gli atti uno e due. Ha accettalo che la forza multinazionale sia sotto comando Nato. E non ha ottenuto che nel documento sia precisato cosa significa «smilitarizzazione» dell'Uck. Ma tutto questo forse, era solo per lo spettacolo delia conferenza dei ministri del G-8. Finito lo show, Ivanov ha ribadito che la Russia appoggerà una risoluzione nel Consiglio di Sicurezza solo a raids interrotti. Si ricomincia da capo. Del re¬ sto sull'altro fronte la confusione non è minore, Mentre Clinton concedeva che il contingente russo non fosse sotto il controllo Nato, la signora Albright escludeva addirittura un qualche spazio speciale riservato ai russi nel Kosovo. In ogni caso è evidente che, se i tempi dell'operazione d'ingresso in Kosovo saranno brevi, come tutti si augurano, i russi arriveranno molto tempo dopo, quando le pedine sul terreno saranno già state tutte sistemate. Ivanov dunque ancora resiste, mentre il ministro della Difesa, maresciallo Igor Sergeev - anche lui palesemente critico alla vigilia, verso i «cedimenti» di Cemomyrdin - è rientrato nei ranghi, pregando i giornalisti di scrivere sotto dettatura: «Non ci sono disaccordi con Cernomyrdin». E ieri sera tutte e tre le catene televisive filogovernative innalzavano peana al «plenipotenziario» per il Kosovo, qualcuno addirittura avanzando già una sua candidatura a Nobel per la pace. Lui, Viktoi Stepanovic, ha convocato una conferenza stampa, accuratamente selezionata quanto a partecipanti e diffusa da tutti i canali con larghissimo rilievo, per fa¬ re la voce grossa con la Nato e con il tribunale dell'Aia che - ha detto «dovrebbe processare quelli che bombardano», mentre Milosevic è «il presidente in carica e dobbiamo avere a che fare con lui». Cemomyrdin ha però messo al suo attivo il contingente russo in Kosovo, annunciando tre varianti: 5 mila, 7 mila, 10 mila uomini. Chi pagherà? «Vedremo, forse l'Onu. Ma se occorre pagheremo noi, anche se costerà caro. E' una questiono di prestigio nazionale». Ziuganov non è riuscito a far votare oggi la risoluzione progettata che chiede il licenziamento del «rappresentante speciale» (lui l'ha definito «traditore speciale»). Il voto ci sarà probabilmente giovedì e non avrà, comunque vada, alcun effetto. I giochi sono fatti e i comunisti si accorgono solo adesso che la nomina di Cemomyrdin, il 14 aprile scorso, come plenipotenziario per il Kosovo già aveva predeterminato l'esito della mediazione russa. Per loro è una ennesima sconfitta. Maggiore effetto potrebbe avere, alla lunga, la risoluzione approvata dalla Commissione esteri della Duma, che è presieduta da Vladimir Lukin, del gruppo Jabloko di Javlinskij. Lo stesso Lukin ha illustrato i nove punti principali, quasi tutti in aperto contrasto con il documento di Colonia, a cominciare dalla richiesta preliminare di cessazione dei bombardamenti, per continuare con la richiesta che la forza multinazionale sia sotto comando Onu, «perché la Nato ha violato io statuto dell'Orni e ha aggredito uno stato sovrano». Altra richiesta formale quella del «disarmo e scioglimento» delle formazioni . dell'Uck. Finendo con due condizioni non trattabili: la forza russa può entrare in Jugoslavia solo con un «negoziato bilaterale» diretto con Belgrado, oppure all'interno di un contingente sotto bandiera delle Nazioni Unite. Queste le posizioni del Parlamento russo. Boris Eltsin non ha invece sprecato troppe parole. Secondo il suo portavoce, ha chiesto a Clinton • esattamente mentre accettava di rinunciare alla richiesta della fine dei bombardamenti - eh «intraprendere misure urgenti per terminarli». Ma alla fine si è dichiarato comunque «soddisfatto», pur non apparendo personalmente in tv.