«A casa entro 3 mesi» di E. St.
«A casa entro 3 mesi» «A casa entro 3 mesi» Si sta già pianificando il ritorno dei profughi GINEVRA Un milione di rifugiati dovranno rientrare in Kosovo: è il dopoguerra, il primo problema che dovrà essere risotto in tempo di pace. Ieri a Ginevra i rappresentanti delle agenzie umanitarie internazionali si sono riuniti per esaminare le iniziative necessarie al ritomo dei profughi albanesi nel Kosovo quando sarà stato firmato l'accordo definitivo di pace. La riunione è stata convocata dai due inviati speciali dell'Orni per i Balcani, lo svedese Cari Bildt e lo slovacco Eduard Kukan. «Ci stiamo preparando a tutto vapore per la pace», ha detto Bildt, e ha proseguito: «Ci attende un compito senza precedenti, di certo in Europa e forse nel mondo. Entreremo in un territorio devastato che dovrà essere ricostruito dalle fondamenta». Secondo Dennis McNamara, dell'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Acnur), gli 800 mila kosovari accolti in Macedonia e Albania potrebbero tornare entro tre mesi ma è importante che non siano costretti a farlo contro la Toro volontà: «Il nostro messaggio per i profughi è che noi andremo con loro, e che dunque dovranno aspettarci. Noi da parte nostra attenderemo che sia stabilito un ambiente sicuro con una presenza militare internazionale», ha dichiarato McNamara. Il Programma alimentare mondiale (Pam) è in grado di assicurare pasti per 45 giorni a un milione e mezzo di persone. Nel numero sono compresi non solo quelli che rientreranno nel Kosovo, ma anche gii albanesi che non ne sono mai usciti e che finora non hanno ricevuto nessuna assistenza internazionale perchè alle organizzazioni umanitarie non è stato consentito di accedere. Mentre si lavora per mettere a punto il piano del ritorno, Bildt ha sollecitato l'Occidente a farsi carico dell'immane impresa: «So quanto facilmente la comunità intemazionale si convinca di aver fatto qualcosa e si allontani. Ma allontanarsi da questa crisi significherebbe preparare la prossima», ha avvertito Bildt. In attesa di conoscere i particolari sul progetto di risoluzione approvato a Colonia dal GB, il presidente della Repubblica albanese Rexhep Meidani sottolinea che: «I profughi non torneranno in Kosovo se sapranno di rincontrare serbi, né vi potrà mai essere convivenza con quelle persone che hanno ucciso gli albanesi e bruciato Te loro case anche se lo hanno fatto nascondendosi dietro : passamontagna, verranno riconosciuti e per loro non c'è che una strada: il tribunale». Secondo Meidani i ritardi nel negoziato non so no casuali: «Serbi e russi vogliono guadagnare tempo - sostiene -. Belgrado lo fa per avere la possibilità di nascondere le prove dei crimini commessi nel Kosovo e sperare di annientare il maggior numero possibile di soldati dell'Uck. Per Mosca il tempo è invece indispensabile ad approntare la forza di pace che la Nato ha già pronta». Secondo il presidente della Repubblica, c'è un aspetto, apparentemente marginale, che potrebbe rivelarsi decisivo: «Bisogna vedere chi coprirà le spese della missione di pace - spiega -. Se lo farà l'Orni per tutti, allora la Russia avrà la possibilità di inviare un contingente di soldati numeroso e sarà concreto il pericolo di costituire zone sotto il loro controllo etnicamente pulite: lì, insomma, gli albanesi non torneranno. Noi invece vogliamo che rientrino tutti i profughi nel Kosovo». Il presidente continua «Sono convinto che gli albanesi non creeranno problemi alla pace. Questa fase dovrà essere moni torata con attenzione: i serbi potrebbero provoca re incidenti per far ricadere sull'Uck la responsabilità di aver violato la tregua». [e. st.]
Persone citate: Bildt, Dennis Mcnamara, Eduard Kukan, Meidani, Rexhep Meidani
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