GOMBRICH: L'ECOLOGO DELLO SGUARDO

GOMBRICH: L'ECOLOGO DELLO SGUARDO GOMBRICH: L'ECOLOGO DELLO SGUARDO Tra i suoi segreti, la semplicità e il buon senso DANDO all'inizio degli anni Settanta La storia dell'urte racconta la da Ernst li. Gombrich approdò nelle aule scolastiche italiane fu una piccola rivoluzione. Introdotta da giovani e ardimentosi insegnanti di storia dell'arte rivaleggiò ad anni impari con la mitica Storia dell'arte italiana di Giulio Carlo Argan, monumento imperituro al pensiero italico. Eppure la frase d'inizio del Gombrich parve subito rivoluzionaria, un sasso gettato nel paludoso stagno marxistico-gentiliano: «Non esiste una realtà chiamata arte. Esistono solo gli artisti...». Da allora il successo di quella che è a tutt'oggi l'opera più nota e letta di Gombrich è stato lento e inarrestabile, reso più solido e certo dal l'apparire successivo di libri come Arte e illusione (in verità il primo libro tradotto da Einaudi nel 1965), A cavallo di un manico di scopa, Norma e forma e tanti dell'ordine del 1984. Ma (piai il segreto di Sir Gombrich? La prima qualità di questo strano storico dell'arte, (oini; conferma l'uscita de litri, fino all'affascinante // senso però non fa mai sfoggio della sua cultura e non umilia il lettore con una mole di infor questo strano storico dellarte, (.oini; conferma l'uscita de L'uso delle immagini, tradotto in contemporanea con l'edizione inglese, è nella prosa piana e scorrevole - provate a confrontarla con lo stile alambiccato e sempre marmoreo di Argan -, ma anche nel buon senso, tutto anglo-tedesco, di cui l'ex direttore del Warburg Insfitute di Londra fa ampio sfoggio. Inoltre, Gombrich non invoca mai l'arma della spiegazione unica per leggere i fenomeni artistici, e ricorre ad almeno una terna: le tecniche o regole implicito nelle pratiche artistiche; il contesto sociale (ma non sociologico); la personalità del creatore. Infine, e qui sta la sua particolarità, Gombrich ha ben presenta il carattere di economicità che presiede ai nostri organi di senso: «I nostri sensi sono molto parsimoniosi», scrive nel capitolo dell'ultimo libro dedicato alla storia dei dipinti per la casa, il che significa che i manufatti artistici non sono prodotti dello spirito ma assolvono sempre a funzioni pratiche, gusto compreso (Gombrich non stabilisce gerarchie tra le arti e come i suoi maestri viennesi tiene in dovuto conto le cosiddette «arti minori»). L'impressione è che più che libri di storia dell'arte i suoi siano libri dedicati all'ecologia dello sguardo, Da qui il loro indubbio successo. Naturalt Gbih è lt lt però non fa mai sfoggio della sua cultura e non umilia il lettore con una mole di informazioni: lui stesso e parsimonioso. L'uso delle immagini ha come sottotitolo: Studi stilici funzioni' sociale dell'arte e sulla comunicazione visiva, e parte dalle pitture murali, dalia storia dell'affresco, per arrivare alle «istruzioni per immagini», cioè ai manuali visivi che insegnano qualcosa attraverso istruzioni visive (ad esempio, a indossare un salvagente su un aercopiano o ad annodare una cravatta), passando per i dipinti d'altare, quelli per la casa, l'affermazione della scultura all'aperto, le immagini usate come beni di lusso, il disegno satirico e persino gli scarabocchi. L'asserto di partenza e quello della crescente «domanda di immagini» che ha portato alla nascita del quadro da cavalletto, del ritratto e alla diffusione della fotografia ((! un peccato che quello che e il più importante libro di storia dell'arti! uscito negli ultimi anni, L'invenzione del qua dro, del romeno Victor I. Stoichita, pubblicato in Francia nel 1993 e tradotto nel 1998 da il Saggiatore, saccheggiato da tanti e illustri storici, sia (lassato quasi inosservato sui giornali e sulle riviste, e che neppure Gombrich, che pure lo usa, non ne faccia cenno). Nella nostra società, ribadisce Gombrich, «la domanda di immagini e talmente rilevante che una famiglia senza televisore (possibilmente a colmi) è considera- t.a priva di qualcosa», in modo analogo «lo ò il bambino i cui genitori non possono permettersi di comprargli dei giocattoli». Degli undici capitoli che compongono il libro - in gran parte derivati da conferenze pubbliche - il più interessante por il discorso sull'uso delle immagini e quello sui dipinti per la casa. Passando in rassegna la documentazione visiva, in cui figurano dipinti appesi nelle case (e si tratta pur sempre di dipinti che raffigurano scene famigliari e altri dipinti), lo storico dell'arte mostra come nelle case del Cinquecento i grandi quadri venissero relegati vicino al soffitto, mentre quelli piccoli allineati con i mobili, secondo un principio che Gombrich definisce: «incorniciare, riempire e legare», che è poi ((nello che guida gli arredatori: «il campo vuoto chiede di essere riempito da un disegno che può, a sua volta, creare una nuova forma che va riempita a sua volta e così via all'infinito». La richiesta dei quadri nelle case passa attraverso la diffusione della stampa, ma anche l'introduzione del vetro cilindrato che permette di incorniciarle; tuttavia e la fotografia che permette finalmente di riprodurre fedelmente i quadri e di appenderli nello case borghesi a prezzi modici. La generazione dei genitori di Gombrich, che è nato a Vienna nel 1909, guardava le riproduzioni di celebri dipinti del passato cosi come leggeva i libri o ascoltava la musica: per entrare in contatto con le grandi menti del (lassato. Il capitolo, come del resto il libro, è scritto in modo arguto e accattivante, ma tende a semplificare i problemi (è pur sempre una conferenza), evitando - e qui si tratta di un problema di formazione intellettuale - di confrontarsi con i problemi posti dalle questioni intertestuali che l'uso delle immagini impone. Come scrive Stoichita, è stata la Riforma protestante, insieme all'iconoclastia implicita in essa, a liberare l'immagine dalla sua funzione religiosa e a permetterle di esplorare nuove soluzioni linguistiche nello spazio della casa oltre che nella chiesa, nella collezione o nel museo. Specchi, autoritratti, cornici, giochi prospettici, nic- chie, finestre, porte, carte geografiche, tele bianche, contribuiscono a rendere complicato il gioco pittorico, che non obbedisce solo a regole di economia dello sguardo o a quelle delle tecniche artistiche, ma alle nuove possibilità di lettura che l'opera d'arte offre, fino ad arrivare a fare dell'opera stessa un oggetto di rappresentazione o metarappresentazione. Gombrich è cieco verso questa prospettiva, cosi come non jiare in grado di leggere le opere d'arte oltre una certa soglia temporale, che è poi quella rappresentata dalla piena modernità (Mondrian, Picasso). In questo senso sono emblematiche le pagine che egli ha aggiunto alla nuova edizione della sua Storia dell'arte giunta alla sedicesima edizione (senza contare le decine e decine di ristampe) che ora si possono leggere nella recente versione italiana, là dove elenca in nove punti i problemi posti dal trionfo del Modernismo e dove cerca di mettere a nudo, con garbo e ironia, le aporie in cui si trova non solo l'arte ma anche la critica d'arte che finisce per diventare, a suo parere, una pura cronaca degli avvenimenti artistici. Nessuna delle cose che scrive Gombrich è banale o falsa, eppure il lettore che segue ciò che accade nelle sale delle gallerie contemporanee, che visita le recenti mostre del movimento giapponese Gutai o gli allestimenti-video di Pippilotti Rist, solo per fare due esempi a caso, si rende conto che queste riflessioni cadono fuori bersaglio e contengono un forte scetticismo e distacco dalle pratiche artistiche contemporanee. Non è un caso che questo innovativo manuale termini oggi con delle pagine dedicate ai ritrovamenti dei Bronzi di Riace o dell'esercito di terracotta dell'imperatore Quin Shi Huangdi del 210 a. C. Lì di certo Gombrich si sente a casa sua. Marco Bolpoliti Esce «L'uso delle immagini»: un manuale che spazia dalla tv al murales, dal quadro da casa allo scarabocchio Ernst H. Gombrich (a sinistra in basso) non stabilisce gerarchie tra le arti e, come i suoi maestri viennesi, tiene in dovuto conto le cosiddette «arti minori» L'USO DELLE IMMAGINI Ernst H. Gombrich traduzione Eilccn Romano Leonardo Arte pp. 291. L. 75 000 LA STORIA DELL'ARTE RACCONTATA DA ERNST H. GOMBRICH Ernst H. Gombrich traduzione Maria Luisa Spazlanl Leonardo Arte pp.690, L 65.000 L'INVENZIONE DELQUADRO Victor I.Stolchlta traduzione Benedetta Sforza il Saggiatore pp 374. L 38 000

Luoghi citati: Francia, Londra, Riace, Vienna