QUANDO LA NOTA VIENE DALL'ANGELO

QUANDO LA NOTA VIENE DALL'ANGELO QUANDO LA NOTA VIENE DALL'ANGELO MUSICA COELESTIS Carlo Boccadoro Einaudi ed più voi. L 29.SOO HE cosa unisce il minimalismo ipercelebrato di Steve Reich o di Philip Class alla sapienza mimetica di Michael Nyman o al polistilismo di John Adams, che contatto ci può essere tra il rock travestito di una Laura Anderson e il cromatismo arduo e rarefatto di Giya Kancheli? O in altro modo, a che cosa rinvia quell'aggettivo coelestis, se non a una lingua degli angeli intermediaria tra volgarità e spiritualità, come dire tra musica bassa e musica alta, tra suoni da trivio e suoni della mente? E certamente l'eterea celestiale sospensione di Sub Ross di Gavin Bryars, o l'azzurra trasparenza di Facades di Philip Glass, due brani davvero splendidi presenti nel ed che accompagna il libro, autorizzerebbero una lettura così monodiretta, se non fosse negata da altre insorgenze di segno opposto terrestre Bryars, o l'azzurra trasparenza di davvero splendidi presenti nel ed chero una lettura così monodiretta, se nsegno opposto, terrestre Ma forse è meglio non attendersi una risposta concettuale, teorica da queste undici conversazioni che Boccadoro ha tenuto con garbo, ironia e competenza con undici musicisti «colti» di oggi. Sono musicisti colti e non d'avanguardia, termine che ripudiano come una consorteria snobistica, e questo sembra essere l'unico legame che li accomuna: il rifiuto di una linea unica di riferimento, di una scuola tecnicostilistica entro cui delimitarsi; insieme a un altro punto di contatto, la spettacolarizzazione più o meno consapevole della loro musica, attraverso il teatro e il cinema, che ha enormemente allargato il giro elitario del loro ascolto; anche se la fama internazionale di Nyman, Reich, Glass, o Bryars dopo il suo Jesus' blood neverfailed me yet, meno riguarda gli altri, dall'accettazione contrastata di James MacMillan all'impegno libertario di Louis Andriessen, dalla ricercata clandestinità di Giya Kancheli al sorgivo neoromanticismo di Aaron Jay KernLs, cui, però, quest'anno è stato conferito il premio Pulitzèr, per il suo secondo Quartetto per archi. E a proposito di quest'ultimo, l'intervistatore cesella un ritratto simpaticissimo, soprattutto quando gli fa raccontare la lite con Zubin Mehta alle prese con un suo brano giovanile. Alle aspre accuse di cattiva orchestrazione del pezzo da parte del celebre direttore, Kermis ribatte puntualmente che è il maestro a non funzionare. Ne esce fuori un Mehta arrogante e autoritario, assai contrario della vulgata che lo vuole indianamente mite e cordiale. L'esempio serva soprattutto a indicare che tutti gli incontri sono inseriti in un contesto di affabilità colloquiale, che avvicina immediatamente l'artista e la sua opera al lettore anche sprovveduto, grazie alle domande sempre prtinenti, sinuose e talvolta garbatamente provocatorie di Boccadoro, che deve però evitare gli svolazzi lirici di cornice, del tipo «Milano oggi indossa una I ioli issi ma giornata piena di sole» nel tentativo di ambientare realisticamente luoghi e momenti. Se è impossibile ricavare da que¬ sti colloqui un fronte unitario della musica «colta» contemporanea - e non perché siano troppe le assenze o seguire delle norme simili a quelle dettate da Adorno per la musica nuova atonale o dodecafonica che fosse, si può comunque delineare una linea di convergenza abbastanza comune, da cui emerge il rifiuto di ogni neo o post-avanguardismo passato, cancellata, tra l'altro, la triade Schoenberg-Berg-Webem e il rigoroso e snobistico elitarismo degli accoliti. E se nell'abolizione della distanza critica, nell'assunzione dei più eterodossi stilemi, sembra emergere la ricetta (o ricettacolo) del post-modernismo che coinvolge molti dei presenti e i più acclamati, si capisce la preferenza elargita, nelle interviste, a Stravinskij e al nostro Berio, accomunati per il loro geniale vorace sperimentalismo, mentre a Cago, citatissimo, si riconosce soltanto l'onore delle anni teoriche. E tal senso Cage e anche Boulez appaiono assai più lontani di Stravwinskij, di Ives e perfino di Mahler, dalla disponibilità polimorfa dei presenti, dal loro elaborato pastiche tra forme e usi musicali un tempo separatissimi. «Il concetto della musica leggera è situato nella zona torbida deÌTovvietà» sentenziava terroristico Adorno, e l'aggettivo leggera coinvolgeva molti generi. Oggi la parodia, l'ironia, o il semplice gusto sembrano recuperare a oltranza tutto ciò che serva all'esperienza creativa, senza barriere ideologiche o logiche. Il ed che accompagna il volume, realizzato dall'ensemble Sentieri Selvaggi, contiene un brano per ciascuno dei compositori esaminati, molto gradevole anche se offre un campionario troppo esiguo per far conoscere più adeguatamente gli autori, cui provvede del resto un'utile discografia. Insomma, un libro pregevole e intelligente; e anche simpatico, come il suo autore nell'entusiasmo espanso dei ringraziamenti: a parenti, amici, sodali, familiari e colleghi: ci manca solo il cane. Hr^rolìeTli Boccadoro: Il conversazioni (più ed) tenute con molto garbo, ironia e competenza con 11 musicisti «colti» da Philip Glass a Laura Anderson Philip Glass: il dato comune con gli altri undici intervistati è che si considera soltanto ' un musicista colto. non un musicista d'avanguardia

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