Saramago: alla musica affido la mia speranza di Sandro Cappelletto

Saramago: alla musica affido la mia speranza La prima al Teatro Goldoni di Firenze Saramago: alla musica affido la mia speranza «fatta la leggerezza del clavicembalo contro la pesantezza dell'esistenza» Sandro Cappelletto FIRENZE Dall'orchestra si alza come un vento di tempesta felice che sgombra l'orizzonte, lo schiude al futuro. La voce di Maddalena Grippa dice intanto una delle immagini più ambigue, tra disillusione e nuova speranza, evocate dalla scrittura di José Saramago: «E un bambino con innocenza si avvicina e tende le mani verso l'ombra che del corpo svanito conserva i fragili tratti, ma non più l'odore». Il premio Nobel della Letteratura e il compositore Azio Gorghi ancora una volta incrociano il proprio lavoro: «... sotto l'ombra che il bambino solleva» è il titolo della composizione per orchestra e voce recitante/cantante che debutta in prima esecuzione assoluta domani sera al Teatro Goldoni per la stagione dell'Orchestra Regionale Toscana, attenta sempre a coniugare tradizione e ricerca. Se riuscirà a vincere il timore di esibirsi in scena, sarà lo stesso scrittore a leggere il prologo e la conclusione del lavoro, tratto da «L'anno mille993». «Non mi piaceva 1992, un anno troppo legato alla scoperta dell'America; nemmeno 1994, che ricordava il libro di Orwell. 993 è un anno qualsiasi, in un posto qualsiasi di un paese qualsiasi, per personaggi qualsiasi: quelli di questo poema. Quel numero suonava bene alle mie orecchie». Nei suoi versi, ricorrono volentieri immagini musicali, suoni. E' musicista? «Non leggo la musica, la ascolto. Quando ne parlo, spesso penso a Bach, il compositore che ho scoperto da adolescente e non mi ha più lasciato». Quasi all'inizio, lei scrive: «E nient'altro si sente che un'aerea e delicata musica per clavicembalo». «Se c'è una spiegazione è la leggerezza del clavicembalo, che si contrappone alla pesantezza dell'esistenza. Il mio primo Bach l'ho ascoltato negli anni in cui il Portogallo era sotto la dittatura di Salazar». Dopo «Blimunda» e «Divara», questa è la terza collaborazione con Corghi, l'unico compositore con cui lei lavora. Che cosa vi unisce? «La musica esprime lo sguardo dell'altro. Corghi legge i miei testi attraverso la sua sensibilità e cultura. Un modo di guardare speciale: evidentemente, ci sono delle coincidenze. Il testo scritto è lì, chiunque lo può leggere, ascoltare, interpretare. Poi arriva la musica e le possibilità si moltiplicano, impreviste». L'imprevisto, in questo caso, può essere un' «Invenzione» di Bach che attraversa, discreta e riconoscibile, l'intera partitura; oppure una canzone popolare che ricorda il lento, malinconico ritmo del Fado, il canto popolare del Portogallo, dove Saramago è nato Il Nob nel 1922. Corghi ha finito di scrivere la musica il 3 aprile scorso: la guerra, che non c'era quando ho iniziato, allora era già scoppiata. Eppure - ricorda il compositore anche se questo poema di José parla della devastazione della guerra, nei suoi versi ho sempre sentito più forte la speranza». «Ora la guerra sembra finita dice Saramago - ma chi ha vinto, chi ha perso? Vivendo ho imparato che nulla è definitivo. Occorre vivere le vittorie con il sentimento che non sarà per sempre. Un.-, filosofìa fatalista, d'accordo, ma l'unica che mi permetta di non gioire mai troppo per le vittorie, perché so che non sarà per sempre». Non mi ha risposto a proposito della speranza, eppure in questo poema lei scrive: «Il giorno albeggiò su una terra libera. La donna e l'uomo ritornarono alla città». «E' una storia che raccontiamo a noi stessi ed è per questo che continuamo a sopravvivere: se un giorno decidessimo che la speranza è finita... Lo dico a me stesso, quando scrivo: non lasciare il lettore senza speranza, lascia sopravvivere un uomo e una donna. I primi versi sono del marzo 1974, dopo la sconfitta delle prime manifestazioni anti-Salazar. Questa è la speranza». L'ombra è un'immagine frequente nella sua scrittura. Qui, appare nel titolo. «Si dice ombra e si può pensare alla notte, alla morte. Per me è un luogo amabile, che protegge, dà tenerezza. E' come le cose del mondo, né positiva né negativa del tutto. Come il suo opposto, il sole». Ancora un'opera scritta con Corghi Sul palco la Grippa e forse anche il Nobel ne e Il Nobel per la letteratura José Saramago

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