Classe e iella per sedurre le folle

Classe e iella per sedurre le folle NEL REGNO DEI CAMPIONE ALIA SCOPERTA DELLA SUA IDENTITÀ' NASCOSTA Classe e iella per sedurre le folle Il Pirata è amato perché unico, «esagerato» in tutto personaggio Gian Paolo Ormazzano APRICA ARCO Pantani è nato il 17 gennaio 1970 a Cesena per motivi di clinica, ma è di Cesenatico, allegro posto di mare dove i suoi - padre, madre, sorella - tengono un chiosco di pia dina e crescione, come dire pizza e calzone. E' unromagnolopraticante, di quelli che non riflnciano a una battuta e a una risata, a una mangiata e a una bevuta. T romagnoU fanno piccola etuiajanche nel ciclismo: comportamenti scherzomani, allegrie semplici e repenti, apertura al mondo ma sbarramento pieno alla mondanità. Speciali e simpatici, sono pratici e giocherelloni. Talora insopportabili, quasi sempre silanno volere bene. Pantani ha portato la sua romagnolità nel ciclismo: così lui scattava quando altri sarebbero rimasti tranquilli, si arrabbiava quando non ce n'era bisogno, scherzava quando il momento poteva essere greve. Sarà interessante, a ciclone esauritosi, considerare attentamente il suo tipo di reazione: che risulterà particolare, matto, unico, probabilmente efficace. Nel ciclismo, in neanche 7 anni di professionismo, è riuscito a essere classico ed eccentrico, canonico e nuovo. Ha una fidanzata danese, e sarebbe una cosa nuova per i biciclettari che si sposano giovani con la ragazzina del paese, ma lei è una scandinava di Romagna, si comporta con lui come una matrona romagnola, sgridandolo e coccolandolo, saziandolo di buona cucina e tenerezze latine. Ecco, se per i meglio trionfi popolari nel ciclismo si fosse dovuto studiare un tipo ideale anche per virtù di contrasto con l'archetipo del bell'atleta, uno dimesso di fisico, faccia compresa, scorfano quando giù di sella (come era anche Coppi), meglio di un Pantani nessuno scienziato neofrankensteiniano avrebbe saputo creare. Picassiano di corpo, buffo, orecchie a sventola e richiamo dell'orecchino a farsele guardare, crapa pelata a fare scordare i tempi di quando sul castano di nascita si faceva le mèches biondastre, da bullo di spiaggia. E poi iellato. Oh come piace nel ciclismo l'atleta iellato, piace già se non reagisce, non vince mai, magari secondo il che è peggio che ultimo. Oh come piace se poi anche vince, si ribella alla sfiga. Pantani ha messo insieme una collezione imponente di disgrazie e chissà che non riesca a far rubricare come disgrazio anche l'accidente dell'ematocrito alto. Cadute, fratture, un primo maggio andando a cercarsi, per un allenamento solitario, l'unica auto che circolava quel mattino nell'entroterra romagnolo, poi il grande schianto del 12 ottobre 1995 giù da Superga per finire una moscia Milano-Torino: l'urto contro un'auto, la frattura esposta di una gamba, l'ospedale, l'operazione, l'idea di essersi fatto male anche per gli altri due ciclisti coinvolti, feriti ma più leggeri. Pantani aveva già vinto due tappe di montagna al Giro dell'anno prima e due al Tour di quell'anno, si disse- ro le solite frasi di ottimismo, molti pensarono che era già molto se tornava alla vita normale l'uomo, non alle corse il ciclista E invece la ripresa, da fachiro, con sacrifici enormi, e al Giro d'Italia un altro stop, una caduta per un gatto, neppure nero, un gatto bianco che gli attraversò la strada. Il senso forte della iella addosso, come l'aveva addosso Fausto Coppi. L'anno scorso, vinto il Giro, ecco un Tour slombato dai controlli antidoping, dalle irruzioni di poliziotti e magistrati francesi. Lui lo vinse, ma nessuno rinunciò a pensare che alla sua ritrovata salute ciclistica il destino aveva imposto lo scenario di una corsa dimezzata, la nebbia di tanti dubbi, la poltiglia di troppi lamenti. Forse per questo. Pantani voleva stravincere il Giro 1999. Sicuramente in Romagna hanno già pronte le battute per battere anche questo accidente. Sicuramente si stanno esercitando i cantastorie di Romagna per questo nuovo capitolo. Senza drammatizzare. D'altronde l'aneddotica nei suoi riguardi è relativamente scarsa, come per chi la vita tutta è un lungo aneddoto, e non ci sono ritagli da scegbere, frattaglie da cucinare in maniera speciale. La prima bicicletta come medicina per la sua voglia di fare troppe cose, come strumento per scaricare energie. Il fatto che lui, cresciuto rivamare, volesse le salite inter- pretato come una bizzaria di uno della tribù romagnola. E il suo ascendere ai valori massimi del ciclismo secondo una progressione di geometria euclidea, per esempio il terzo poi il secondo poi il primo posto in tre Giri d'Italia dei dilettanti. Una carriera regolare, ba¬ gnata di una quantità di incidenti come pioggia lustrale del destino, e con lui personaggio sempre più strambo per linee, come dire?, abbondantemente interne e brevemente esterne. Il mattoide romagnolo era uno strano tipo, ma le sue stranezze rivolte al resto del mondo non avevano lunga gittata. Dopo le sue prime due tappe vinte al Giro d'Italia, nel 1994, accadde la prima cosa non romagnola della sua carriera: richiesto di fornire il numero telefonico privato del figlio, suo padre, che è esattamente quello che Marco sarà fra trent'anni, disse di no, non era il caso, c'era una privacy da rispettare. Oualcuno credette di capire che si stava alzando la paratia della celebrità, e che per passare al di là di essa bisognava essere romagnoli. Così il massimo confidente di Pantani divenne Siboni, corridore di Romagna fidanzato della sorella: ma Siboni non ha corso questo Giro. E riusci a romagnolizzarsi Podenzana, spezzino di quasi qtiarant'anni, il più vecchio del Giro, gregario-padre di Marco, personaggio ideale per fargli sangue buono a parole e a pedalate amiche, sangue buono di altissimo ematocrito morale. Parliamo al passato remoto o prossimo, il Pantani lasciato a Madonna di Campiglio si è visto sbriciolato il presente ed ha annunciato che non ci sarà per lui futuro ciclistico. Ma forse 15 giorni di stop a Cesenatico, col balsamo del suo ambiente, gli faranno cambiare idea: basterà una battuta, un «ma va là patacca», che da quelle parti è il sound dell'allegria ad ogni costo. Il personaggio dovrà, adesso, sfruttare il fatto di essersi naturalmente costruito per linee uiterne, per romagnola introversità. Ha poca vita pubblica, poche diramazioni di se stesso fuori del ciclismo. E da qui forse il successo recente, come dilatazione appunto rara e preziosa del personaggio, dei suoi spot pubblicitari per un'auto. Dove dice al mondo quello che speriamo stia dicendo ancora a se stesso: pedala. di Torino in seguito a un grave incidente nella Milano-Torino lungo la discesa che porta al capoluogo piemontese: al suo capezzale accorre anche Alberto Tomba Il vernissage della Bianchi Mercatone Uno perii 1999 prese spunto dal soprannome che ormai contraddistingue Pantani: Marco infatti si presentò, come tutti i suoi compagni di squadra, vestito da Pirata Un anno fa il Pirata fece suo il Giro d'Italia dopo un avvincente duello con Tonkov: ecco Pantani mentre bacia la coppa conquistata al termine della sua fantastica cavalcata rosa ■f - Pantani incrocia le bracai durante controll, antidoping al Tour '98, poi dominato dal romagnolo Da sinistra Marco Pantani e Claudio Chiappucci nel 1995 quando erano compagni di squadra nella formazione Carrera Tassoni Ha portato nel mondo del ciclismo il suo carattere romagnolo allegro anche in certi momenti grevi o irato senza motivi apparenti