«Un colpo mortale, stavolta smetto»

«Un colpo mortale, stavolta smetto» Un altro giallo dopo l'esclusione: gli esami ripetuti in serata non hanno confermato le anomalie «Un colpo mortale, stavolta smetto» Marco ha incontrato soltanto Gimondi, poi se n 'è andato La sua rabbia: «Sono pulito, questa vicenda non è finita» Pierangelo Sapegno inviato a CESENATICO Felice Gimondi piangeva. Uno lo inseguiva e gli urlava «Felice, oggi hanno ucciso il ciclismo, dillo, Felice». Solo a Gimondi aveva aperto la porta della sua camera, Marco Pantani. La ma-. no gli sanguinava, la teneva stretta in un fazzoletto. Aveva rotto un vetro con un pugno, per la rabbia. «Forza», gli aveva detto Felice, come si urla ai corridori sulle salite. S'era commosso, abbracciandolo. Sótto, nella terrazza dell'Hotel Touring, 3 stelle, 3 piani, i vasi di gerani sui balconi di legno, c'era la folla aggrappata fin sulla scalinata. Una macchina dei carabinieri e una Xantia grigia nel cortile, per aspettarlo. Non sappiamo se quello che è avvenuto ieri sia davvero un omicidio. Però, è uno dei giorni più brutti del ciclismo. E anche un giallo. Al mattino, l'Uci ha controllato il sangue di Pantani e i valori dell'ematocrito erano fuori dalla norma, cioè superiori a 50. Nel pomeriggio, alle 16,45, nell'Istituto Santa Maria della Scaletta di Imola, Marco ha ripetuto Tesarne due volte. Risultato: valore dell'ematocrito 47,7 e 48. Nella norma. Dicono che abbia detto: «Sono pulito. Il caso è riaperto». Ma purtroppo non è cosi e lui smentisce. E la verità è che questi nuovi esami hanno "inatutto ancora di più il piccolo uomo che scalava le montagne come noi vorremmo salire la vita. S'è buttato su una sedia: «Non riesco a capire che cosa è successo, non ci riesco. Non lo so, mi sembrano cose più grandi di me. E' tutto così strano». E se al mattino aveva annunciato con mezze parole l'intenzione di lasciare per sempre il Giro e il ciclismo, adesso ne è ancora più convinto: «È' una brutta'botta, peggio $ JÉÉxTijJI'Bfe Andrea Agostini, il sud portavoce, dice che non riusciva neanche a parlargli. Anche a noi, quell'omino con la testa pelata seduto sul sedile davanti della Xantia grìgia targata Ba 588 DT, accanto al suo ds Martinelli, sembrava un fantoccio inanimato, sempre immobile, con lo sguardo fisso davanti. Non si muove nemmeno quando si fermano a far benzina sull'Autobrennero, nemmeno quando a Sarche cambia la scorta dei carabinieri e una Volvo verde con due tifosi gli si affianca incredula. Lui resta fisso, la faccia bianca come un cencio. E' lo stesso volto, la stessa espressione che ha dal mattino, quando alle 8,40 gli avevano comunicato i risultati. L'avevano svegliato alle 7,15, dieci minuti prima del prelievo, nella camera di Martinelli. E' lui che gli porta il risultato. Pantani sbianca. Parla in un soffio, racconta Martinelli. Dice: «Non si può dominare, darò spettacolo e trovarmi a un giorno dalla fine con una cosa così addosso». La voce gira. Roberto Rempi, il medico della squadra, gli passeggia vicino: «Lo sforzo, le salite possono portare a picchi di ematocrito. Lunedi sera avevamo fatto un controllo interno ed era tutto normale». Non capisco, continua a ripetere Pantani. Urla: «Basta con il ciclismo! Bastai». I giornalisti cominciano a chiamare, Agostini risponde camminando nervosamente: «A Giro stravinto che senso ha? Ditemelo voi. Ci possono essere due spiegazioni. Una medica, la seconda è che qualcuno ha voluto fare un attentato al ciclismo. E c'è riuscito». La sua squadra ha già preso la decisione di non partire. Velo e Zaina in lacrime: «Siamo con lui. Nel bene e nel male». Marco dice che non vuole vedere nessuno. Lo chiama sua sorella Manola, e lui: «Non me la sento». Si barrica in camera, secondo piano, di fronte a quella di Martinelli. E tocca a Martinelli ricevere i cronisti: «Lui sentiva molto la tappa di oggi. Voleva fare un'impresa. Sarà molto difficile, dopo quel che è successo, vedere ancora Pantani in bici». Merckx fu sospeso al Giro del '67 e ritornò a vincere più di prima. Martinelli: «Se glielo vado a dire mi manda a cagare». Ancora: «Guardate, lui adesso avrebbe solo voglia di segarla la bici». Sta sopra, barricato. Accetta di incontrare Gimondi. Scende per partire che sono le 13 esatte. Faccia bianca, maghetta grigia. Viene accolto da un lungo applauso. Grida di incitamento. Spinte, urla, microfoni: «Si potrebbero dire tante cose, ma sarebbero cose in più che non servono a niente. Se succedono a uno sportivo come me, che ha dato tanto a questo sport, se succedono queste cose, c'è molto da pensare, perché io sono stato controllato già due volte e avevo già la maglia rosa. E l'ultima volta avevo 47 di ematocrito e oggi mi sveglio con una sorpresa». Folla: «Mar-co, Mar-co». La sua voce si attenua: «Credo che c'è qualcosa di strano e devo dire che ripartire questa volta è dura. Sono ripartito dopo grossi incidenti, ma moralmente stavolta credo che abbiamo toccato il fondo». Il coro «Marco-Marco» continua. Voce: «Lasciatelo respirare!». Altra voce: dì qualcosa ai tuoi tifosi. E lui: «Credo che in questo momento vorrei solamente un po' di rispetto. Saluto i tifosi. Mi dispiace solo per il ciclismo che ancora una volta esce in un modo...». Lo spingono: «Andiamo, andiamo!». Giù in macchina. Parte. Nella clinica di Imola, riconosciuta dall'Uri, arriva poco dopo le 16. C'è chi guarda alla tv il Giro. Sta vincendo Gotti, ma non è più una tappa da leggenda. Lui dice: «Non mi importa niente, non mi interessa». A Cesenatico la più disperata è Kristina, la sua fidanzata. Sta in una veranda della piadineria, anche lei da sola davanti alla tv. Guarda Gotti, due ali di folla che lo stringono. Le chiedono perché lo fa: «Non riesco a crederci, è come un incubo. Aspetto ancora di vederlo apparire». Prima di partire, Marco e i suoi vanno ai magazzini della Mercatone Uno. Pantani fa un ■tini rca- tone medita un ricorso. Un giudice di Trento apre un'inchiesta per accertare se un provvedimento così grave sia stato preso a norma di legge. E' il giallo. Marco riparte. Arriva alla villa alle 19,23. Lo stesso sguardo di pietra. Può darsi che non abbiano ucciso il cicbsmo. Però, oggi, siamo stati a un funerale. giro eoa partine! batte uri comunica Marco Pantani ieri ha potuto cavalcare la sua bicicletta soltanto negli striscioni dei suoi numerosi tifosi

Luoghi citati: Cesenatico, Imola, Trento