« Mai sotto la Nato»

« Mai sotto la Nato» « Mai sotto la Nato» Vice ministro degli Esteri si ribella a Cernomyrdin Giulietta Chiesa corrispondente da MOSCA «La partita principale non è ancora stata giocata»: così si è espresso ieri Vladimir Lukin, gruppo Jabloko di opposizione democratica, presidente della commissione Esteri della Duma. Usciva da una riunione a porte chiuse della Camera Bassa che è stata certamente drammatica e in cui l'operato di Viktor Cernomyrdin, «mediatore che non è stato capace di mediare», è stato sottoposto a durissime censure da quasi tutti i gruppi parlamentari. E non sono soltanto i deputati dell'opposizione a chiedere una drastica virata della posizione russa. Il primo viceministro degli Esteri, Aleksandr Avdeev, è stato molto e duro: «Sotto comando Nato noi non andremo». Ripetendo del resto, davanti ai deputati, la posizione già espressa dal generale Ivashov, capo del Dipartimento cooperazione internazionale del ministero della Difesa. E' improbabile che Ivashov e Avdeev parlino per conto proprio. Se ne deduce che il malessere è vasto, sia tra i militari che nel ministero degli Esteri, il cui titolare, Ivanov, da due giorni non commenta. Forse è per questo motivo che, a sorpresa, Viktor Cernomyrdin ha rinunciato a recarsi a Helsinki per l'incontro programmato ieri con il finlandese Ahtisaari e l'americano Talbott. Dietro la sua linea, applaudita in Occidente, si è aperto il vuoto in Russia. Adesso che il documento di pace è noto, si vede che - come ha commentato Vladimir Lukin - il mediatore ha dimenticato che «la posizione della Russia era che i bombardamenti dovevano cessare in via preliminare». Cernomyrdin ha invece avuto l'appoggio di Eltsin, che ha parlato al telefono con il cancelliere Schroeder. Ma non è parso un appoggio entusiastico. Anche il premier Stepashin, che ha parlato con il vicepresidente Al Gore, è stato avaro di parole, sottolineando che la decisione russa di appoggiare il piano del G8 «è stata estremamente difficile» e presa «al solo scopo di ottenere la cessazione dei bombardamenti». Si capisce in sostanza che la posizione del presidente e del suo mediatore è ora molto difficile soprattutto sul piano interno. E tende a diventare molto delicato soprattutto il rapporto con i militari. «Stella Rossa», organo del ministero della Difesa, era ieri apertamente critico sull'accordo di Belgrado. Una citazione del portavoce del Dipartimento di Stato, James Rubin, che faceva pensare che la Russia potrebbe addirittura restare fuori dalla forza di pace, ha fatto infuriare i commentatori militari. Il primo viceministro degli Esteri Avdeev reiterava seccamente che la Russia «dovrà tenere aperta la via per controllare la situazione e non accettare un rego lamento della crisi su formule dettate dalla Nato». E Vladimir Lukin riassumeva perentorie richieste della Duma che sembrano tali da rimettere in discussione il senso e la lettera del documento fatto proprio da Cernomyrdin. «Mosca dovrà dire con chiarezza che ogni altra sua partecipazione al negoziato vi sarà solo quando i bombardamenti verranno interrotti» e che «la direzione del contingente militare congiunto sarà affidata non alle forze della Nato ma alle Nazioni Unite o all'Organizzazione per la sicurezza e la eoo pi;razione europea». Non è infine neppure chiaro se rappresentanti ras si prenderanno parte alla riunione che dovrebbe te nersi lunedì prossimo tra i comandi Nato e quelli ju goslavi. Il portavoce di Cernomyrdin insisteva ancora ieri - smentito dal portavoce della Nato - che la riunione si terrà a Belgrado, aggiungendo la stravagante notazione che si tratterebbe di un incontro «sotto l'egida dell'Onu». Mentre non si capisce come e perché l'Onu potrebbe e dovrebbe guidare una discussione tecnico-militare di quel genere. Sfortunatamente confusione e incompetenza sembrano all'ordine del giorno nell'entourage del plenipotenziario russo.

Luoghi citati: Belgrado, Helsinki, Mosca, Russia