Palomar, una seconda giovinezza

Palomar, una seconda giovinezza ASTRONOMIA Palomar, una seconda giovinezza L'elettronica rende competitivo il glorioso telescopio M » t t» ì PER mezzo secolo è stato il «gigante del Palomar», il più grande telescopio del mondo, col suo specchio largo 508 centimetri pesante una quarantina di tonnellate. Una fama largamente illustrata da ricerche d'avanguardia, a cominciare dal raddoppio delle distanze extragalattiche, annunciato da Walter Baade nel 1952 a Roma e dalla scoperta dei primi, remotissimi, quasar. Oggi, però, le dimensioni del gigante sono superate da altri colossi dell'ottica, come i due Keck di 10 metri alle Hawaii o il primo «occhio» del quadruplice Very Larghe Telescope di Cerro Paranal, di recentissima inaugurazione. Per non parlare dell'Hst, il telescopio spaziale Hubble, sospeso a 500 chilometri sopra la Terra e in grado di dare immagini esenti dalla turbolenza atmosferica, il grande nemico di chi osserva il cielo. Potrebbo sembrare, dunque, un semplice amarcord recarsi in visita al vecchio colosso inaugurato solennemente nel 1948 e dedicato a George Ellery Hale, l'astronomo che lo aveva tenacemente voluto. Potrebbe, ma non è. Il complesso di telescopi del Palomar, a cominciare dal mitico «200 pollici» è tuttora attivissimo, le luci crescenti ma ben controllate di San Diego (distante un'ottantina di chilometri in linea d'aria) non lo hanno ridotto al silenzio, e del resto la tecnologia di oggi, con i rivelatori Ccd che accorciano moltts- simo le lunghe pose fotografiche una volta necessarie, fa tuttora del magnifico riflettore della «montagna delle colombe» un importante strumento d'indagine, in stretto legame con i Keck di 400 pollici, dallo specchio «a mosaico» secondo una tecnica per prima sperimentata in Italia da Guido Horn d'Arturo. Niente amarcord: siamo tuttora davanti a un possente mezzo di ricerca, posto su un pianoro di mezza montagna, a suo tempo scelto fra cento siti diversi. Ed eccoci allora a rendere omaggio a tanto passato e a tanto presente: s'era una trentina di giornalisti dell'Ugis, l'unione dei divulgatori di scienza, guidati da Giancarlo Masini e da Paola De Paoli. Una visita che ci ha condotti fin nella cupola, oggi inaccessibile ai più per difesa contro la polvere, grande come quella di San Pietro. Oggi la funzione essenziale del 200 pòllici è quella di «apripista» per i 400 pollici Keck, costruiti a 4000 metri sul Mauna Kea (isole Hawaii) dal California Institute of Technology (a cui appartiene il telescopio del Palomar) e dall'Università di California. Vale a dire che il 200 pollici viene usato, ad esempio, per localizzare galassie remotissime (nello spazio e nel tempo), presumibilmente nel loro processo di formazione; il telescopio Keck interviene in un secondo tempo per studiare le più interessanti. Un successo recente del telescopio Hale è la scoperta, nel marzo scorso, da parte di Kulkarni e Djorgowski della «controparte» ottica del più potente «gamma-burst» registrato dal satellite Beppo Sax: il Keck è riuscito poi a registrarne lo spettro, provandone l'inconcepibile distanza. Il telescopio del Palomar è stato dotato ad opera della Cornell University e del famoso Jet Propulsion Laboratory di un sistema di correzione automatica della turbolenza atmosferica. L'ultimo importante apporto all'Osservatorio viene dall'interferometro con base 100 metri montato non lontano dal «cupolone» e che ha già registrato significativi successi nella misura di diametri stellari per astri giganti o supergiganti e nel rintracciare «compagni stellari» di massa planetaria. Luigi Prestinenza Il telescopio da 5 metri di Monte Palomar (California), che per tre decenni ha portato gli astronomi sulle frontiere dell'universo

Persone citate: Beppo Sax, George Ellery Hale, Giancarlo Masini, Guido Horn D'arturo, Hale, Hubble, Kulkarni, Luigi Prestinenza, Paola De Paoli, Walter Baade

Luoghi citati: California, Hawaii, Italia, Roma, San Diego