E' polemica sulle riforme

E' polemica sulle riforme E' polemica sulle riforme Sul premierato il Polo è diviso Berlusconi fa marcia indietro ROMA All'indomani di quella che era sembrata un'apertura alle tesi di Massimo D'Alema sul premierato, Silvio Berlusconi innesta la retromarcia. L'altro ieri il Cavaliere aveva annunciato la propria «disponibilità a discutere» di questa ipotesi, tant'è vero che il presidente del Consiglio lo aveva ringraziato. Il giorno dopo, però, ai microfoni di «Radio anch'io», il leader di Forza Italia chiude quello spiraglio. Il premierato, dice Berlusconi, «non è una base di discussione», è necessario invece trovare una «soluzione praticabile» che raccolga ampi consensi. L'indecisione del Cavaliere ha una spiegazione: il centro destra non ha ancora trovato una linea univoca sulle riforme. Lo stesso Berlusconi sembra ammetterlo quando spiega che il Polo «deve trovare una sua posizione su cui discutere con la maggioranza». Già, quella «posizione» ancora non c'è, e la auspica anche Pierferdinando Casini che in questi giorni si è calato nel ruolo di pompiere del centrodestra per allentare le tensioni tra il leader di Fi e quello di An, Gianfranco Fini. Il capo del Ccd, infatti, sottolinea che «l'importante è non procedere in ordine sparso e trovare una linea unitaria». La quale linea si fatica anche solo a intrawedere, visto che le polemiche tra il Cavaliere e il presidente di An non investono solo le riforme. Su queste divisioni, punta Walter Veltroni, che in un comizio elettorale, drammatizza i toni dello scontro in atto nel Polo. «Ormai - sostiene il segretario diessino - Berlusconi e Fini sono alla resa dei conti. La differenza di linea è evidente: Forza Italia vuole fare una piccola De, una De moderata e reazionaria, Alleanza nazionale vuole fare un'altra cosa». Il leader della Quercia ironizza pure sulla retromarcia innestata dal Cavaliere sulle riforme. «A Berlusconi - dice Veltroni non andava bene il testo della Bicamerale che conteneva il semipresidenzialismo. Se non dovesse essere un punto di partenza neanche il premierato non so da dove potremmo partire». Il segretario ds, come ovvio, rigira il coltello nella «piaga» del Polo, ma, a ben guardare, anche nella maggioranza non è che ci sia grande armonia. Franco Marini, cui pesa ancora la sconfitta subita nella vicenda del Quirinale, scalpita e avverte: «Dopo il voto europeo, fatte tutte le verifiche, bisognerà ricentrare l'alleanza». Il che non significa chiedere il rimpasto, il segretario del Ppi questo punto lo chiarisce immediatamente. No, secondo il leader popolare il problema è un ultra, e riguarda la necessità che nella coalizione venga applicata la regola della pari dignità tra i partner, perché i diessini, dice Marini, «saranno pure diventati socialdemocratici, ma un vizio di egemonia è rimasto». Sulle riforme, invece, sembra esserci un clima migliore nel centro sinistra. Il segretario del Ppi critica lo «scetticismo mgiustificato» con cui si guarda all'eventualità che il processo riformatore riprenda sul serio, ma non perde l'occasione per lanciare una frecciata al presidente del Consiglio. «D'Alema - sostiene - ha precorso i tempi mettendo già dei paletti con il premierato o il presidenzialismo. Discutiamone, senza però rifare l'errore di voler per forza tracciare delle strade da percorrere su un tema così delicato». Ma nel partito popolare, in realtà, molti hanno apprezzato l'apertura del presidente del Consiglio nei confronti del premierato. E' il caso di Nicola Mancino. Il presidente del Senato, dopo aver sottolineato che «ci sono segnali di ripresa del dialogo sulle riforme», osserva che il premierato si «colloca in linea con quanto è stato deciso con l'elezione diretta del sindaco, del presidente della Provincia, e con l'accordo che si sta delineando sull'elezione diretta del presidente della Regione». Secondo Mancino è molto importante scegliere «un sistema coerente» e il premierato risponderebbe a questa esigenza. ir. r.l

Luoghi citati: Roma