«Duello» Napofitano-Macaluso di Emanuele Macaluso

«Duello» Napofitano-Macaluso «Duello» Napofitano-Macaluso Scambi di accuse sull'intervento in Kosovo ROMA La guerra divide due «cavalli di razza» del Pei, già compagni di corrente (migliorista), ora diessini separati dalla crisi del Kosovo: uno, Emanuele Macaluso, critico nei confronti della linea del partito e dell'intervento Nato; l'altro, Giorgio Napolitano, favorevole, sia pure con alcuni distinguo. Terreno di battaglia, la rivista diretta da Macaluso, «Le ragioni del socialismo». Sull'ultimo numero Napolitano Urina un lungo articolo, in cui replica all'editoriale di Macaluso del numero precedente, che definiva l'intervento armato «un grave errore». «Questa è un'affermazione - argomenta Napolitano - che può riflettere un dissenso sulle condizioni e sulle modalità di questo specifico intervento contro la Serbia, sia un dissenso di principio sul ricorso alla forza, all'azione militare, da parte della comunità internazionale». Napolitano replica innanzitutto a questa seconda lettura, richiamando «l'irrinunciabile validità del capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite, che esplicitamente prevede azioni militari per "salvaguardare o ristabilire la pace e la sicurezza internazionale" con forze - come precisa l'articolo 42 - "aeree, navali e terrestri'». «Se il dissenso si riferisce solo - aggiunge l'ex ministro degli Interni - all'intervento Nato, bisogna peraltro distinguere tra errori di valutazione, di previsione, di gestione che tanto hanno pesato e pesano su questo intervento, e possibilità di evitare il ricorso alla forza, alternative reali che non sarebbero state considerate e praticate». Ma alternative, è la tesi di Napolitano, non vi erano. «Troppo facile è indicare la strada del negoziato, come se non fosse stata esplorata e tentata». Semmai la «dura lezione» del Kosovo è «un'assoluta esigenza di accelerazione sulla via di una "identità europea di sicurezza e di difesa" e di una "politica estera e di sicurezza comune"». Ma «Napolitano sa bene», è la replica dell'editoriale di Macaluso, «che chi scrive questa nota non è contro "il ricorso alla forza, all'azione militare, da parte della comunità internazionale comunque e dovunque"». Non a caso, ricorda Macaluso, ai tempi della guerra del Golfo «la componente riformista del Pds si schierò, in polemica con la maggioranza del partito, con l'intervento deciso dall'Onu». Ma «oggi il quadro è del tutto diverso», annota il direttore de «Le ragioni del socialismo», citando a sostegno editoriali di Giovanni Sartori ed Eugenio Scalfari. «E non è un caso che i risultati dell'azione militare siano, anch'essi, diversi, e diversissimo è l'orientamento di una vasta opinione pubblica». I fatti ci danno ragione, sostiene Macaluso. E «anche a proposito dei ritardi del socialismo europeo nel prendere coscienza dei temi che maturavano con la crisi dell'Orni, la riorganizzazione della Nato, i nuovi equilibri determinati dalla crisi dell' Urss e dalla presenza nel mondo di una sola grande potenza, l'esplodere di nazionalismi, conflitti etnici e religiosi, le nostre preoccupazioni restano tutte», (al. ca.] Emanuele Macaluso direttore della rivista «Le ragioni del socialismo»

Luoghi citati: Kosovo, Roma, Serbia, Urss