Lettere minatorie Br, allarme a Milano

Lettere minatorie Br, allarme a Milano Buste con proiettili inviate ai leader di partito e al vicesindaco. Albertini: avevo ragione io Lettere minatorie Br, allarme a Milano D'Ambrosio cauto: in campagna elettorale capita di tutto Fabio Potetti MILANO «Alla cortese attenzione...», c'è scrìtto sulle cinque buste inviate per posta, una indirizzata direttamente al vice sindaco Riccardo De Corate, le altre quattro attraverso l'agenzia Ansa di Milano a Massimo D'Alema, Silvio Berlusconi, Pierferdinando Casini e Vittorio Sgarbi. Dentro le buste con la finestrella per l'indirizzo e l'etichetta del destinatario scritta a computer, cinque proiettili calibro 357 magnum e un improbabile volantino con la stella a cinque punte e la foto dell'attrice Francesca Neri, protagonista del film La mia generazione. «E' un grave segnale contro le istituzioni», lancia l'allarme il vice sindaco De Conilo. «E' la prova di quanto dicevo una settimana fa, sul terrorismo a Milano. Sono stato criticato e dileggiato, queste pallottole sono una conferma», soffia sul fuoco della polemica il sindaco Gabriele Albertini. «E' ima cosa molto seria. C'è stato lassismo, nei confronti di ambienti della sinistra molto vicini alla violenza», ci crede Silvio Berlusconi, impegnato in provincia in un gi¬ ro elettorale. Anche Bertinotti (dopo le polemiche per le dichiarazioni sul delitto D'Antona) adesso va giù duro: «Un fatto gravissimo, un elemento di inquinamento pesante della vita politica». Più «meditata» la dichiarazione di Veltroni: «Sono segnali di intolleranza e violenza che non si possono certo paragonare agli assassinii. E' un fenomeno comunque da tenere sott'occhio». Ma politici a parte, nessuno sembra dare credito a quel collage, con i ritagli di giornale di vecchie risoluzioni strategiche delle Br datate ventuno anni fa, la foto di un film sul terrorismo, quella di uno striscione con la stella a cinque punte e altre con le immagini di Bill Clinton, Massimo D'Alema e pure l'Avvocato Agnelli, tutte prese da vecchi quotidiani. «Stiamo indagando», dicono alla Digos. «Episodi poco significativi, siamo in campagna elettorale, a dieci giorni dalle elezioni...», non ci crede Gerardo D'Ambrosio. «Fino al 13 giugno si può fare di tutto, speriamo che continuino solo con queste stupidaggini... E poi cerchiamo di non fare confusione: un conto sono queste vicende, un'altra cosa è uccidere un uomo dell'area di governo», tiene separate le due vicende, le pallottole per posta da quelle contro D'Antona, il numero uno della procura di Milano. Valutazioni molto differenti dunque, anche sulla portata dell'allarme terrorismo a Milano. Quello sollevato dal sindaco, che ha denunciato la presenza di cellule terroriste ali interno delle municipalizzate. Quello che ha portato a un'inchiesta della magistratura, chiusa dopo pochi giorni per l'inconsistenza delle accuso lanciate da Gabriele Albertini. E adesso il sindaco insiste, dopo il collage con la stella a cinque punte inviato ieri per po¬ sta, con regolare affrancatura e il timbro del centro smistamento milanese di Roserìo. «Il mio allarme di una settimana fa serviva ad indirizzare l'attività di prevenzione. Oggi abbiamo la conferma che questa pericolosità esiste», rincara la dose il sindaco Albertini, mentre sul suo tavolo piovono le testi¬ monianze di solidarietà, dai vertici milanesi dei Ds al sindacato, dalla giunta agli alleati a Palazzo Marino, fino al sindaco di Venezia Massimo Cacciari che invita a non sottovalutare la minaccia. «All'inizio del terrorismo, trenta anni fa, il fenomeno non venne compreso. E le Brigate rosse poterono arrivare al se- questro Moro», guarda al passato il vice sindaco De Corato, mentre si dice sereno e contrario all'idea di avere una scorta. Ma dalla procura, arriva già una risposta. «Abbiamo sempre dato la massima attenzione a tutti gli episodi, anche alle denunce del sindaco. Ma in quel caso non c'era alcun riscontro», replica D'Ambrosio, mentre si lamenta che prima della magistratura, siano stati avvisati i giornalisti. «Metteremo tutta l'attenzione per chiarire certe vicende, ma in Comune facciano il loro mestiere che noi facciamo il nostro», aggiunge, non ricordando alcun episodio simile che porti alle Brigate rosse. «Queste cose le facevano al giudice Stiz di Padova, quando indagava su Preda e Ventura», spiega. Anche il leader del ecd Pierferdinando Casini, crede poco alla minaccia postale: «Non ci lasceremo intimidire, se qualcuno crede di farlo con queste sciocchezze si sbaglia». E ancora: «Abbiamo parlato troppo di perdonismo, oggi paghiamo le disattenzioni del passato. Ma se un politico si fa mtimidire da una sciocchezza del genere è meglio che cambi mestiere».

Luoghi citati: Milano, Padova, Venezia