Clinton si ferma al «cauto ottimismo» di Andrea Di Robilant

Clinton si ferma al «cauto ottimismo» Il presidente aspetta «i fatti concreti» e discute con i generali le nuove mosse militari Clinton si ferma al «cauto ottimismo» «Le esperienze del passato ci hanno insegnato la cautela» Andrea di Robilant corrispondente da WASHINGTON «Ogni movimento della leadership serba verso l'accettazione delle condizioni poste dalla Nato è naturalmente gradito. Ma le esperienze del passato ci hanno insegnato a rimanere cauti. E finché non avremo verificato l'inizio del ritiro dello truppe serbe dal Kosovo, continueremo lo sforzo militare che ci ha permesso di arrivare dove siamo». Nessun sorriso, nessun segno di sollievo. Nel giorno in cui molti leader europei già brindavano alla pace, il presidente Clinton si è presentato nel Giardino delle rose alla Casa Bianca il volto teso, per nulla incline a cantar vittoria. E preoccupato dalle possibili «sorprese» che gli potrebbe riservare Miloscvic. «Vogliamo vedere risultati concreti», hu detto. Nel frattempo, i bombardamenti continuano. E a scanso di equivoci Clinton si è subito chiuso con i suoi generali per discutere le prossime, possibili mosse militari. Al di là della comprensibile prudenza di Clinton, la freddezza iniziale dell'Amministrazione alle notizie che giungevano ieri mattina da Belgrado si e comunque attenuata a mano u mano che i dettagli e alcuni chiarimenti (non tutti) sono giunti a Washington, precisando il quadro dei risultati ottenuti da Manti Ahtisaari e Viktor Ccrnomyrdin. E quando il Presidente; si è finalmente alfacciato nel Giardino dello rose per fare la sua breve dichiarazione si respirava per la prima volta un'ariu nuova, impregnata appunto di «cauto ottimismo». Ad alimentare il nuovo clima, raccontano fonti della Casa Bianca, è stata soprattutto la lunga telefonata di ieri mattina tra il Presidente e il suo inviato per il Kosovo Strobe Talbott, numero due del dipartimento di Stato e amico fidato di Clinton dai tempi di Oxford. Talbott aveva appena ricevuto a sua volta un lungo briefing da Ahtisaa- ri e Ccmomyrdin a Colonia. «Le prossime 24-48 ore saranno decisive per capire se Milosevic questa volta fa sul serio», dicevano ieri nell'entourage del Presidente. «Ci sono ancora dettagli importanti da chiarire sull'adempimento degli accordi. Ma por la prima volta i segnali da Belgrado sono incoraggianti». Così dietro le quinte. Ma di fronte all'opinione pubblica il governo americano ha cercato di mantenere il volto più duro possibile alla luce delle nuove circostanze. «Nei prossimi giorni», ha detto il portavoce del dipartimento di Stato James Rubin, «avremo soprattutto una parola in mente: adempimento, adempimento, adempimento. Perché solo un preciso adempimento delle condizioni poste dalla Nato porterà alla pace». E a chi gli chiedeva se al di là della necessaria cautela non si profilava comunque una vittoria della Nato, Rubin rispondeva un po' seccato che non era il caso di dilungarsi su cosa costituisse o non costituisse ima vittoria. «Dobbiamo rimanere molto sobri nel giudizio, molto attenti. Non è certo arrivato il momento di stappare lo champagne. Prima vogliamo vedere azioni verificabili sul terreno. Questa è l'unica valuta in circolazione. Chiacchiere seduttive non ci interessano». Nel pomeriggio Clinton e i capi militari hanno messo a punto i piani per il dispiegamento dei 7 mila soldati americani che andranno a integrare la forza di circa 50 mila uomini che entrerà in Kosovo quando le truppe serbe cominceranno ad evacuare la regione. «Una parte cospicua di quella forza - circa 20 mila uomini - già si trova in Macedonia e dovrebbe essere in grado di entrare molto rapidamente in Kosovo», ha precisato Rubin. Ma il summit del Presidente con i generali è servito soprattutto per mettere a fuoco l'ipòtesi di una possibile invasione di terra - ipotesi mai caldeggiata ma mai accantonata - qualora l'apertura di Milosevic ieri a Belgrado si rivelasse l'ennesima beffa del leader serbo. Il generale Wesley Clark, sostenitore di una forza di terra, non era presente al vertice. E questo lascia supporre che l'ipotesi di un'invasione rimanga impopolare sia nell'entourage del Presidente che tra i capi di stato maggiore. Semmai, gli sviluppi di ieri a Belgrado sembrano aver rafforzato la tesi di Clinton - che una campagna aerea avrebbe, da sola, finito per piegare il leader serbo. Per ora, infatti, circola una sola spiegazione a Washington per l'apparente cedimento di Milosevic dopo oltre settanta giorni di bombardamenti aerei da parte della Nato, le forze armate serbe sono state decimate e il sistema di potere di Milosevic è sul punto di sfaldarsi. I prossimi giorni diranno se questa interpretazione dei fatti che riscatta l'aeronautica e potrebbe portare ad una nuova dottrina strategica - e giusta o sbagliata. Il portavoce del Dipartimento di Stato: non è ancora l'ora di stappare lo champagne Ora la nostra parola d'ordine deve essere: adempimento II presidente Clinton con una cadetta alla cerimonia di fine corso dell'Accademia dell'Aeronautica militare Per la Casa Bianca I raid per ora continuano