Il Pkk ad Ankara; pronti a lasciare le armi

Il Pkk ad Ankara; pronti a lasciare le armi Ecevit: i reporter italiani sono andati via perché non c'era nulla da criticare. Gli inviati: «Ci hanno tenuti lontano» Il Pkk ad Ankara; pronti a lasciare le armi //processo Ocalan verso la sentenza, avvocati assenti per protesta ANKARA. Il Partito dei lavoratori curdi (Pkk) ha accolto l'appello di Abdullah Ocalan a deporre le armi e a «scendere dalle montagne». «Quindici anni di guerra sono abbastanza», si legge in un comunicato rilasciato dall'organizzazione all'agenzia di stampa «Dcm», nel quale si auspica una «soluzione democratica del conflitto da raggiungere attraverso la pace e la fratellanza». Il processo contro il leader curdo, apertosi lunedì sull'isola di Imrali, sembra vicino alla conclusione. Il presidente della Corte speciale per la sicurezza dello Stato, Turgut Okyay, ieri al termine dell'udienza ha riconvocato le parti per oggi e ha invitato l'accusa e la difesa a presentare le loro dichiarazioni Finali. In aula Ocalan, che rischia la condanna a morte e si ò impegnato a lavorare per la pace se gli sarà risparmiata la vita, ha nuovamente sollecitato la Turchia ad accettare la sua proposta e dargli occasione di servire «il grande Stato» turco. L'agenzia «Anadolu» ha riferito che il capo del Partito dei lavoratori del Kurdistan, rinnovando la rinuncia non solo all'indipendenza, ma anche all'autonomia, ha ripetuto che ai curdi dovrebbe bastare la legalizzazione della loro lingua, attualmente proibita. A una domanda del presidente Okyay sugli attacchi suicidi del Pkk, «Apo» ha risposto: «Non ho mai dato un solo ordine per un attentato suicida. Non li approvo, e ho lavorato por impedirne il ripetersi». Anche durante l'interrogatorio di ieri, il leader curdo aveva respinto le accuse anche se, mostrando la sua volontà di collaborare, aveva risposto diffusamente alle domando sul Pkk. La guerriglia curda ha ricevuto armi e addestramento militare dalla Grecia, aveva detto Oculan, che aveva parlato anche di campi del Pkk in Jugoslavia e di aiuti dalla Siria e dall Iran. «Apo» ha però escluso contatti tra il suo movimento e la fazione palestinese di Ami Nidal, il terrorista internazionale latitante e ritenuto responsabile della morte di più di 300 persone. Ocalan ha avuto un botta e risposta con uno dei legali che rappresentano i familiari delle vittime del Pkk, l'avvocato curdo Kazim Ayaydin: «I miei genitori parlano solo curdo. Curdi e turchi hanno vissuto insieme per 400 anni, e continueremo così», ha affermato Ayaydin. L'imputato gli ha risposto che «curdi e turchi erano uniti» ma «negli ultimi 200 anni si sono prodotti scontri causati da forze interne e esterne. Ciò nonostante continuiamo a vivere uniti. Dal 1990 ho lottalo contro le forze esterne che volevano strumentalizzare il Pkk». Al termine dell'udienza, l'imputato ha chiesto alla coite, che ha dato il suo consenso, di poter ricevere giornali senza censura. Frattanto uno dei legali del leader del Pkk, Kemal Biigic, ha annunciato che lui e i suoi colleghi diserteranno il processo perché la loro sicurezza non è garantita. L'avvocato Bugie ha precisato che ieri un gruppo di una cinquantina di persone ha inscenato una dimostrazione davanti all'albergo contro di loro aggredendoli verbalmente e minacciandoli. In con¬ seguenza di ciò sono stati costretti a lasciare l'albergo per trasferirsi a Istanbul. Ed oggi non saranno in grado di partecipare alla quarta udienza del processo. I legali e i familiari di Ocalan non avevano potuto trovare nessun alloggio a Mudanya o a Geinlik, da dove ci si imbarca per Imrali, in seguito all'ostilità della popolazione. Il primo ministro turco Bulent Ecevit se l'è presa ieri con i giornalisti italiani affermando che quelli di loro «che sono andati sull'isola di Imrali, hanno poi sentito l'obbligo di lasciare la Turchia non potendo trovare niente da sfruttare» nel processo contro Abdullah Ocalan che si sta svolgendo in un modo esemplare. Nessun giornalista italiano ha in realtà potuto recarsi ad assistere al processo sull'isola di Imrali a causa del divieto delle autorità turche, (ili inviati italiani affermano, in una dichiarazione, che «il primo ministro Bulent Ecevit non può dire ciò che ha detto: noi non siamo mai stati ad Imrali proprio perché il governo turco ce lo ha vietato». [Agi-Ansa] Un pensionato turco mostra la prima pagina del quotidiano «Aksam» con il titolo: «Impicchiamolo e poi scusiamoci». E' la discutibile reazione alle scuse offerte dal leader curdo Abdullah Ocalan ai familiari delle vittime della guerriglia nel SudEst del Paese -x.tr.~i òziir tìftep» il s*hH piutya alavctti ■skssbèum fatiasl Dolman* E?f6 il'.';: Vii.-tWv" f6 IFOTO/V] il'.';: Vii.-tWv"

Luoghi citati: Ankara, Grecia, Iran, Istanbul, Jugoslavia, Kurdistan, Siria, Turchia