Foa: sindacati troppo deboli contro il nuovo terrorismo di Aldo Cazzullo

Foa: sindacati troppo deboli contro il nuovo terrorismo IL LEADER STORICO DELLA SINISTRA ITALIANA «METTIAMO IN GUARDIA I GIOVANI, SONO IN PERICOLO» Foa: sindacati troppo deboli contro il nuovo terrorismo intervista Aldo Cazzullo ROMA LE vere vittime delle Br non sono gli uomini che ammazzano; sono i ragazzi cui rovi ■ mino la vita attraendoli a sé. Per questo sono portato a chiedere lu repressione più drammatica e più dura. Forse unche nel sindacato sarebbero occorse maggiore chiarezza e maggiore durezza. Siamo di fronte a un grave pericolo, che richiama tutti - politici, intellettuali, docenti - a intervenire, a mettere in guardia i giovani. Il colpo di pistola che ha ucciso D'Antona, però, ci ricorda anche che esiste una periferia sociale e culturale. C'è un disagio che non va criminalizzato. Schiumi occorre ricordarcene. Occuparci meno dei vecchi e più dei giovani. E tenere gli occhi aperti». Vittorio Foa, a che cosa si riferisce quando dice che «nel sindacato sarebbero occorse più chiarezza e più durezza»? «Lo faccio un esempio. Anni fa persone che conoscevo bene, bravissime sul piano umano, avevano costituito nella Cgil una corrente chiamata "Essere sindacato". Se fossi stato Trentin, avrei vietato l'uso di questa formula. Perché equivale a dire: "Chi non 6 con me non e sindacato". E' una forma di scissione da una disciplina morale e da un'identità collettiva. Si doveva essere più espliciti contro certi linguaggi e certo forme di organizzazione separata». Como valuta quel «parzialmente condivisibile» di Bertinotti? «La Costituzione non vieta a uno di ossero scemo. Lui è stato uno scemo e basta». E' possibile accostare questi «giorni di piombo» agli Anni 70? Il nuovo terrorismo ha, come quello vecchio, un sostrato sodalo? «Oggi ci sono alcol e droga. Allora, l'ideologia. Vedo però una continuità nel linguaggio. Negli Anni 70 il linguaggio della follia era generalizzato. Ora ne avverto l'eco. Ad esempio, l'America indicata come nemico. Ci sono elementi di verità in questo bisogno polemico: l'idea che l'America sia il solo soggetto capace di intervenire nelle crisi mondiali può turbare le coscienze. Sbagliata è, ovviamente, la risposta: a fianco dell'America dovrebbe esserci l'Europa». La guerra può aver fatto da detonatore al ribellismo? «C'è stata paura. In Germania Fischer ha controllato la situazione, in Francia il pacifismo non è cosi diffuso. Da noi invece è dilagato nelle università, trascinando docenti e intellettuali - più che i lavoratori - su una posizione molto pericolosa: "Facciano quel che vogliono, purché ci lascino in pace". Pensare solo a se stessi è grave, ma non credo c'entri con il terrorismo». Centri sociali e sindacalismo di base saranno la nuova «zona grigia», l'entroterra rappresentato un tempo dalla sinistra extraparlamentare? «Non ho pratica dei centri sociab. Ho conosciuto qualche ragazzo, di cui mi ha lasciato sgomento il 1 inguoggio. Ha ragione D'Alema: le parole sono pericolose. Non sono pallottole, ma possono fare da detonatore. Mi viene però da aggiungere '- stavo per dire da vecchio antifascista - che le parole non vanno neanche criminalizzate. Ci vuole più energia verso le turbolenze. Ma dobbiamo evitare due rischi. Il pri» md: liquidare il nuovo terrorismo come follia omicida, affi untarlo solo in termini repressivi, di polizia, mentre ogni evento ha riferimenti sociali. Il secondo: enfatizzare pro¬ prio questo aspetto sociale, che non spiega tutto». Perché? Giorgio Bocca invece ha scritto che le condizioni per la lotta armata - dalla disoccupazione alla globalizzazione selvaggia - ci sono nell'Italia di oggi più che in quella di allóra. Non condivide? «A giudicare dalle reazioni della gente, compresi i miei amici, l'assassinio di D'Antona, questo grave attacco al raccordo tra politica e lavoro, ha impressionato molto il Nord, poco il Sud. Questo omicidio ci ricorda che esiste un disagio sociale non collegato al disagio materiale; semmai, allo sviluppo. C'è una periferia morale. Usciamo da una fase di ottimismo - siamo entrati in Europa, abbiamo un nuovo presidente che tutti amiamo -, e abbiamo trascurato un difetto di rappresentanza cui va invece riservata grande attenzione. Ci può essere gente pronta a votare Ciampi ma che nel suo cuore non è rappresentata dalla vita politica, non si sente partecipe. Noi che ci sentiamo appagati, dobbiamo sapere che vi sono malcontenti e tensioni». La sinistra di governo ha qualcosa da rimproverarsi? «D'Alema sta governando bene. Guidava l'opposizione di sinistra a Occhetto; sconfittolo, ha portato la sinistra in Europa, facendo un po' quel che Vidal-Naquet attribuisce a Giuseppe J'ebreo, nel suo/libro "Il buon uso^del tradimento". Ora per la poi itica è venuto il momento delle scelte: occuparci dei vecchi che non hanno più il lavoro o dei giovani che non l'hanno ancora. Dei gio¬ vani, finora, ci siamo occupati pochissimo. Il vero problema non è il lavoro, ma il risparmio: se il risparmio si cristallizza nei vecchi non si muove. Spero che Ciampi, proprio perché anziano, avverta questa esigenza e denunci la gerontocrazia». A proposito: ha conosciuto Ciampi quando multavate entrambi nel partito d'azione? Che cosa si attende da lui? «Ci siamo conosciuti nell'estate del '45, a Firenze. Io ero nella segreteria nazionale del partito e tenevo un comizio in piazza della Libertà, lui era lì come segretario della federazione di Livorno. Poi ci siamo persi di vista per mezzo secolo. Quando, nel '93, Ciampi divenne presidente del Consiglio, mi scrisse per ricordarmi quell'incontro. L'ho invitato a colazione, ci siamo ritrovati. Ma oggi non penso al Ciampi azionista di allora, bensì al banchiere di Stato, al premier dell'accordo del luglio '93, al ministro dell'Euro. Risultati raggiunti sempre dicendo di non occuparsi di politica. Sarà una presidenza alla Einaudi. Ciampi dice ai partiti: "Fate voi". Vedrete che farà anche lui. Ma con discrezione». «Bertinotti? La Costituzione non vieta di essere scemi» «D'Alema sta governando bene Ma per la politica è tempo di scelte» Qui sopra Fausto Bertinotti e, a destra, Massimo D'Antona ucciso da un agguato delle Brigate rosse a Roma In alto Vittorio Foa