«Con la pace al voto europeo» di Antonella Rampino

«Con la pace al voto europeo» «Con la pace al voto europeo» Veltroni: l'elettorato di sinistra non capisce più i bombardamenti Antonella Rampino inviato a COLONIA C'era una volta, ai tempi di Berlinguer, una vignetta che ritraeva l'austero e segaligno leader comunista dentro un tunnel, mentre diceva che «la Terza Via è quella che passando per la Quarta Internazionale approda sulla Quinta Strada». Il Walter Veltroni con ali conversiamo liberamente in alta quota, su un aeroplanino che lo porta a presentare al vertice dei leader socialisti e di centro sinistra europei la sua proposta di pace per il Kosovo, è un po' come il Berlinguer di quei tempi andati. Sarà anche poco prima del «quindi uscimmo a riveder le stelle», ma per ora Veltroni sta stretto in un cunicolo, tra le esigenze.' di una moderna società di libero mercato, appesantito dal prometeico fardello degli irrinunciabili valori di sinistra, e in cammino verso una strada nuova. Quella Terza Via di cui oggi sono profeti proprio i leader, Blair innanzitutto, che Veltroni è venuto ad incontrare. «Se finisse bene, se davvero ci fosse la pace, e se fosse una pace giusta, certamente sarebbe apprezzata anche dall'elettorato la nostra posizione, tutto quello che abbiamo fatto di fronte alla guerra in Kosovo». La frase Veltroni la dice alla fine, senza tormento, ma esprimendo un malessere che è delle viscere, il malessere della sinistra alla vigilia di un importante voto europeo, con in corso una guerra. Una guerra alla quale proprio la sinistra ha dato il consenso. Veltroni, con tutti gli errori che la Nato ha commesso, quel consenso le sembra ancora opportuno? «In questi mesi abbiamo sostenuto l'azione internazionale, e affrontato molte discussioni interne al partito: la decisione è stata difficile per la nostra storia, per la radicata cultura della non violenza. L'azione militare aveva una necessità etica alta, fermare la pulizia etnica. Ma la cosa più importante di tutte è un'altra, per la prima volta la comunità internazionale si è fatta carico dei diritti umanitari. Questa è un'anticipazione di quello che potrebbe avvenire in Kurdistan, in Eritrea, in India. In tutte le miriadi di conflitti etnici». Altre guerre umanitarie della Nato? «Non scherziamo. Questa guerra chiama in causa l'Onu. La Nato è intervenuta per aggirare il diritto di vi.'to di Cina e Russia. Invece dobbiamo integrare la carta delle Nazioni Unite con il diritto umanitario. Per evitare l'arbitrarietà delle decisioni, esse devono essere prese dalla politica. Se no, può accadere quello che rischiamo in Ko • sovo. L'invio di truppe di terra è una prospettiva pesante per l'Europa». Si sente una vena critica nelle sue parole. Gli americani sono troppo intransigenti? «Sì, qualche volta si. Parliamoci chiaro: se Milosevic accetta le richieste espresse dal G8, come si fa a dirgli di no? Gli si può dire: vogliamo controllare, essere sicuri che non ci stai fregando. Ma non si può dirgli di no. Anche perché non sospendere i bombardamenti, in quel caso, provocherebbe una rottura nei rapporti con Russia e Cina». L'altro giorno però Milosevic si è contraddetto. «La pace deve essere una pace giusta, così come lo era la guerra. Una guerra giusta come lo sbarco degli americani in Normandia. Io il rapporto di Mary Robinson sulle atrocità dei serbi in Kosovo l'ho letto tutto. E dico clie per la prima volta, in modo esplicito e forniate, i serbi hanno dichiarato di accettare la fine della pulizia etnica e la forza di interposizione. Di fronte a questa novità - so, ripeto, verrà confermata - è arrivato il momento di sospendere i bombardamenti». Veltroni, le sue ragioni sono chiare, sono dettate anche dal malessere del partito, che rischia di tradursi in percentuali negative al voto europeo? «Noi abbiamo la coscienza tranquilla. L'Italia, il suo governo, ha sfruttato ogni avamposto diplomatico per la pace. Personalmente, ho sempre detto che la Nato doveva evitare il bombardamento sui civili, e attenersi all'uso di armi convenzionali Ed è di fronte all'opinione pubblica tutta, non solo all'elettorato di sinistra, che appare sempre meno comprensibile che continuino i bombardamenti, mentre Milosevic accenna ad aperture di pace. C'è per la prima volta una grande speranza».