Cossiga: riparto dal Ppi di Ugo Magri

Cossiga: riparto dal Ppi I PROGETTI DELL'EX PRESIDENTE «CI VUOLE UN VERO CENTRO DEGASPERIANO» Cossiga: riparto dal Ppi «Bisogna salvarlo dall'estinzione» intervista Ugo Magri ROMA AL letto di dolore al quale è costretto per via della frattura all'acetabolo della gamba sinistra, che si procurò cadendo un mese fa a Zagabria, Francesco Cossiga allunga la mano e preme un tasto del vivavoce sul comodino. «Comandi, Presidente». «Sia gentile, mi cerchi l'onorevole Mino Martinazzoli. Voglio chiedergli quella splendida citazione manzoniana che lui ha ritrovato...». Alessandro Manzoni? Vuoi vedere che, dopo la delusione dell'Udr, l'ex Presidente ha deciso di rifugiarsi nei grandi classici? Nulla di più sbagliato. Cossiga non molla il progetto centrista. Anzi, nel riposo forzato del suo appartamento in Prati, sta preparando la prossima mossa. In che cosa consista, non intende svelarlo. Però offre una pista: «Voglio dare una mano al Ppi, che alle prossime elezioni europee rischia l'estinzione. Sto studiando che cosa posso fare per impedire questa tragedia...». Chi minaccia, Presidente, l'esistenza dei Popolari? «La minacciano i Democratici di Prodi e Di Pietro. Se loro vincono, e Marini verrà sconfitto, addio centro democratico e riformatore. Senza i Popolari non sarebbe possibile». Preoccupato? «Molto. E con me lo sono quanti vorrebbero creare in Italia un centro vero, lo definirei "degasperiano", capace di guardare a sinistra, distinto e distante dalla destra». Ma cosa ci sarebbe di male in una vittoria di Di Pietro? «S'immagini che cosa posso pensare di un sistema politico in cui Di Pietro dovesse diventare importante... D'altra parte, se il Ppi andrà incontro alla catastrofe, potrei malignamente dire che se lo sarà meritato». Colpa di Marini? «Per tre volte lui ci propose di fare liste comuni tra quanti si riconoscono nei valori del popolarismo europeo, e io accettai. Quindi mi chiese il sacrifìcio di mettere, nel simbolo comune, anche due foglioline d'Ulivo per superare le resistenze interne al Ppi. E io dissi di sì pure a questo sacrificio. Poi... non ne ha fatto più nulla». Come mai, secondo lei? «Perché il Ppi, o almeno una parte di esso, non crede alla prospettiva del popolarismo europeo. Nel loro simbolo elettorale non hanno neppure richiamato il Ppe. Dicono di essersene dimenticati». Gli crede? «Ma figuriamoci! Non hanno fatto quel richiamo per via delle loro divisioni interne. Senza rendersi conto che o si appartiene alle grandi famiglie del socialismo e del popolarismo, oppure in Europa non si conta niente. Guardi i Ds. Hanno seminato l'Italia di foto in cui si trovano fianco a fianco Schroeder, Jospin, D'Alema, Blair, cioè i premier del socialismo continentale. I Popolari, invece, non hanno fatto niente del genere. Per caso, ha visto lei in giro manifesti con Kohl, Aznar, Marini, Junker, Rosi Bindi?». No, in verità. «Appunto». In compenso c'è Romano Prodi che, forte del mandato di Commissario europeo, gira l'Italia in treno propagandando l'Asinelio... «Su questo io ho la coscienza a posto. Avevo preavvertito Ppi e Ds che, se non fossero stati chiari ed energici con Prodi, lui avrebbe formato un partito, si sarebbe comportato da capopartito e avrebbe fatto campagna elettorale contro coloro cui deve la nomina europea. Le faccio una previsione: Prodi continuerà anche in futuro a essere presente nella politica italiana, nella sua veste di semi-progressista sociale e di conservatore politico-istituzionale». Conservatore Prodi? «Ma certo! Le racconto un aneddoto. Parlando privatamente con degli industriali del Nord, che me lo hanno riferito, lui ha detto: sostenetemi, perché caccerò da Palazzo Chigi quel comunista che Cossiga e Marini hanno piazzato lì». Magari Prodi stava solo cercando di accattivarsi i suoi interlocutori... «No, no, lui ha detto proprio quel che pensa. Anche se poi il beneficiario vero delle operazioni prodiane sarà Berlusconi. Il quale, stroncato il Ppi, e fatto venir meno il riferimento ne- cessario per costituire un'area di centro, porrà la sua*candidatura quale unico rappresentante del Ppe in Italia». Il che non la entusiasma. «Le confesso, la cosa comincia a porre problemi di coscienza anche a me. Come potrei sentirmi a mio agio in un Ppe dove il secondo raggruppamento a livello europeo è il partito-azienda di Berlusconi? E dove il terzo partito, quello popolare spagnolo, raccoglie gran parte dei post-franchisti? Ho solo una speranza...». Dica, Presidente. «Che l'Europa popolare infetti Forza Italia di quella terribile malattia che si chiama libertà». Ha sentito, ultimamente, il Cavaliere? «No, lui con me non parla. Mi ha mandato a dire che cadrebbe nel teatrino della politica e perderebbe voti». Lui si augura un trionfo elettorale per cacciare D'Alema. «Mi creda: se riesce a sopravvivere un governo con dentro i filo-Nato e gli anti-Nato, i pacifisti e i guerrafondai, figuriamoci se la maggioranza non troverà il modo di restare in piedi pur di non far posto alla destra. Si dice tutto e il contrario di tutto... Sento da autorevoli fonti che siamo per l'intervento umanitario nel Kosovo, peraltro a fianco della Serbia. Che riteniamo legittimo usare le armi per evitare il genocidio, però la colpa non è dei serbi ma dei kosovari che hanno sparato ai poliziotti. E si sa, la polizia, anche se serba, va comunque rispettata...». Per caso sta polemizzando di nuovo con il ministro Dini, che lei ha invitato a riposarsi m Costa Rida? «Su Dini ho già detto tutto e non aggiungo altro». Però sul titolare della Farnesina si addensa la tempesta. Circola la voce che lui e Scognamiglio potrebbero far le spese di un eventuale rimpasto di governo, dopo le elezioni. «In quel caso dovremmo spiegare agli alleati come mai sostituiamo i titolari della politica estera e di difesa solo per far contenti l'onorevole Prodi e l'onorevole Mastella. Ma qui conto sulla furberia politica del presidente del Consiglio, consacrata nelle elezioni presidenziali. Che sono state un grande successo di D'Alema: ha tenuto insieme la maggioranza e ba fatto convergere il Polo sul suo candidato». Lei crede che dal «metodo Ciampi» possano ripartire le riforme istituzionali? «Vediamo, vediamo se ci riescono. La riforma più semplice sarebbe stata l'elezione diretta del Capo dello Stato. Invece vogliono iniziare da quella cosa complicatissima che è il federa- lismo... Vorrà dire che le Camere avranno'qualche cosa da fare per i prossimi due anni. Il centro-sinistra avrà modo di guadagnare tempo e di allontanare cosi i rischi di débàcle elettorale». Crede all'Elefante di Fini e Segni? «Mi sembra un intelligente strumento elettorale». Nulla di più? «Incontriamo difficoltà a realizzare in Italia il dualismo europoo tra socialisti e popolari, come possiamo trapiantare da noi quello americano tra Asino ed Elefante? Mi sembra un gioco da salotto». Ma lei, presidente Cossiga, chi voterà alle elezioni europee? «Alle europee? Non so. Ma voterei Groli». Chi? «Giambattista Groli, sindaco uscente di Castenedolo, comune vicino a Brescia, protetto di Martinazzoli. A proposito, l'avete rintracciato? Si? Ecco la citazione di Manzoni: "L'Italia, pentita sempre e non cangiata mai". Temo che sia ancora così». «Di Marini potrei dire malignamente che se andrà incontro alla catastrofe, se lo sarà meritato Ma sarebbe una tragedia» «Berlusconi sarebbe l'unico beneficiario della sparizione dei popolari perché potrebbe diventare il rappresentante del Ppe in Italia. L'elefante? E' un mezzo elettorale» «Avevo previsto che Prodi avrebbe fatto un partito E adesso promette anche di cacciare da Palazzo Chigi "quel comunista che Cossiga e Marini ci hanno messo"» «Che cosa potrei pensare di un sistema in cui Di Pietro dovesse diventare importante?» A sinistra Antonio Di Pietro e, a destra il leader del Ppi Franco Marini A sinistra il fondatore dell'Udr Francesco Cossiga Qui sopra il premier Massimo D'Alema