Consumare non dà felicità, ma lavoro

Consumare non dà felicità, ma lavoro L'economista Paul Krugman spiega vantaggi e rischi della «febbre del lusso» Consumare non dà felicità, ma lavoro Dietro il boom americano, una sfrenata corsa a comprare Paul Krugman CAMBRIDGE (Massachusetts) UALCHE settimana fa io e mia moglie abbiamo finalmente acquistato un telefonino. Ma abbiamo scoperto che, una volta in possesso . dell'oggetto, avevamo alcune domande cui non riuscivamo ad avere risposta, perché il servizio clienti era inondato da migliaia di chiamate. Intanto i miei genitori cercavano un'impresa per faro dei piccoli lavori a casa. Ma ogni carpentiere ed ogni idraulico della zona avevano già impegni fino alla metà dell'anno prossimo. Gli appartenenti al ceto medio americano si lamentano delle stesse cose: cattivi servizi, traffico eccessivo, affitti troppo alti... Sembra infatti una specie di coro crescente di lamentele per i fastidi della prosperità, per il fatto che, in realta, spendere un sacco di soldi non è gratificante come si pensava. Ed ò anche possibile che il coro di lamentele segni l'inizio di un ampio cambiamento di attitudini : sarebbe salutare se non fosse troppo veloce. Ovviamente la gente non si lamenta per gli inconvenienti della prosperità se non è benestante, e d'altra parte tutto questo piagnucolio è il sintomo di una straordinaria era di successo dell'economia americana. Eppure non bisogna essere un asceta per chiedersi se non vi sia qualcosa di maniacale nella frenesia dell'avere e dello spendere. Anche le aride statistiche suggeriscono che sta accadendo qualcosa di strano. Da otto anni l'economia Usa è in un ciclo di espansione. L'espansione dei consumi tradizional- mente resta indietro rispetto all'economia nei periodi di boom, perché le famiglie pensano che le cose non andranno sempre bene e che bisogna risparmiare. Oggi i consumi guidano la carica: mentre l'economia è cresciuta di un impressionante 4 per cento tra il primo trimestre del '98 ed il primo del '99, i consumi sono cresciuti del 5,5 per cento, e le spese per beni di consumo durevole - telefoni cellulari e prodotti elettronici - sono balzati in avanti di un incredibile 12 per cento. E' una buona cosa? La famiglia americana tipo è stata un po' imprudente nello spendere tanto: i risparmi individuali sono quasi scomparsi. Si può ribattere che le famiglie normali spendono liberamente perché, malgrado la lenta crescita degli stipendi, credono che la prosperità durerà a lungo. Ma molti sono preoccupati per la sicurezza del pósto di lavoro, una preoccupazione che si manifesta in una sorprendente riluttanza a chiedere aumenti di stipendio. Allora, perché si spende cosi tanto? In gran parte ciò va attribuito a quelle famiglie che hanno davvero molte azioni e che si sono comportate come se i recenti redditi da capitale fossero non solo durevoli, ma anche destinati a continuare in futuro. Ed almeno una parte del resto è il risultato di ciò che Robert Frank chiama «la febbre del lusso»: le famiglie con un reddito annuale di 30 mila dollari (poco meno di 60 milioni) tentano di emulare i consumi di quelle che ne guadagnano 60 mila, che tentano di emulare quelle che ne hanno 120 mila, e così via. Alla fine, tutti cerchiamo di sembrare dei Bill Gates, ed alcuni di noi non se lo possono proprio permettere. Ciò induce ad una preoccupazione più profonda: ci sono buone ragioni per pensare che anche i consumatori che possono permettersi di spendere tanti soldi, scopriranno alla fine di non essere soddisfatti. La felicità non si può comprare, ed è ancor più vero per la società nel suo complesso. Ci si giudica non in base al proprio livello di vita, ma confrontandolo con quello degli altri. Chi si trova oggi al limite della povertà vive come i medi borghesi di qualche decennio fa, ma ciò non gli impedisce di sentirsi povero. Ed i consumi, poi, deludono: quando ti sei abituato ad un certo livello di vita, l'eccitazione scompare. Ma c'è un potentissimo argomento a favore del consumismo americano: non che è positivo per i consumatori, ma che è stato positivo per i produttori. Perché vedete, spendere può non dare la felicità, però crea posti di lavoro. E' meglio avere dei consumatori maniacali come in America piuttosto che dei consumatori depressi come in Giappone. Il tentativo delle famiglie di tenere il passo con chi è più ncco, per quanto inefficace possa essere stato, ha permesso all'economia statunitense di veleggiare e di evitare una replica della grande depressione degli anni Trenta. C'è qualcosa che ricorda una corsa di topi nel boom americano, guidato com'è dai consumi, ma quei topi, correndo nelle loro gabbie, hanno fatto sì che le ruote del commercio continuassero a girare. Nella cultura popolare - ma non certo nelle cifre della spesa - ci sono ora timidi segnali del fatto che gli americani cominciano ad essere delusi dagli alti consumi, e che negli anni futuri i consumatori americani diventeranno più saggi e più prudenti. Speriamo che accada davvero. Ma non troppo in fretta. ©The New York Times-La Stampa Paul Krugman è professore di economia al Mit di Boston

Persone citate: Bill Gates, Paul Krugman, Robert Frank

Luoghi citati: America, Boston, Giappone, Massachusetts, Usa