E ORA MI FACCIO UNA Tele-Dolce-Vita di Maria Laura Rodotà

E ORA MI FACCIO UNA Tele-Dolce-Vita Viaggio nel mondo di chi ha scelto di lavorare da casa via computer: voglia di indipendenza e tempo libero. Ma non è così facile E ORA MI FACCIO UNA Tele-Dolce-Vita Maria Laura Rodotà ""7*1 EMPRE più gente tele-fa L' qualcosa. Cerca informala zioni su Internet, comunica il per dovere e per piacere, sij coltiva interessi e novità. E lavora. Da casa, con un computer collegato, con un lavoro fisso o da free lance. E' ancora (ufficile, ma inevitabilmente, in futuro, i telelavoratori aumenteranno, e faranno di più. Con stili di vita postindustriali, mezzi da terzo millennio, modelli e mentalità lavorativa prese pari pari dalla loro cultura locale. Ecco alcuni tipi, e alcune storie. 1/HntBUSn. Brunella Braga ha 39 anni, un taglio sfilato medio-corto, è magra, ha un grosso computer e vive accanto alla sua vigna. In una valletta verde fuori Brani, provincia di Pavia. Suo padre coltiva, suo marito fa il postino, il figlio grande va alle medie e la piccola al nido. Tre anni fa, la ditta di zootecnia dove lavorava come impiegata è fallita. «Ormai il lavoro nell'Oltrepò non esiste. 0 mandi avanti la vigna o fai la pendolare con l'hinterland milanese, e a me non andava». Così la ragjoniera Braga ha fatto un corso regionale per operatori Web a Pavia. Poi ha cercato clienti tra le ditte della zona; ora fa la programmatrice di marketing per conto di piccole aziende: «Costruisco un database di clienti, sviluppo strategie di vendita, cerco notizie, sul Web e ne mandò». Dal suo soggiorno, tra divano, controbuffet e l'intera raccolta dei bestseller ' sul .faraone Ramses. «Staccando ógni tre ore, cercando di far stare i bambini in giardino o giù dalla nonna. Ma è un lavoro vario, e a me piace così». Perché la lombarda Brunella odiava le perdite di tempo della vita impiegatizia : «Ore sprecate in carie e chiacchiere. Io poi ero responsabile dei rappresentanti, dei veri sicofanti. Almeno il Web è asettico, non ti confronti continuamente con dei vermi». Ed è meglio, pare, in una vita coniugale tradizionale: «Dovevo partire spesso per lavoro, e ogni volta erano liti con mio marito. Adesso, bisogna comunque andare di persona nelle ditte ogni tanto, ma è più facile». Meno facile convincere gli imprenditori: «Ti vorrebbero sempre sott'occhio, non sono ancora convinti. Ma cambierà, perché conviene. E sai quanti vorrebbero provarci? Io ricevo almeno due e-mail al giorno di giovani che mi chiedono come si fa». Si fa, ma ancora si guadagna poco: «Due milioni al mese, a volte di più. Ma nelle pause sto coi figli, e guarda che bel giardino che curo. Secondo me il futuro è qui». L'UOMO COI GOMKTBt ACCANTO Al OTTO. Federico Hoefer, 33 anni, siciliano nonostante il cognome e bresciano convinto nonostante l'accento, ha un appartamento arredato con mobili antichi di famiglia. Ma dominato da un computerone che gli ha sconvolto la casa e la vita. Il computer è in camera da letto. La stanza «è sempre elettrica, devo tenere la finestra aperta». E lui ci ha passato tanto di quel tempo che sua moglie se ne è andata col figlio pie- colo. «Avevamo casini, passavo troppo tempo seduto lì davanti, ero estraniato da tutto». Ora Federico vive con un amico, e disegna siti Web per aziende: «Ho in media due nuovi lavori al mese, prendo sulle centomila per pagina, alla fine guadagno sui tre milioni-tre milioni e mezzo. Ma sono idee che bisogna ancora proporre, e convincere». Il tutto senza rimpianti: «Detesto la vita di ufficio. Il telelavoro rende liberi». Aldilà deU'inquietante assonanza con la frase ossessivamente ripetuta agli ingressi dei lager nazisti. Federico si dichiara contento: «Se ho molto da fare, lavoro anche quattordici ore al giorno, sennò faccio con calma...». Alzandosi tardi e andando fuori spesso; «Vado al parco, leggo, la sera esco. Altrimenti, col lavoro e sonno attaccati, si rischia di impazzire». Vita sgangherata? «Ma no. Per telelavorare devi essere organizzato. Poi però fai quello che vuoi». & PMMBK. «Qui a Roma hanno resistenze suU'informatica figuriamoci sulla telematica! Io telelavoro da un anno, e mi sento un pioniere». Però va bene lo stesso per Jacopo Paoletti, giovane telelavoratore «per passione e per divertimento». Jacopo costruisce, gestisce e promuove pagine Web; lavora a contratto con Internet Soluzioni Italia e con piccole imprese. «Ancora non è normale. Né è facile e leggero. Le mie ore sono le stesse di uno che sta in ufficio; la differenza è che me le organizzo io, e ho molto tempo libero». Da usare per uscire di casa ma anche per continuare ad aggiornarsi. Per fortuna, Jacopo lavora con un amico. Un telelavoratore a casa altrui, che però fa compagnia. LA TOBRAMEM. Rossella Rossi di Castano Primo, hinterland milanese, fa pubblicità su Internet al suo «Teleoffice di Rossi Rossella», premiato con l'E-Business Award dell'IBM. Se l'è inventato perché il suo ufficio era lontano e «era un lavoro povero di stimoli, opprimente». Per il momento, i clienti diffidano un po': «Le aziende ancora pensano che il telelavoro faccia comodo solo al lavoratore». Rossi Rossella fornisce servizi di segreteria: «E' un'idea semplice, funziona per le donne con una casa e dei figli. Io ne ho due di otto e cinque anni, li porto sempre a basket, a nuoto e a catecliismo». I DOPnOUVOftKTL Alessandro Mantieni, ventotto anni, da Lecco fa progettazione micro e macro meccanica. Spiega fiero di utilizzare «strumenti altamente avanzati, come AutoCAD, MultiCADD di Cimatran, Blender 3D e altri meno noti». Tutti a casa di mamma e papà, nella tavemetta della villetta. In tutto, «lavoro otto ore al giorno in ufficio e quattro a casa, così guadagno per svaghi e vacanze». Ma quando? «Quando capita. Sto sempre al computer, sono sedentario e sovrappeso. Il mio unico hobby è la moto». Anche Ivo Damate, dipendente della FATA Informatica di Monte-porzio Catone, provincia di Roma, racconta del suo telelavoro part-time come di una passione: «Spesso mi capita di fare nottate con un buon bicchiere di vino sulla scrivania, il ronzio del computer nelle orecchie, e tante idee che frullano per la testa». Perché a volte, dopo il lavoro normale di gestione di sistemi informatici, si risiede a casa e fa tirate di quattordici ore. Quando c'è poco da tare, sono solo due. E dice: «Chi telelavora deve affrontare sacrifici. Ma fa una vita meno stressante». Auguri. LA DELUSA. Barbara Robiolio, genovese, programmatrice software, è una dei tanti che hanno provato a telelavorare senza riuscirci. Ha avuto solo «garbati rifiuti», e ora sta part-time in un ufficio. Si è convinta che «i datori di lavoro non si fidino ancora a rapportarsi a distanza. Con buona pace di Internet e della posta elettronica». EL MURO. Nonostante le delusioni, è delle donne, probabilmente. Che apprezzano di più (o soffrono di me- no) a lavorare da casa, e reinventa- no il lavoro rispolverando schemi storici. Come quelle che impiantano una super-segreteria modello se- condo la migliore tradizione mene- i;hina come 11 teleoffice di Rossi Rossella. E quelle che vogliono fare quel che si fa da generazioni nella provincia del nord: impiantare un'aziendina familiare, in casa, la- vorando tutti come matti. Magari in provincia di Pavia. Lo facevano i calzolai di Vigevano raccontati da Lucio Mastronardi; nei Duemila, a Brani, vuole farlo Brunella Braga, nome internettaro «Brunellaenergy», e non è un caso: «Mi piacerebbe creare un centro di telemarketing, avere sotto altra gente. Per il momento, c'è mio figho di dodici anni, che al computer è bravissimo. Tra un po' lo metto a lavorare con me. Poi vediamo». Le testimonianze di coloro che hanno scelto l'attività on-line trovando una nuova libertà. Non mancano però gli sconfitti: «Ci sono ancora quelli che non si fidano e perciò ti rifiutano» Nel disegno di Philippe Lardy tratto da «Stock lllustration Source» una metafora del lavoro futuro tra computer telefono e prospettive di tempo libero

Luoghi citati: Castano Primo, Italia, Lecco, Pavia, Roma, Vigevano