L'eredità senza angosce di Mandela di Mimmo Candito

L'eredità senza angosce di Mandela L'eredità senza angosce di Mandela Oggi il Sud Africa elegge il nuovo presidente reportage Mimmo Candito Inviato a SOWETO SEDUTA sulla sua panchetta di tela, al riparo dal sole del mattino sotto un largo ombrello, la vecchia Mirtha anche oggi vedrà il mondo che le passa davanti, in questo angolo di Sovveto che porta al grande ospedale Baragwanath, «3100 letti, giovanotto, l'ospedale più grande del mondo». In realtà il mondo, per lei che non ha mai viaggiato, sono solo i ricordi lontani della scuola elementare, vaghi, affascinanti come un mistero; e sorride a quei ricordi. «Ah, l'Italia», dice con gli occhi dolci della vecchiaia. Mirtha, che la vita le ha lasciato tre denti, è zulù, una soffice montagna di carne con la faccia e il tonnellaggio di Marna Afrika. Lei viene qui tutti i giorni a vendere i suoi fagottoni di mais, 2 rand l'uno; sono 500 lire, e si alza al mattino alle cinque per prepararli. Nel cestino ne ha 10, ieri mattina ancora non ne aveva venduto nessuno e aspettava, paziente. Mirtha ha quasi 70 anni, in tutto questo tempo ne ha viste tante, di cose, che nemmeno si stupisce più. «No, giovanotto, oggi sarà un giorno come un altro. La vita mi ha insegnato a non aspettarmi niente». Anche se Mirtha dice di non crederci, oggi è invece un giorno importante per l'Africa. Oggi si vota l'addio a Mandela; si chiude la pagina di un continente, però è anche un pezzo di storia del nostro tempo cho se ne va via, il tempo delle lotte di liberazione, dei popoli che si ribellavano alle antiche ingiustizie, delle speran- ze e delle illusioni che cambiavano la vita della gente qualunque. «E' giusto che Mandela se ne vada, è troppo vecchio», e Mirtha sorride con i suoi tre denti che le ballano, candidi e sperduti. Una donnina si avvicina, compra la sfogliata di mais e va via. Un altro giorno ora è cominciato, per Marna Afrika. E' un giorno della storia. Quando questo Paese votò per la prima volta, tutti quanti, i bianchi ma anche i neri, era cinque anni fa, nel '94; e pareva che 1Apocalisse fosse dietro l'angolo. I bianchi avevano comprato fucili e granate, e casse di birra e latte di fagioli da 5 chili l'una; e i morti della campagna elettorale erano un conto che non stupiva nessuno. Si disse che nessun Paese ha mai avuto una transizione facile, e qui era un mondo intero che si rovesciava. Accettare che una testa vale mi voto, anche la testa di un nero, era come dire che su questa terra non c'è più religione. E tutti preparavano la guerra, soprattutto qui a Soweto, ch'era stata la cellula viva della rivolta nera e pareva l'inferno che ribolle. Sono passati 5 anni, e Soweto oggi pare più tranquillo di un tranquillo pollaio. «Io mi sento più sicuro qui che a Johannesburg», sussurra la guida, e strizza l'occhio; però luie nero, e senza un nero accanto a te qui non c'è un bianco che osi metterci piede, nemmeno Schwarzenegger. «Tutto è in ordine», dice comunque nel seggio elettorale la presidentessa, che ha un culone enorme e pare la figliola di Mirtha. Anche se il voto dei 18 milioni di sudafricani era ufficialmente assegnato a oggi, sono però già due giorni che i seggi sono aperti: prima hanno votato i 100.000 soldati che debbono vigilare sull'ordine del Paese, e poi, ieri, hanno votato i vecchi e gli handi- cappati. Nel seggio di Soweto, comunque, ieri tutti sbadigliavano, e i soldati - seduti in un orto vicino, sotto il sole - sonnecchiavano al calore pigro di questo bellissimo autunno australe. E' questo sonno pigro, però, che dice alla fine come Mandela per un'altra volta ancora, per l'ultima volta, sia stato lui il vincitore. 15 anni della «transizione difficile» sono passati senza sangue, senza violenze politiche, senza le stragi temute. Il Sud Africa pareva che fosse Hyde Park, e quelle latte di 5 chili di fagioli sono finite in scadenza, inutilizzate. Il vecchio «Madiba» se ne va in pensione ma lascia al suo Paese un'eredità senza angosce, senza le ossessioni che quel giorno di 5 anni fa vedevano la faccia d'un nero spuntare da sotto il letto del padrone. Il contenzioso di quest'eredità non poi ha molti pretendenti. Vincerà di sicuro LÌ delfino di Mandela, Thabo Mbeki, ex comunista, ex guerrigliero, ora tecnocrate convertito; e l'unica sua incertezza è se riesca a raggiungere la maggioranza dei due terzi, necessaria per modificare la Costituzione. Gli faranno ala, da lontano, ma da molto lontano, il partito erede dell'apartheid Nnp (New Nationalist Party) e il partito dei bianchi buoni Dp (Democratic Party); il resto, conterà solo a livello locale. Mirtha però non vuol saperne, di Mbeki. «E' troppo giovane, e poi, chi lo conosce? Lui è sempre stato in esilio. Non è come Mandela, che era con noi e io c'ero, il giorno che l'hanno arrestato». E scuote la testa. Non sarà facile, per Mbeki, guadagnarsi la fiducia del suo popolo. «E' troppo giovane, qui ci vuole uno che na esperienza. Qui c'è troppa violenza, nessuno è più sicuro; e poi, la polizia fa traffici con tutti questi criminali. Come finirà?». Se perfino Mirtha si lamenta della violenza, lei che vive a Soweto, città-ghetto di 20 chilometri quadrati e di 3 milioni e mezzo di neri, con 3 mila poliziotti, 14 ospedali, 4 cimiteri, e 245 chiese, allora questa nuova paura che attanaglia il Sud Africa - non la vecchia paura dei bianchi, ma la paura di tutti, bianchi e neri, che contano un omicidio ogni mezz'ora e uno stupro ogni 3 minuti - allora qualcosa deve cambiare davvero, prima che la vita di qui diventi un bunker che nemmeno i film di Tarantino. La centrale di polizia di Soweto ha un cancello di ferro a sbarre, che ruota, per impedire un assalto; e sul muro un manifesto raccomanda «Soweto People Stop Killing The Police», gente di Soweto piantatela di ammazzare i poliziotti. I poliziotti portano un pistolone che li fa camminare piegati, e sono neri; il commissioner, invece, è bianco, Stewart Swart, e anche è gentile, ma con i giornalisti lui non ci parla. Sono le cronache del Sud Africa che oggi va al voto, da dentro un posto che si chiama Soweto e un tempo era l'inferno, Forse lo è ancora. Alle urne 18 milioni di cittadini Grande favorito il delfino del capo di Stato, il giovane Thabo Mbeki ex comunista ed ex guerrigliero, adesso tecnocrate convertito PKt)IUBIH | Un vagabondo spinge un carrello della spesa: sullo sfondo I manifesti elettorali di Mbeki, candidato dell'African National Congress Il presidente del Sud Africa Nelson Mandela e Thabo Mbekl, 56 anni, 26 dei quali trascorsi In esilio, laurea in economia nel Sussex, una moglie e due figli, un altro scomparso nelle lotte contro l'apartheid ILMDRi DELLAWctBaVAInSnSIONE

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