«Turchia, facciamo la pace»
«Turchia, facciamo la pace» Il leader curdo nega di aver ordinato gli omicidi di cui è accusato: Palme fu fatto uccidere da mia moglie «Turchia, facciamo la pace» Ocalan: è una occasione storica ANKARA Nel primo giorno del processo in cui rischia la pena di morte, aveva lanciato l'appello ai militanti del Partito dei U '/oratori del Kurdistan (Pkk) per la rinuncia alla lotta armata. Nel seconda udienza, il leader curdo Abdullah Ocalan ha respinto tutte le accuse mossegli dalla Corte per la sicurezza dello Stato e ha ribadito che il processo deve essere l'occasione per «un approccio storico» al problema curdo da parte della Turchia e che in tal caso il Pkk «diverrà parte della Repubblica democratica» trasformandosi in un movimento politico. Giacca e camicia blu, senza cravatta, pantaloni chiari, è stato condotto in manette nell'ex cinema trasformato in aula giudiziaria sull'isola di Imrali, nel Mare di Marmare, e poi rinchiuso a mani libere in una gabbia di vetro blindato. Ocalan - secondo la tv statale turca Trt - ha negato di aver mai dato l'ordine di attaccare un autobus di soldati disarmati nella provincia di Bingol. La strage, che fece 33 vittime tra i militari nel 1993, è trai crimini più gravi attribuiti al capo curdo. Il massacro fu commesso contro la sua volontà, da un gruppo di guerriglieri del Pkk dissidenti che agirono autonomamente, ha sostenuto Ocalan. «Apo» ha contestato anche altre imputazioni contenute nelle 139 pagine dell'incriminazione elaborata dalla Procura. Tra l'altro, ha negato di essere il mandante della serie di attentati contro località turistiche del Sud della Turchia, dove nei primi anni '90 rimasero uccisi o feriti anche diversi occidentali. Ocalan ha parlato anche dell'omicidio del premier svedese Olof Palme, assassinato nel 1986. Perii delitto si è ipotizzata una responsabilità del Pkk, che si sarebbe vendicato per essere stato dichiarato dal governo di Stoccolma organizzazione terroristica. Il leader curdo ha dichiarato che non è stato il Pkk a eliminare Palme, ma che l'omicidio sarebbe slato compiuto dall'organizzazione «Pkk-Rejin» (Resurrezione) fondata da sua moglie Kesire Yildirim. Dell'attacco del '93 a Bingol, Oca¬ lan ha commentato che «non è possibile perdonare la morte di quei soldati». Quando invece gli è stato chiesto di parlare degli aiuti che il suo partito ha ricevuto dall'estero, ha spiegato che i militanti sono stati addestrati in campi in Grecia, Jugoslavia e Iran. E ha specificato che dalla Grecia il Pkk ha ottenuto anche armi. Per quanto riguarda il traffico di stupefacenti, «il Pkk non ha niente a che fare con esso, si limitava a raccogliere denaro dai trafficanti. La droga nel Pkk è vietata, e anche fumare non si può». In Turchia la tensione verso gli italiani, già esclusi ad assistere al processo, rimane alta: ieri la polizia turca ha aggredito all'aeroporto di Istanbul la delegazione italiana che stava rientrando da una missione in Turclùa «per dimostrare solidarietà al popolo curdo ed al loro leader Abdullah Ocalan», sotto processo. Lo ha reso noto il pacifista Dino Frisullo, precisando che i 22 membri avevano evitato di indire conferenze stampa propio per non provocare incidenti. La delegazione aveva quindi deciso di distribuire un resoconto del viaggio alla stampa turca ed internazionale: «Erano stali chiamati i giornalisti solo per consegnare questo comunicato c non per una conferenza stampa - ha spiegato Frisullo -. All'aeroporto la polizia si è messa in mezzo, gli agenti hanno cercato di strappare di mano questi fogli e una studentessa, Simona di Maria, che stava fotografando la scena è stata picchiata e le è stato distrutto il rullino». Frisullo hu giunto che anche una giornalista, Tiziana Barocci di «Ultime Notizie», e slata aggredita mentre fotografava a sua volta il pestaggio della studentessa. Ieri il tribunale di Roma ha intanto stabilito «che il processo per il riconoscimento del diritto di asilo politico ad Ocalan deve andare avanti». Uno dei difensori del leader curdo, Luigi Saraceni, ha detto che il tribunale ha accolto le richieste dei difensori di assumere numerose testimonianze per dimostrare che in Turchia i curdi non sono ammessi all'effettivo esercizio delle libertà fondamentali e che, anzi, vengono perseguitati per il solo torto di essere curdi». Il leader del Pkk Apo Ocalan tra due poliziotti durante la seconda udienza del processo
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